giovedì 19 marzo 2020

Alla ricerca dell'eterno


Tutto ciò che è comparso è destinato a scomparire, tutto ciò che è nato è destinato a morire – su questo non ci piove. Dunque, se cerchiamo l’eterno, dev’essere qualcosa che non è né comparso né nato, qualcosa che non segua le vicissitudine del corpo e della mente.
Ma non può trovarsi nemmeno nella coscienza o nel senso di essere, che alla fine spariranno insieme al corpo e alla mente.
Il senso di essere è per noi fondamentale. Si può dire che la nostra identità terrena sia fondata su tale sensazione che un po’ alla volta si consolida nel corpo-mente. Se io sento di essere, concludo che sono, non per altri motivi.
Ma non è così semplice. Il mondo in cui viviamo ci dà anche un’identità culturale e sociale. Non solo sono, ma sono una determinata persona appartenente a una famiglia, a un paese, a una religione, ecc. Le due identità si mischiano. Tu sei quello lì, ci dicono. E anche noi ne siamo convinti.
Così ci sentiamo cristiani, musulmani, ebrei, indù, buddhista, ecc. E poi ci sentiamo italiani, inglesi, americani, cinesi, ecc. E poi ci sentiamo appartenere a un determinato ceto sociale, a una determinato professione, ecc.
Peccato che tutte queste identità siano illusorie e destinate a sparire, insieme col corpo-mente. Guardiamo allora indietro, guardiamo alla fonte. Dobbiamo percepire la nostra vera natura, non nata e indistruttibile. E dobbiamo passare per la sensazione dell’io sono: lì c’è la soluzione del problema, la via, il guru. Chi è il testimone della coscienza? È una consapevolezza ancora più profonda, sul cui sfondo appaiono le varie identità.
Questo sfondo non nasce con la coscienza né con l’io sono, ma è ciò che li permette entrambi. Non nato, non morto. Prima anche della coscienza identitaria. Eterno.

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