Se arrivi a vedere il mondo in modo non tanto dissimile da uno
stato di sogno, devi convenire che anche il tuo io cosciente ha la stessa
natura evanescente.
In effetti, quando non c’è coscienza – come nel sonno profondo, in
un’anestesia o nella morte – dove vanno a finire il tuo io e il tuo mondo con
tutta la sua dualità? Sparita la coscienza, sparisce tutto..
Ma è tutto qui? Un io sognato che sogna altri sogni? Una semplice
apparizione in una coscienza che deve sparire? Un fantasma che deve svanire non
appena spunta l’alba? Sarebbe deludente. La vita sarebbe un epifenomeno senza
importanza.
Se però ragioni bene, e se vai al di là dei concetti, ti rendi
conto che la coscienza è dualismo soggetto-oggetto, piacere-dolore, bene- male,
nascita-morte, ecc. E, quando sparisce il dualismo con la sua frammentazione,
ritorna il tutto che, per qualche motivo, si era autolimitato per dare origine
al mondo fenomenico. Dall’essere una parte ritorni ad essere il tutto.
Ecco perché la morte dovrebbe essere vista come una liberazione.
Ma il punto di ritorno non coincide con il punto di partenza. C’è
stato un valore aggiunto – l’esistenza.
L’attore che ha recitato la sua parte, quando ritorna dietro le
quinte, non è più l’attore che era prima di entrare. È diverso, più ricco. Il
viaggiatore che ritorna dopo un lungo viaggio, guarda il paese natale con occhi
diversi.
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