domenica 15 marzo 2020

Invocazione ed evocazione


Quando si parla di invocare, ci si riferisce a qualcuno o a qualcosa di esteriore, e, quando si parla di evocare, ci si riferisce a qualcuno o a qualcosa di interiore. Naturalmente una cosa non esclude l’altra, e in alcuni casi coincide. L’uomo che crede di invocare una divinità, mobilita inconsapevolmente la propria forza interiore; e l’uomo che evoca una propria forza, muove inconsapevolmente anche altri poteri.

       Il fatto è che la distinzione esterno-interno è una delle tante di una mente duale che deve contrapporre per conoscere. Ma, nella realtà, la contrapposizione non esiste o è molto più sfumata. Che cos’è infatti l’interiorità dell’uomo se non qualcosa che si contrappone all’esteriorità?
Questo per dire che chi fa meditazione si pone sempre al confine tra evocazione e invocazione, tra interiorità ed esteriorità, tra soggetto ed oggetto, e si sforza di andare oltre cercando quell’unità che è andata perduta con la nascita della coscienza umana.
Al soggetto appartiene di più la decisione di dare inizio alla meditazione, ma poi il processo va avanti per così dire autonomamente - soggettivo ed oggettivo nello stesso tempo, al di là di entrambi.

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