Non so se avete notato che, in un primo momento, con la comparsa
del virus era scomparsa anche la religione. Chiuse le messe e le chiese, chiuse
le cerimonie pubbliche, chiusi i conventi, chiuse le processioni, i preti si
erano dichiarati impotenti e si erano nascosti: la parola era passata alla
scienza, che era diventata la verità. Soprattutto la gente si era convinta che
le solite parole di conforto erano inutili.
Dov’è Dio in queste circostanze, dov’è la sua presunta potenza,
dov’è il suo amore per gli uomini? Ma il credente non si dà mai per vinto. Se c’è
una sciagura, la colpa è tutta degli uomini, che vengono giustamente puntiti
per i loro peccati. La mentalità è sempre la stessa, da millenni.
Di questo vuoto si sono accorti i preti e i clericali, che si sono
impegnati a riconquistare lo spazio pubblico. Ed ecco la ricomparsa del Papa a
ripetere come un disco rotto e assurdo le consuete formule senza senso. Anche le
televisioni e il nostro potere mediatico sono subito corse ai ripari. Ed ecco i
rosari e le messe trasmesse vie etere.
Il Papa non ha perso l’occasione. E si è messo a recitare nelle
piazze e nelle cappelle vuote. In fondo i mass media non hanno bisogno di un
pubblico reale. E in fondo il mestiere di un Papa è proprio questo: fare l’attore,
recitare una parte nell’incredibile commedia umana.
Quando fra qualche mese sarà scomparsa l’epidemia, i credenti
diranno che sono intervenute la Divina Provvidenza o la Madonna. Vi ricordate
ciò che si dice ne I promessi sposi?
Gli uomini sono fatti così. Anche di fronte alla prova dell’inesistenza
delle loro Divinità, non possono smettere di illudersi e di illudere.
La religione non muore mai, perché è uno dei fondamenti di Maya, l’illusione,
la dea che domina questo mondo.
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