martedì 30 settembre 2014

Il nostro vero sé

Qual è il nostro vero sé, il sé autentico?
Ognuno di noi sa benissimo di albergare varie personalità, vari sé, vari io. Non solo abbiamo quelli dei progenitori e delle persone che hanno interagito con noi, ma anche noi ci comportiamo in modo diverso da una relazione all’altra, da un momento all’altro, da un periodo all’altro. Essere figli, padri, mariti, madri, amanti, colleghi, parenti, amici, nemici, ecc. significa utilizzare varie personalità. Qual è quella più vera?
Quando ci ritroviamo vecchi, ci rendiamo conto con stupore che il nostro corpo è cambiato. Noi pensiamo di essere sempre gli stessi, ma qualcosa in noi è certamente diverso. Se ci ricordiamo com’eravamo nell’infanzia o nell’adolescenza, dobbiamo ammettere che anche la nostra psiche non è più la stessa. Certo, noi ci consideriamo sempre gli stessi: questo sono io, colui che ha un certo nome, che è nato in un certo luogo, che si è sposato, che ha una carta d’identità, che… però siamo come lontani parenti di quell’io che siamo stati ad una certa età, per esempio da bambini.
Siamo gli stessi, e non siamo gli stessi.
Allora, qual è il nostro sé autentico, che cosa è rimasto immutato? Molte cose sono cambiate, molta acqua è passata sotto i ponti, molte esperienze ci hanno trasformati.
Indubbiamente, siamo gli stessi che sono partiti sessanta, settanta o ottanta anni fa, ma ciò che è qui ora è un prodotto diverso. Il fiume partito dalla fonte è e non è il fiume che arriva alla foce.
Ma anche in uno stesso periodo, il nostro sé oscilla vistosamente. Qual è il nostro io più autentico, quello per cui diciamo: io sono io e non sono un altro? Pensandoci a fondo, non è vero che non sono un altro. In realtà molti altri mi hanno determinato, sono entrati in me, mi hanno composto. Ognuno di noi è una moltitudine. E io sono altro anche per me stesso.
Chi sono allora io? L’io mutevole o l’io roccioso che non cambia? L’io sociale o l’io solitario? L’io sicuro di sé o l’io incerto? L’io caldo ed espansivo o l’io freddo e distaccato? L’io sensibile e ed emotivo o l’io orgogliosamente padrone di sé? L’io aperto o l’io chiuso? L’io che riconosce di aver bisogno degli altri o l’io che vuole essere indipendente? L’io impavido o l’io che trema?  L’io che ama e che partecipa o l’io che taglia i ponti con gli altri e si riduce ad essere un albero secco?
La verità è che tutti questi io sono parte di me e quindi sono veri. Un io falso è solo un io che finge; ma un io che oscilla fra gli estremi è comunque autentico. Dobbiamo stare attenti a non idealizzare il vero sé, a non costruire fantasie su ciò che dovremmo o vorremmo essere. Dobbiamo non cadere nella trappola di una stabilità e di una immutabilità illusorie, dei deliri infantili di onnipotenza e del narcisismo.
In realtà siamo tante persone e, sebbene contraddittorie, tutte autentiche.
Chi sono dunque io? Io sono tutte quelle persone, tutti quegli io.
Dobbiamo osservarci per quello che siamo: questa è una grande meditazione. Dobbiamo vivere nel presente, ma con un occhio a ciò che siamo stati. Dobbiamo sì cercare di migliorarci, ma con grande compassione ed empatia verso noi stessi. Colui che osserva, noi non sappiamo chi sia. Perché non possiamo definirlo, delimitarlo, perché abbiamo una mente dualistica che per conoscere deve dividere. Ma è ciò che siamo.



lunedì 29 settembre 2014

La barbarie

Adesso ci scandalizziamo perché i fondamentalisti islamici distruggono templi, chiese e monumenti delle altre religioni. Ma conoscete una religione che non abbia fatto lo stesso? Quanti furono i templi pagani distrutti o riconvertiti dal cristianesimo? E nella Bibbia non ci sono continui appelli ad abbattere gli idoli altrui?

No, le religioni non sono il luogo della tolleranza. In loro c’è sempre una spinta barbarica.

domenica 28 settembre 2014

Essere noi stessi

La cosa di cui siamo più contenti è essere noi stessi.

Ma è anche la nostra croce.

Ebola

Ci sono missionari che diffondono tra gli africani il virus delle loro idee.
E gli africani si difendono colpendoli con il virus delle loro malattie.

È una lotta mortale per il predominio.

sabato 27 settembre 2014

Zen

Il maestro zen Huang-po disse in un suo discorso ai discepoli: “Voi vivete di avanzi. Come potete sperimentare l’oggi? Non sapete che non ci sono mastri di zen in tutta la Cina?”
Un discepolo domandò: “Ma allora che ci fanno i maestri delle varie comunità zen?”
Huang-po rispose: “Non ho detto che non c’è lo zen, ma che non ci sono i maestri?”

 In realtà i maestri ci sono, ma nello zen non bastano. Infatti, l’esperienza della liberazione o del risveglio può essere fatta solo di persona, nell’esperienza attuale. È lo stesso discorso del maestro che disse: “Se incontrate sulla strada un Buddha, uccidetelo!”
Ci si vuole liberare delle tradizioni, dei rituali, dei dogmi, dei testi sacri, delle religioni precostituite e perfino dei maestri e dei salvatori… che sono solo avanzi, cibo già scartato e vecchio.

Ognuno deve fare la propria esperienza. 
Il maestro può indicare la via. Ma poi ognuno deve percorrerla da solo, ex novo.

venerdì 26 settembre 2014

Miti

Buddha, salvatori, profeti, santi, messia…tutti senza difetti, tutti perfetti, tutti divini.
Già, le religioni sono il regno dei miti. I quali consistono nel falsificare la realtà, censurando il negativo e magnificando il positivo.

Ma la realtà è un’altra cosa, è sempre un miscuglio delle due polarità.

Stato e Chiesa

Oggi i vescovi si sono riuniti per stabilire che cosa il governo italiano debba o non debba fare.
Per fortuna che c’è il Concordato, in base al quale i preti non dovrebbero far politica…

Perché il governo italiano non si riunisce per dire alla Chiesa che cosa debba o non debba fare?

Comandare in nome di Dio

Uomini che vogliono comandare in nome di Dio.
È così che hanno squalificato Dio.

E Dio è morto per la vergogna.

giovedì 25 settembre 2014

L'illuminazione del Buddha

La storia del Buddha ci racconta che quando il giovane Siddharta, un principe vissuto tra gli agi, uscì dal palazzo in cui era cresciuto al riparo delle brutture dell’esistenza e incontrò per la prima volta un vecchio, un malato e un morto, capì che la vita non era per niente facile e che la sofferenza attendeva tutti. Malattia, vecchia e morte sono inevitabili e ogni cosa è impermalente - rivelazione che prima o poi hanno tutti.
Essendo un tipo sensibile, si mise alla ricerca di maestri che gli insegnassero un metodo per uscire dal dolore. Così seguì vari metodi, tutti insoddisfacenti, e alla fine si dedicò ad un ascetismo rigoroso. Mangiando pochissimo, si ridusse a pelle e ossa; ma non raggiunse nessun tipo di realizzazione.
Deluso, abbandonò quelle pratiche e si sedette sotto un albero. Qui rimase l’intera notte. Sembrava tutto inutile. Gli pareva di aver fallito.
Poi, alle prime luci dell’alba, gli apparve la stella del mattino, e all’improvviso “si illuminò.” Che cosa aveva capito?
Aveva capito che la stella era bella e perfetta così com’era. E che anche lui era bello e perfetto nella sua natura, così com’era, con tutti i suoi dolori e le sue imperfezioni. Non mancava niente alla stella per essere una stella. Non mancava niente a Siddharta per essere Siddharta.
 Ogni cosa è illuminata nella sua oscurità. Ogni cosa è perfetta nella sua imperfezione. Niente deve diventare diverso da ciò che è. Perfezione e imperfezione non si escludono a vicenda. Cambiamento e stabilità non si escludono a vicenda. Nascita e morte sono un tutt’uno. Gioie e dolori sono un tutt’uno. Schiavitù e liberazione sono un tutt’uno. Nirvana e samsara (il mondo) sono un tutt’uno.


Psicologia e meditazione

Ogni tanto qualche lettore mi domanda come comportarsi quando si soffre di qualche disturbo psicologico.
Per le malattie psicologiche gravi, conviene consultare uno psicoanalista o uno psicoterapeuta serio. Si tratta infatti di disturbi che devono essere curati da medici specialisti.
Contemporaneamente, però, si eseguano pure tecniche meditative volte ad ottenere calma, quiete e serenità.
A questo proposito, è inutile ripetere mantra indiani che per noi non hanno nessun significato. E' meglio utilizzare parole o frasi della nostra lingua, cercando di ritrovare il loro senso concreto nell'esperienza presente. Non si tratta infatti di parole magiche, ma di agganci a stati d'animo benefici che devono essere ritrovati. Per esempio, calma, pace quiete, relax, gioia, ecc. In altri termini, se ripeto la parola "calma" devo ritrovare il senso della calma.
Si possono anche eseguire pratiche yogiche (movimenti e posizioni psico-fisiche) e pratiche respiratorie (seguire il respiro), sempre con l'intento di ritrovare il raccoglimento nella tranquillità.
Si tenga presente che, per la spiritualità della meditazione, tutti siamo malati di mente, dato che vediamo le cose in maniera distorta e siamo continuamente spinti da impulsi e desideri di cui non ci rendiamo conto e che ci dilaniano trasformandoci in schiavi alienati.

La meditazione serve proprio a calmare e a chiarire la nostra mente. Una volta fatto questo, potremo affrontare meglio i nostri problemi e vedere con più chiarezza chi siamo e come ci comportiamo e intraprendere una via di autorealizzazione e di risanamento più radicale.

mercoledì 24 settembre 2014

Giustizia vaticana

Naturalmente siamo tutti contenti che il Papa abbia approvato l’arresto del vescovo polacco reo di pedofilia. Ma ci domandiamo perché per venti secoli questo non sia mai successo. Quanti “santi” occhi sono rimasti chiusi? Quanti farabutti sono stati sottratti alla giustizia? Quante ingiustizie sono state fatte in Vaticano?
La "Santa" Sede?

Saper vedere

Ne Il crepuscoli degli idoli, Nietzsche scrive che ci sono tre compiti per cui sarebbero necessari dei maestri: saper vedere, saper pensare e saper parlare e scrivere.
Per imparare a vedere, bisogna “abituare l’occhio alla pacatezza, alla pazienza, al lasciar-venire-a-sé: rimandare il giudizio, imparare a circoscrivere e abbracciare il caso particolare da tutti i lati. È questa la propedeutica prima alla spiritualità: non reagire subito ad uno stimolo, non ‘volere’, saper differire la decisione.”
Al contrario,”ogni assenza di spiritualità, ogni trivialità ha alla sua base l’incapacità di opporre resistenza ad uno stimolo – si deve reagire, si asseconda ogni impulso.”

Un buddhista, un taoista o uno stoico avrebbero detto la stessa cosa.

Sulla paura della morte

Siamo così attaccati alla vita, abbiamo così paura di perderla, che il solo pensiero della morte ci terrorizza.
Ma siamo sicuri che, se potessimo interpellare i morti e chiedere loro se vogliono tornare in vita, questi direbbero di sì?

[Da un pensiero di Schopenhauer]

martedì 23 settembre 2014

L'io e il tutto

“Non provo nessun speciale desiderio di una vita eterna individuale: non si tratta di due cose che si escludono a vicenda?” scriveva Henri Le Saux, il monaco cristiano che si trasferì in India e abbracciò anche la cultura induista.
In effetti le due condizioni sembrano escludersi a vicenda. E a noi uomini non piace; noi vorremmo sussistere come individui per l’eternità.
È un po’ come domandarsi quale sia il rapporto fra l’onda e il mare. Quando l’onda si abbassa, ritorna nell’immenso mare: non si distingue più come fenomeno individuale; ma, in compenso, acquisisce lo status del tutto. Perché limitarsi al singolo quando ci si può fondere con il tutto?
Però, se è vero che il singolo mattone, quando il muro è costruito, sparisce nella sua individualità, è anche vero che il muro non sarebbe stato possibile senza i singoli mattoni. Quindi, ogni singolo mattone è parte dell’insieme, è qualcosa senza il quale non ci sarebbe stato l’insieme, e dunque partecipa alla costituzione del tutto. In tal senso è anche lui eterno.
Le due cose non sembrano poi in contraddizione.
Semmai, è il singolo che potrebbe chiedersi: mi conviene restare individuo? Mi conviene restare un ego separato quando posso essere il tutto?

In Oriente si risolve il problema sostenendo che la vera conoscenza si ottiene solo quando si annulla l’io individuale. Come dire che la contrapposizione io-tutto è una delle tante proiezioni mentali. La morte può dunque essere l'illuminazione, l'apertura della mente.

lunedì 22 settembre 2014

La chiamata di Allah

“Avete sentito la chiara e inequivocabile chiamata di Allah. Allora vi domando: dov’è la vostra fede? Preferite la famiglia, la casa, gli affari, alla Guerra Santa?”
È questo il messaggio su Youtube di un reclutatore dell’Is (quelli che vogliono costruire un Califfato tra Iraq e Siria).

Come si vede, Dio e la fede possono sempre essere manipolati, possono sempre essere rivolti al male. E non sarà un altro Dio o un’altra fede a contrastarli, ma solo lo sviluppo della propria capacità di ragionare.

Uscire dal mondo

Tutti veniamo al mondo piangendo e scalciando.
In che cosa, allora, la saggezza, imparata in una vita, può fare la differenza?
Se non altro a morire con serenità… senza piangere e scalciare.

Una vita ben spesa è il frutto di un lungo lavoro si di sé.

sabato 20 settembre 2014

L'importanza delle parole

Le tradizioni contano, le ideologie contano, le parole contano… purtroppo.
Se invece di usare la parola “Dio”, usassi l’espressione “Realtà ultima”, ecco che come d’incanto cadrebbero tutte le idee antropomorfe su Dio.

Ecco perché, sono molto importanti le parole che si utilizzano. Se ti domandi: “Esiste o non esiste Dio?”, già lo immagini in forma personale. Ma se ti domandi: “Qual è la Realtà ultima?”, cadono questi pregiudizi. Non hai neppure bisogno di chiederti se esiste o non esiste: una Realtà ultima esiste comunque.

Il bisogno di Dio

Certo, alla fine, c’è come una necessità di credere in un Dio benefico e misericordioso, proprio perché la vita sulla terra è ben poco benefica e misericordiosa.

Ma non è questa la condanna di Dio? Ci si attacca a Dio perché la sua creazione è terribile. Ci si rivolge al despota perché il suo regno è spietato.

Il campo dell'essere

Ognuno nasce con una certa natura, e non può cambiarla. È un po’ come dover vivere in un campicello: all’interno di quel terreno potete modificare tante cose. Ma non potete uscire dai suoi confini.
Solo alla fine, con la morte, i confini si dissolveranno… così come succede quando un palloncino scoppia o si affloscia a causa di un foro. A quel punto, l’aria contenuta e delimitata dal palloncino, ritornerà libera, e potrete varcare i confini.

Tuttavia, mancando la delimitazione dell’ego, per non perdervi, dovrete aver sviluppato un solido senso di voi stessi, del vostro sé.

venerdì 19 settembre 2014

Sogni lucidi

In sostanza siamo immersi in un sogno (che spesso è un incubo) e, per uscirne, dobbiamo diventarne coscienti, trasformandoci in lucidi sognatori.
Non so a che punto e come ci si sveglia in mezzo a un sogno. Ma so che è possibile.

È necessario ricordare, voler ricordare – prima e durante.

La prigione degli uomini

Già Pascal aveva scritto che gli uomini, per non percepire la propria infelicità, si dedicano ad ogni tipo di passatempo, di divertimento e di passione. Senza queste attività che li impegnino, si sentono angosciati, perché sono messi di fronte al proprio vuoto interiore. Non essendo capaci di starsene un’ora tranquilli in una stanza, cercano di stordirsi con ogni genere di impegno, di trambusto, di rumore, di spettacolo e di compagnia. Per loro, la prigione è esattamente il luogo dove regnano il silenzio, la solitudine e l’inattività.
Per la maggior parte degli individui, come aveva fatto notare anche Kierkegaard, lo stare soli viene considerato un castigo, una punizione. Di conseguenza rifuggono dal riposo e cercano affannosamente distrazioni, affanni, agitazioni e occupazioni.
Il problema è dunque l’incapacità degli uomini di essere messi di fronte a se stessi.

Nella meditazione prendiamo il toro per le corna e diciamo che, finché l’individuo cercherà di evitare se stesso, sarà infelice e alienato. È proprio lì il punto: non fuggire, e addestrarsi ad affrontare se stesso. 

La commedia della fede

L’arcivescono di Canterbury confessa in una intervista alla Bbc di avere dubbi, talvolta, sull’esistenza di Dio.
Finalmente un uomo sincero, non il solito ipocrita che si sente in dovere di mostrare di aver fede per invogliare gli altri ad averne – insomma la colossale commedia della fede, dove nessuno crede veramente, ma tutti fingono.

Quando avremo qualche arcivescovo nostrano o qualche Papa che farà lo stesso? Certo, sarà molto difficile, perché da noi la messa in scena della fede ha antiche tradizioni.

Il mito del Cristo

Il mito del Dio che si fa uomo nasce dall’irresistibile tendenza umana a immaginare la Realtà ultima sotto forma umana.
Ma è un errore. Come minimo, una limitazione.

Noi continuiamo a giocare con le parole – e con i pensieri.

giovedì 18 settembre 2014

Il Mistero ultimo

L’uomo che si rifiuta di proiettare nomi e forme umane su Dio, e che per ciò si dichiara ateo, forse è più vicino al Mistero ultimo dell’uomo che si dichiara credente.

Tempo e velocità

Secondo Clark Blaise, ne Il Signore del tempo (Bompiani), “il tempo è uguale alla distanza divisa per la velocità. La velocità dipende dalla crescita di energia. Se cresce l’energia aumenta la velocità: il tempo diminuisce e così pure la percezione della distanza.”

Insomma, mi par di capire che sia meglio andare piano, perché, diminuendo la velocità, aumenta il tempo. E vi pare poco?

Il valore della quiete

Come già scriveva Nietzsche in Umano troppo umano, il mondo moderno è caratterizzato da una grande agitazione che impedisce alla nostra cultura di maturare i suoi frutti. Gli individui sono irrequieti, si muovono in fretta, cercano di fare troppe cose, corrono avanti e indietro e non sanno stare fermi nemmeno per un po’ di tempo: subito devono telefonare, guardare la televisione, cercare qualche passatempo, spostarsi in un altro posto o pensare alle cose fatte o da fare. “È come se le stagioni si susseguissero troppo rapidamente” commenta Nietzsche.
Ma il problema è che, “per mancanza di quiete la nostra civiltà sfocia in una nuova barbarie”. In nessun’altra epoca, gli agitati, gli irrequieti e gli iperattivi hanno avuto più importanza. Ecco perché, “una delle maggiori correzioni che si devono apportare al carattere dell’umanità è quella di rafforzare in larga misura l’elemento contemplativo.” Chi riesce ad essere calmo nel cuore e nella mente non solo possiede una grande fortuna, ma aiuta in modo consistente il processo di pacificazione del genere umano, facendo diminuire la febbre generale.

Sì, dovremmo introdurre nelle scuole, nei posti di lavoro e nelle famiglie un’ora o una mezz’ora di contemplazione, dedicata alla ricerca della calma interiore e dell’acquietamento psico-fisico. L’intera umanità ne trarrebbe un giovamento immediato.

mercoledì 17 settembre 2014

Paura della morte

Paura della morte?

Questo succede perché noi ci immaginiamo la morte. Se vivessimo momento per momento…

Dio e l'omosessualità

Ai tempi della guerra civile americana, coloro che non volevano riconoscere i diritti dei negri sostenevano che Dio aveva creato gli uomini diversi e che quindi non spettava a noi dare a tutti gli stessi diritti.
Oggi, coloro che si oppongono ai diritti degli omosessuali sostengono l’argomento opposto: Dio ci vuole tutti uguali e quindi non si ha diritto di essere “diversi”.
Vedete come a Dio si attribuiscono argomenti contrastanti?
In realtà Dio (o chi per lui) ci ha creato tutti uguali in certe cose e tutti diversi in altre.

Ma usare “l’argomento di Dio” per sostenere questa o quella tesi è del tutto arbitrario. Gli omosessuali sono sempre esistiti, sono un dato di fatto – e, come tali, sono una creazione divina.

La fretta e la lentezza

A volte, per risparmiare tempo, facciamo le cose in fretta. Ma più facciamo le cose in fretta, più sprechiamo tempo, nel senso che non ci rimane tempo per noi stessi – per pensare, per svilupparci in profondità, per assaporare bene le cose.
Le nostre giornate passano in un lampo e non ci rimane nulla. Al massimo, quando ci sentiamo stressati, ci affidiamo all’industria del divertimento, che risponde allo stesso criterio: non farci riflettere mai, non farci fermare mai.

Così fugge il tempo della nostra vita e ci ritroviamo vecchi senza neppure sapere chi siamo: ci scopriamo estranei a noi stessi. Estremo spreco del tempo.

La buona coscienza

Già Nietzsche scriveva ne La gaia scienza che oggi ci si vergogna di dedicarsi al riposo o alla meditazione, perché il nostro comandamento primo è l’attività. La vita è costantemente “a caccia di guadagno” e gli uomini sono “schiavi stremati dal lavoro” che provano un senso di colpa a godersi un periodo di otium, a “lasciarsi andare”, a fare una passeggiata o a buttarsi “lunghi distesi”.
La vita contemplativa non si sa più che cosa sia, neppure nelle religioni, tutte dedite al fare, al conquistare e all’accumulare soldi. Chi lavora si sente la coscienza a posto, e l’inclinazione alla distensione e alla gioia viene definita “bisogno di ricreazione”. Una volta era il contrario: la nobiltà stava nell’otium e la volgarità stava nel negotium, nel lavoro.
Questione di pregiudizi, concludeva Nietzsche. Il quale faceva rilevare come la “buona coscienza”, più che un fatto di coscienza, sia un fatto di convenzioni e di tradizioni.

Resta il fatto che una “buona coscienza” è spesso una coscienza condizionata e che ci vogliono forza e coraggio per farsi una coscienza personale. Non basta adottare la coscienza della maggioranza per essere dalla parte del giusto.

martedì 16 settembre 2014

Il fallimento di Gesù

“Non accumulare ricchezze in questo mondo. Qui i tarli e la ruggine distruggono ogni cosa e i ladri vengono e portano via. Accumulate piuttosto le vostre ricchezze in cielo. Là i tarli e la ruggine non le distruggono e i ladri non vanno a rubare. Perché dove sono le tue ricchezze, là c’è anche il tuo cuore… Nessuno può servire insieme Dio e il denaro” (Matteo 6, 19-21).
Se queste sono le parole di Gesù, come si fa a sostenere che la nostra è la civiltà cristiana – una “civiltà” in cui il denaro segna la stima di ogni cosa e di ogni persona, anzi è il valore supremo? Non si può fare né un passo né un respiro senza disporre di denaro.
Credo che Gesù si rivolti nella tomba (o dove si trova) e sappia di aver fallito.
O forse Gesù era un ingenuo, un utopista?
Certo, per essere il “figlio di Dio” aveva capito poco della natura umana e non aveva previsto come sarebbero andare a finire le cose.

La perversione del potere

Intervistando Michael Dobbs, l’autore dei libri da cui è stata tratta la serie televisiva House of Cards, Sebastiano Triulzi (nel Venerdì di Repubblica del 12 settembre 2014) ricorda che Tacito si domandava come mai “tutti gli imperatori fossero degli psicopatici che cercavano di soddisfare i loro capricci più sregolati” e si rispondeva che “il nucleo della forza del potere è l’immoralità”.
Diciamo allora che il potere accentua gli aspetti squilibrati e perversi che sono presenti in ogni uomo e che di solito sono controllati dal potere altrui. Il potere è un afrodisiaco, una droga, ha “libido fortissima” che mette in crisi chiunque. Porta a voler soddisfare gli impulsi più segreti che fino ad allora erano stati tenuti nascosti. Toglie quindi ogni remora morale, ogni freno inibitore.

Chi ha un grande potere, si sente in grado di fare qualsiasi cosa, di essere al di sopra di ogni legge… tanto più se non è abituato a fare i conti con la propria coscienza.

lunedì 15 settembre 2014

"Tu sei Quello!"

Non cercare Dio nelle chiese. Perfino la Bibbia dice che Dio non abita in edifici costruiti da mano d’uomo… Cercalo dentro di te, al fondo di te.
Perché tu, nel tuo fondo, molto in fondo (al di là del corpo, della mente e dell’io individuale) sei Dio. “Tu sei Quello!” dicono le Upanishad.
I rituali esterni sono fatti per uomini superficiali.

Tu sei Dio, diceva Nisargadatta, ma il guaio è che te lo sei dimenticato. Un Dio smemorato, un Dio che si è dimenticato di ciò che è. Spetta a te recuperare il ricordo…e lo status che ti compete.

Vincere la depressione

Pensa almeno una volta al giorno: io non sono questo corpo, io non sono questa mente; io sono un frammento della sostanza immortale che ha dato vita al tutto.
Le ingiurie, le offese, le malattie, la nascita e la morte possono colpire questo corpo e questa mente. Ma non la sostanza che non nasce e non muore. Io (il mio io eterno, non quello psicologico) sono al di là.

Un gran bel mantra. 

Fantasy

Guardare com’è fatto questo mondo e poi credere ad un Dio onnipotente ed onnisciente, che per di più ci ama singolarmente, è una delle più assurde creazioni della letteratura fantastica.

Il senso dell'individuo

Il fatto che tutto abbia un senso è una forma di fede. Ma non diamo a questo senso il nome di Dio e non attribuiamo a questo Dio il senso di un uomo. In ogni caso, si tratterebbe di un Dio che non ha niente a che fare con quello delle religioni rivelate.
Inoltre, se per Dio intendiamo il senso (ossia, che le cose abbiano un senso), ciò non significa che sia un senso consolatorio o gratificante.
Perché c’è un senso anche nella non-sopravivenza individuale, nel fatto cioè che i mattoni abbiano un senso solo in quanto elementi del muro.

Quando il muro è costruito, i mattoni hanno perso la loro identità – ma hanno avuto un senso.

L'inconcepibile

La verità è che tutte le nostre teologie e filosofie, tutte le nostre parole, non dicono assolutamente nulla della realtà ultima. Perché la nostra stessa mente, con la sua struttura duale, non può cogliere ciò che la trascende. I nostri concetti non sono che giochi infantili, castelli di sabbia che la prima ondata spazzerà via.
La matematica riesce a ipotizzare mondi a quattro, cinque… undici o n dimensioni. Ma la mente non può; è limitata a due-tre.
Già Heidegger, arrivato ai limiti della logica, si era arreso. E Nietzsche era impazzito.
Ma, allora, se il nostro pensiero non ce la fa, che cosa possiamo fare? Che mente adottare?
La non-mente.
Ottenere la non-mente è spalancare le porte all’inconcepibile.

Dobbiamo smettere di pensare, mantenendo però vigile e aperta l’attenzione: questa è meditazione

domenica 14 settembre 2014

L'ascolto

“L’essenziale è invisibile” si dice nel Piccolo Principe. “L’essenziale è invisibile” ci dice la fisica che studia le particelle e la materia oscura. “L’essenziale è invisibile” ci dice la spiritualità antica e moderna. Ciò che conta non è solo l’aspetto esterno, ma anche ciò che sta dentro, l’invisibile appunto.
Dunque dobbiamo cercare, al di là delle apparenze, l’essenziale invisibile. Perché l’universo ci parla continuamente, ci invia suoi messaggi. E spetta a noi scoprirli e decifrarli.

Spetta a noi metterci in ascolto.

Guerre sante

Papa Francesco si è accorto che siamo in guerra – guerra che lui definisce “terza guerra mondiale”. Ma non è la terza e nemmeno la quarta. È la primissima, quella che si combatte da quando esistono gli esseri viventi.
Perché quel Dio, che il Papa venera, ha voluto che tutto vada avanti attraverso il conflitto. E in questo perenne conflitto, in cui ogni individuo deve combattere per sopravvivere, le religioni non svolgono un ruolo pacificatore. Tutt’altro, promuovono “guerre sante”.

La guerra non è una “follia”, ma la logica del Dio creatore – che dunque non è affatto tutto pace, amore e bontà. Si aprano gli occhi. E si incominci a prendere le distanze da questo Principio guerrafondaio.

sabato 13 settembre 2014

Il feroce Saladino

Ma che cattivoni, questi islamici! Hanno tagliato la testa a due americani. Che civiltà feroce! Uccidono, violentano, deportano… Noi cristiani, invece…
Il fatto è che l’Islam è indietro ci cinque secoli rispetto a noi e, non avendo conosciuto nessuna rivoluzione liberale, nessuna rivoluzione francese, nessuna separazione tra Stato e religione, nessuna nascita del laicismo, nessun Illuminismo, continua a ragionare con la testa nel Medioevo.
D’altronde, che cosa facevano i popoli cristiani cinque secoli fa? Già, conquistavano l’America del sud, sterminando e violentando in tutti i modi le popolazioni locali. E lo stesso facevano nell’America del nord, dove massacravano i pellerossa. E lo stesso in Australia, dove distruggevano gli aborigeni. E poi, in Africa, dove si davano alla schiavismo. E poi istituivano i tribunali dell’Inquisizione, dove non tagliavano le teste, ma le bruciavano.
La nostra, sì, che è stata una civiltà superiore. Crociate, guerre di religione, due guerre mondiali, fascismo, nazismo, lo sterminio degli ebrei, le bombe atomiche e ora il capitalismo finanziario che getta sul lastrico milioni di famiglie.
Con questo non voglio dire che una religione sia migliore delle altre, come credono oggi i nostri benpensanti. No, le tre religioni abramitiche sono una peggiore dell’altra. Anche il religiosissimo Stato d’Israele, che cosa fa con i palestinesi? Non taglia teste, non taglia vite?
E che cosa faranno adesso gli aerei americani che getteranno bombe e missili sui loro nemici?
Ma Gesù non aveva detto che bisognava amare i  nemici?


venerdì 12 settembre 2014

Il Dio dei potenti

Da noi si imbottisce ancora il cranio dei bambini facendo loro ripetere, nelle lezioni di catechismo, che Dio è onnipotente e onnisciente, nonché tutto amore e bontà – nozioni manifestamente infondate e contrarie all’evidenza. Perché un Dio del genere avrebbe creato un mondo ben diverso, non un universo basato sulla violenza e sull’instabilità. Chiunque di noi saprebbe immaginare qualcosa di meglio.
Dunque si continuano a trasmettere, con il beneplacito dello Stato, idee sbagliate. E nessuno si scandalizza. Anzi, le famiglie fanno a gara a sottoporre i loro figli ad un simile lavaggio del cervello. Se qualcuno nella scuola insegnasse che la terra è piatta, tutti protesterebbero. Ma si può inculcare qualunque nozione sull’origine di questo mondo. L’ignoranza regna sovrana.

Certo, ai governanti conviene. Perché queste idee predispongono i giovani ad essere sfruttati dai potenti. Esiste infatti un rapporto preciso tra le nostre idee di Dio e il nostro rapporto con i padroni di questo mondo. 

giovedì 11 settembre 2014

I missionari

Verrà un giorno in cui la coscienza dell’uomo sarà così sviluppata che considererà ogni tentativo missionario per quel che è: un tentativo di violenza della coscienza altrui.

Le intuizioni

Quelle illuminazioni improvvise, quelle epifanie, quelle intuizioni benedette, quei salti logici che Flaubert chiamava… “erezioni della mente”.

Il Giainismo

Il Giainismo ammette il suicidio per fame, come forma estrema di ascesi. Ogni anima, infatti, è eterna e autonoma e non deve render conto a nessuna Divinità superiore di come si comporta. Il mondo è composto semplicemente da tante anime. E l’anima ritrova la propria originale divinità quando si libera definitivamente della materia e del corpo.
Semplice, ma chiaro.
Domanda: ma perché le anime si incarnano se sono libere e felici?

Anime decadute, anime dimentiche, anime sprovvedute, anime che sbagliano… o una consapevolezza che cerca faticosamente di farsi strada partendo da un livello minimo, non da un’anima perfetta?

Il criterio della civiltà

Diceva il monaco cristiano-induista, Henri Le Saux, che l’unico criterio per stabilire il livello di una civiltà è un uomo che diventi “sempre più cosciente di sé nelle profondità di sé.”
Perfettamente d’accordo. Non saranno certo né la scienza, né la tecnologia, né le religioni a segnare il livello di una civiltà. Ma quanto un uomo sia consapevole di sé e del mondo.
Scriveva Le Saux:
“Per la maggior parte degli uomini, il Dio-Altro non è che l’impossibilità di sostenere se stessi. La paura di essere. La vertigine dell’essere. Allora si esorcizza questa debolezza e si costruisce un appiglio solido ed eterno per tenersi nell’essere – senza doversi assumere la responsabilità di essere. Quanto è nominato invano il nome divino!”
E aggiungeva:

“Né l’eternità né il presente possono essere pensati” (Diario spirituale, Mondadori, 2001).

mercoledì 10 settembre 2014

L'apprendista stregone

Il fisico Stephen Hawkin afferma che i nostri esperimenti sul bosone di Higgs potrebbero portare ad un evento catastrofico: la creazione di una bolla di vuoto che distruggerebbe l’intero universo.
Siamo all’idea dell’apprendista stregone, ossia dello scienziato che, incapace di controllare la tecnologia, finisce per annientare se stesso e il mondo.

Fortunatamente, la nostra arretratezza scientifica non ci permette per il momento di distruggere l’intera baracca. Ma in futuro…

Religiosità senza religione

“Religiosità senza religione” auspicava il teologo Bonhoeffer; ossia un religiosità senza tanti culti e cerimonie, rivolta alla semplicità e all’interiorità. Enzo Bianchi aggiunge oggi che il conflitto non è tra credenti ed atei, ma tra idolatri e anti-idolatri.
Combattete contro l’idolatria che è in voi, invitava Nietzsche.
Ma noi siamo ancora lì: c’è chi sogna di istituire lo Stato della Chiesa o il Califfato islamico.

Non tutti gli uomini si sono evoluti allo stesso livello: questo è il dramma.

martedì 9 settembre 2014

Il consenso

Per governare un paese, la concezione del con-senso (senso comune) va certamente bene, ma non è sufficiente.
Due ciechi che “consentono” possono finire lo stesso nel fosso. E le maggioranze possono sempre sbagliarsi.

In realtà, ci vuole qualcuno che sappia vedere lontano. E non solo per governare un paese, ma anche per governare se stessi.

Gli immortali

“Immortalità”,”eternità”, sono parole grosse. Che ne sappiamo noi? Noi conosciamo solo la mortalità e la transitorietà.
Potremmo tutt’al più dire che vorremmo che tutto non finisse con la morte, che vorremmo avere la possibilità di fare altre esperienze, chissà in quale forma.
Ma perché saltare subito alle conclusioni e parlare di “immortalità” e di “eternità”? Semmai, decideremo poi se è il caso di vivere un po’ più a lungo.

L’immortalità potrebbe essere penosa.
Come diceva Henri Le Saux, “né l’eternità né il presente possono essere pensati” (Diario spirituale, Mondadori, 2001).

Gli ultimi pagani

Credere in più dei o in un Dio che si presenta sotto tre o quattro aspetti non cambia la sostanza delle cose.

Siamo ancora all’interno del paganesimo.

I tifosi

Perché esaltare tanto la fede? Quando vedi un tifoso di qualche squadra, un invasato, un esaltato, uno che urla e si dipinge con i colori della squadra, uno che si sobbarca trasferte pesanti per vedere la sua squadra, uno che vive solo per la sua squadra, uno che si sente vivo solo quando la sua squadra vince, o, peggio ancora, uno che litiga o che uccide per la sua squadra, uno che odia i tifosi delle altre squadre… non ti sembra un drogato, un malato, un fanatico, un povero di spirito, uno che spreca le sue migliori energie per qualcosa di piccolo e insignificante? Non lo compatisci? Non ti sembra un settario, un fazioso, un maniaco? Non pensi che abbia qualche problema psicologico?

E non hai la stessa sensazione di pena per uno che ha una fede del genere per una religione, per una Chiesa, per certi rituali? Non gli consiglieresti di andare a farsi curare? O, per lo meno, di vivere con più distacco?

lunedì 8 settembre 2014

Il giusto mezzo della saggezza

Non esiste saggezza che non passi per una presa di coscienza dell’evanescenza del tutto – e che non sia dunque fondata sul distacco.
Chi persegue una maggiorazione delle gioie persegue anche una maggiorazione delle sofferenze.

È meglio smussare gli angoli, tagliare gli estremi e stare nel giusto mezzo – il luogo della saggezza.

Il meccanismo del piacere

Il più grande piacere nasce da una distensione dopo una forte tensione.
Questo è il meccanismo. Che è identico in ogni piacere, sia in campo sensoriale sia in campo spirituale.

Lo stesso vale per la meditazione. Né solo distensione né solo tensione-concentrazione. Ma un rapporto complementare tra i due.
La vita è sempre così: tensione e distensione, tensione e distensione, tensione e distensione... fino a quell'ultima distensione che è la morte.

L'uomo e la macchina

Una macchina, un computer, potrebbe diventare autonomo se non si limitasse a seguire un programma creato dall’uomo, ma se fosse in grado di costruire nuovi programmi e quindi di programmare se stesso.

Quando nasce la coscienza in un essere vivente? Quando l’essere non si limita ad elaborare un programma (l’insieme degli istinti e dei condizionamenti),ma è in grado di programmare e gestire se stesso.

Dio come prossimo

“Dio è il prossimo” leggo su un giornaletto parrocchiale.

Purtroppo, il prossimo ogni tanto ti perseguita, ti violenta, ti uccide. È nella natura di Dio. Troppa energia per una piccola lampadina com’è l’uomo.

Il Dio delle piccole cose

Chi crede in un Dio esterno, Padrone, Creatore e Giudice del mondo è sempre etero diretto. Ha cioè bisogno di dipendere da un alto potere, da un altro-da-sé che sente come irriducibile. Dio è per lui il “totalmente altro.”
Chi è più maturo spiritualmente incomincia a capire che Dio e il mondo non sono irriducibili l’uno all’altro, e che in ogni atomo della terra c’è il Tutto e il Tutto in ogni atomo. Supera allora l’idea del Dio-idolo da adorare al di fuori di sé, pensa che Dio è una grande cosa ma anche una cosa piccola e umile – “il mormorio di un vento leggero” come dice (eccezionalmente) la Bibbia (1 Re 19,12).

Vedere il divino in ogni cosa e ogni cosa nel divino.

"Vedere un mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore selvatico, tenere l'infinito nel palmo della mano e l'eternità in un'ora."

William Blake

L'erede delle cose divine

Dio non può essere un Ente, per quanto supremo. E neppure “totalmente altro” rispetto agli enti. Ma è la totalità e l’essenza degli enti, per cui ogni essere può essere divino.

Se si considera Dio un Ente separato e distinto, allora l’uomo non potrà mai essere divino e dovrà sempre essere assoggettato ad una Volontà-altra. Se invece ogni anima è essa stessa divina, potrà auto-responsabilizzarsi ed auto-evolversi fino a prendere il posto dell’erede o del figlio che subentra al padre.

domenica 7 settembre 2014

L'uomo come insieme

La mente non è né solo la razionalità né solo uno spirito astratto, ma è l’esperienza vitale, intesa come lo scenario, il contesto degli avvenimenti che accadono e che mi fanno pensare di essere un sé.
Quindi meditare è trascendere la mente e osservare lo scenario da cui sorgono la sensazione e l’idea dell’esistenza di un soggetto conoscente da una parte e di un mondo di oggetti dall’altra.
Quando guardiamo un oggetto in realtà lo separiamo dal contesto. Ma l’oggetto è anche tutto ciò che lo circonda, compreso il soggetto che lo guarda. E lo stesso vale per il soggetto.In meditazione si sospende la separazione e si contempla l’intero scenario soggetto-oggetti.
“Individuo” è ciò che non è diviso, non un io separato. Perché lo separiamo, perché lo stacchiamo dal contesto? Per una convenzione linguistica.
L’individuo non coincide dunque con la sola mente, non è un ente all’interno di un mondo esterno, ma è un tutt’uno. Non siamo soggetti che osservano il mondo, ma pezzi di mondo che osservano il mondo.

Questo insieme di corpo, mente, sensazioni, pensieri, coscienza, azioni, ambiente, avvenimenti, ecc., è l’uomo.

Oltre le contrapposizioni

Dio, l’Origine, non è una persona, ma uno stato in cui regna il silenzio dei concetti e del pensiero. È al di là anche della coscienza e dell’inconscio – e di tutti gli opposti. Un consapevolezza priva di contrari.
Non è un signorotto feudale che passeggia per il cielo dando ordini a destra e a manca.
Questa è la trascendenza.
E ci si può arrivare solo se ci si adegua… nel silenzio della mente.
In fondo, ogni contrapposizione polare è un koan che può portare al satori: essere-non essere, esterno-interno, alto-basso, esterno-interno, immanenza-trascendenza, origine-fine, soggetto-oggetto, conoscente-conosciuto, bene-male, giusto-ingiusto…

Per esempio, che cosa c’è oltre la vita e la morte?

sabato 6 settembre 2014

Il Dio della trascendenza

Di solito la gente che crede in Dio, lo pensa a misura d’uomo. Una specie di persona, molto potente. Cristianesimo, islam, giudaismo… Per il cristianesimo, Dio si è fatto addirittura uomo.
I più accorti pensano allora che Dio sia trascendenza inconcepibile, al di là delle nostre nozioni di bene e di male. E probabilmente è così.
Ma resta il problema che questo Dio trascendente e immensamente potente avrebbe creato un mondo dominato dal dualismo e dalla finitezza delle cose, un modo che, accanto a tante cose belle, presenta aspetti feroci e malvagi (pensiamo solo alle legge dell’evoluzione). Come mettere insieme le due cose?
Se Dio è al di là del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, del piacere e del dolore, perché ha dato vita ad un universo in cui predominano invece questi dualismi?
Può darsi che tali dualismi siano solo il prodotto della mente umana. Ma di nuovo si presenta il problema: perché la mente umana è così?
Non è che anche il concetto di Dio, per quanto lo si pensi, sia un parto mentale?

In tal caso, per pensare “Dio”, l’Origine, bisogna fare il vuoto di tutti i concetti.

La fortuna della fede

La fede è una fortuna? Io domando: la credulità è una fortuna?

Amare se stessi

Chissà perché amare gli altri dovrebbe essere diverso dall’amare se stessi? Come se noi non ci amassimo in quanto “altri” in quanto io divisi.
In realtà, amare se stessi e amare gli altri (qualcun altro o solo noi) è ciò che fanno tutti, è l’occupazione principale degli uomini. È semplice attaccamento.

Ma, per essere illuminati, è necessario trascendere ciò che fanno tutti.

Un Dio dualista

Anche la Bibbia mostra come l’amore di Dio vada di pari passo con l’ira di Dio. Gli opposti non possono venire eliminati neppure in Dio… per chi consideri Dio una Persona.
Dunque, questo Dio duale, questo Dio diviso, questo Dio contraddittorio, non è Trascendenza.
È ancora un prodotto della mente dualistica.

Senza pensare al bene, senza pensare al male… che cos’è?

Fantasmi della mente

Il problema non è chiederci da dove veniamo e dove andiamo, ma capire che il nascere e il morire sono apparenze. L’apparenza del nascere e l’apparenza del morire.

C’è bisogno di una mentalità del distacco. Noi crediamo che tutto ciò sia reale, oggettivo, in sé. Invece si tratta di immagini, riflessi, proiezioni. 

Fare, meditare ed essere

Non credere che la meditazione sia un fare. Rispetto al fare è piuttosto un non-fare.
Ma, a questo punto, non credere che si tratti di non fare qualcosa. Non devi “fare” nulla, nemmeno il non-fare.

Devi solo essere.

La dottrina del risveglio

Non c’è una dottrina da comprendere. La “dottrina” dell’illuminazione illude la mente.
L’essenza della Via non è una dottrina, non è un insegnamento, non è neppure la verità…
È questa. È questa qui, questa adesso…

Ma mentre ci pensi… l’hai già persa.

venerdì 5 settembre 2014

Il valore dell'attenzione

Si legge nelle statistiche che la prima causa degli incidenti stradali è la “guida distratta”
Già, attenzione, attenzione, attenzione… che altro?
C’è solo l’attenzione che può evitare o ridurre gli incidenti… non solo stradali.

“L’attenzione consapevole è la via che conduce all’immortalità,
la disattenzione è la via che conduce alla morte.”

Dhammapada

Il varco verso l'oltre

“L’unico varco verso l’oltre non è trasmesso dai saggi”: questo verso di una poesia zen ci dice che l’esperienza del satori (il risveglio) è “cosa sottile che non può essere trasmessa da padre a figlio”.

In altre parole, i maestri non comunicano l’esperienza di liberazione, ma indicano la via in modo che ognuno possa e debba percorrerla da solo.

La Supermente

Trovo insufficiente l’idea che la vita sia dovuta al caso, ma anche l’idea che questo universo e questo tipo di evoluzione (con sacrifici e sofferenze immani) siano dovuti ad una Intelligenza perfetta.

Semmai ad una Intelligenza imperfetta, poco capace, quasi balbettante, piena di errori… un Dio poco padrone dei propri mezzi, un Dio bambino che deve ancora crescere.

giovedì 4 settembre 2014

Drammi religiosi

L’Italia è un paese melodrammatico. Ci piacciono i sentimento forti, le passioni travolgenti, le indignazioni momentanee, i discorsi magniloquenti, i voli di fantasia e le grandi utopie. Siamo retorici e poco pragmatici.
Anche in campo religioso, il nostro mito fondante è la “passione” di Cristo e i nostri culti si basano sull’emotività, sulla commozione, sulla musica, sui canti, sulle processioni, sulle immagini sacre, sulle statue, sulle invocazioni… tutte cose esteriori.
Crediamo che una religiosità profonda debba condurre a visioni, ad apparizioni, a stigmate, a rinunce eroiche, insomma a fenomeni straordinari.
Per noi è difficile capire il valore della serenità, dell’equilibrio, della compostezza, della saggezza, del distacco, del silenzio… in una parola dell’interiorità.

E invece la meditazione richiede tutto questo. Non ricerca l’apparizione di qualche angelo, ma una mente placata.

Il patriarca Abramo

Diceva giustamente il personaggio di un film parlando della disponibilità di Abramo a sacrificare il figlio su ordine di Dio: “Ma a chi piacerebbe avere un padre così?” Già, a chi?

Il fatto poi che le tre maggiori religioni (cristianesimo, islam e giudaismo) riconoscano in Abramo il patriarca comune ci spiega perché ancora oggi diano vita a tanti fanatici.

mercoledì 3 settembre 2014

Uscire dal dolore

Il maestro zen Bassui Tokusho (1327-1386) paragona la nostra condizione a quella di un bambino che dorme e sogna di essere picchiato. Nessuno può aiutarlo, nessuno può togliergli quella sofferenza, perché nessuno può entrare nel suo sogno.
Soltanto quando si sveglierà, si renderà conto che stava sognando – e potrà liberarsi della sofferenza.

Questo vale anche per la sofferenza esistenziale. Bisogna risvegliarsi – ossia rendersi conto che siamo addormentati – per uscire dall’incubo della sofferenza che ci affligge. 

Meditare

“Meditare” viene da un verbo latino che significa “spostarsi verso il centro, verso il mezzo”. E il mezzo, come tutti sanno, è il centro dell’equilibrio. In medio stat virtus.
Se si cerca chiarezza, saggezza, serenità, distacco e consapevolezza, ci si sieda immobili, tanto immobili da smettere perfino di battere le ciglia e di respirare.
In quei pochi istanti, si vede tutto più chiaro e cessa la sofferenza dell’esistenza.

La meditazione non può essere insegnata. Può solo essere sperimentata.

La mente violenta

Il buddhismo ci ha insegnato che le azioni sono una conseguenza di uno stato della mente. Per esempio, un atto criminale o una violenza sono conseguenze di una mente che vive nella separazione.
Ecco perché è così importante esaminare e cambiare gli stati della mente.
Ma chi può farlo, se non noi stessi? E, purtroppo, il delinquente, il criminale o il violento non sono in grado di essere consapevoli a questo livello. Non vogliono cambiare.
Solo quando si diventa coscienti di questo meccanismo e si incomincia a lavorare su di sé, si diventa responsabili. Prima, siamo solo impulsi della natura, del tutto inconsapevoli, non superiori a un cane o a una scimmia.

Esistono dunque vari livelli di umanità. E, al più basso, c’è l’uomo inconsapevole.

Il perdono

Perdonare può essere un atto di superbia, in quanto parte dalla convinzione di essere superiori.
A volte, perfino il sacrificio nasconde una volontà di dominio.
Insomma, siamo ancora nel peccato originale: quello dell’orgoglio.

L’unico vero “perdono” è vedere nell’altro se stesso – e provare compassione… per l’altro e per sé.

Il peccato originale

Il peccato di ogni fondamentalismo, di ogni religione? Voler egemonizzare Dio.

Cambiare il passato

Non è possibile cambiare il passato?
In realtà, osservando come il passato si rifletta sul presente, ed agendo sul presente, è possibile modificare anche la nostra percezione del passato – che, non lo dimentichiamo, avviene sempre nel presente.

Ciò che noi ci ricordiamo è sempre diverso da ciò che è accaduto, e si modifica nel ricordo continuamente. 

Calma e azione

Prima di ogni azione c’è la calma. Dopo ogni azione c’è la calma.
Quando nasciamo, usciamo dalla calma ed entriamo nel caos dell’essere. Quando moriamo, rientriamo nella calma del non-essere.
Ma, evidentemente, quiete e azione sono complementari. Questo significa che anche nella più grande quiete c’è un po’ di ansia e anche nella più confusa azione c’è un attimo o un centro di quiete, c’è un’aspirazione alla calma.

Prima ci si tende per poi distendersi. E, quando ci si distende, nasce l’impulso ad agire. Siamo fatti così.