giovedì 5 marzo 2020

La vita come un film


L’esistenza, con il suo io che si agita, va considerata una specie di film, il che significa che è qualcosa di artefatto, di sostanzialmente falso, una fiction (cioè una finzione). E il regista-sceneggiatore è proprio la mente cosciente, la quale, dopo essersi inventata la trama e i personaggi, li prende per veri.
Per prima cosa, dunque, bisogna accettare questo statuto di artificialità e di inconsistenza. Ma, poiché la mente è a sua volta un concetto, un’apparenza, un’ombra, non può cogliere il soggetto reale, il noumeno. Per farlo, dovrebbe togliersi di mezzo. Le risposte di un’ombra non possono che essere altre ombre.
Di concetto in concetto, non si esce dal mondo della fantasia e dei personaggi inventati. La mente non può trovare la realtà. Solo quando cessa il suo potere inventivo, proiettivo e falsificante, si entra in una dimensione nuova, dove non c’è più nessuno che si risvegli o si illumini, dove non c’è più una coscienza condizionata, né un pensare, né un concettualizzare, né un oggettivare.
Nella tragicommedia dell’esistenza, i personaggi non possono trovare l’autore, perché lo falsificherebbero subito.
L’autore può apparire solo quando gli attori smettono di stare in scena, di recitare e di cercare. Solo quando la mente si fa silenziosa e vuota, si forma lo spazio per fare emergere il reale. Sparisce il personaggio e compare non tanto il regista, ma ciò che sta prima - il soggetto originale nel suo duplice significato.

Nessun commento:

Posta un commento