venerdì 6 marzo 2020

Oltre la coscienza


Ad un certo punto della vita, ci viene detto che siamo nati in un certo giorno e in un certo anno, che abbiamo determinati genitori, che abbiamo un nome e un corpo e che siamo degli individui distinti. Fino ad una certa età, non sapevamo nulla di tutto ciò, non ne eravamo coscienti. C’eravamo ma non sapevamo.
Però nessuno ha scelto di nascere; e, spesso, non si decide neppure consapevolmente di concepire. Tante cose avvengono prima che nasca una nostra coscienza e la sensazione di essere un io. E quindi noi siamo il frutto di un lungo processo prima naturale e poi sociale.
Questo per dire quanto sia artefatta la nostra identità, che ha bisogno di molti interventi e di molti apporti e in realtà continua a riformarsi per tutta la vita. Il corpo ci dà per primo una certa identità. Ma poi si aggiungono le identità dateci dai genitori, dalla famiglia, dalla società in cui cresciamo e dai tanti avvenimenti che viviamo.
Tutto ciò ci convince di essere quella determinata persona e non un’altra. Così, a poco a poco, si forma l’io, si forma la mente e si forma la coscienza. E siamo definiti, intrappolati. Siamo quelli e non possiamo essere altri.
Quando ci pensiamo, noi sappiamo di essere cambiati nel tempo, ma sappiamo anche di essere sempre gli stessi. Una cosa rimane inalterata: il sapere di essere.
Ma ci sono dei momenti in cui tutto questo scompare. Per esempio, quando ci troviamo nel sonno profondo, senza sogni. In quel periodo perdiamo ogni coscienza e ogni identità. Ritorniamo a essere quelli che eravamo prima di nascere e che presumibilmente saremo anche dopo essere morti.
Viene a mancare l’autocoscienza e il senso della presenza. Ma non è detto che sia solo una perdita – può anche essere una liberazione. Al di là della coscienza e dell’io condizionati.

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