Noi
consideriamo l’essere lo stato più elevato e auspicabile e il non essere la
negazione di tutto ciò e dunque il peggiore dei mali. Secondo noi, poter percepire
e dire “io sono” è la cosa migliore. Se uno perde l’essere o precipita nel non
essere per noi è finito.
Ma non è così. C’è uno stato ancora più
elevato – quello precedente la comparsa dell’essere e del suo contrario, e
quello seguente. Perché una cosa è certa: ciò che compare e scompare, ciò che
va e viene, ciò che ha un contrario, si situa in un alveo che trascende
entrambi.
Al di sopra dell’essere e del non essere,
al di là delle parole e dei concetti, c’è
il vero eterno. Semplice e chiaro, senza bisogno di io e di coscienza.
Fermiamoci su questa intuizione.
Proviamo però a non farne un concetto, un’idea. Ma riassorbiamoci nell’esperienza... senza che ci sia colui che fa l'esperienza.
Che cosa c’è prima e dopo l’essere e il
non essere? Prima e dopo la coscienza? Che cosa non nasce né muore, mentre
tutto il resto nasce e muore?
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