L’apparizione del mondo e delle sue innumerevoli manifestazioni è
come lo svolgersi di una pellicola cinematografica in cui ogni fotogramma sia
un ente ed un evento. Il rullo si srotola e fa apparire come per magia tutto
ciò che vediamo. Così il mondo è una specie di sala cinematografica sul cui
schermo passano le immagini dei vari avvenimenti, fra cui la nostra stessa
persona con la sua coscienza individuale.
Ora, una volta che si sia consolidato questo nostro io e la sua esistenza,
c’è un soggetto che può compiere il cammino inverso, risalendo alle origini.
Prima di tutto, la sua attenzione può essere rivolta dall’esterno all’interno;
e poi egli può riavvolgere la pellicola.
Questa è appunto la meditazione in cui, fermate le sensazioni
centripete e i pensieri centrifughi, l’essere individuale si riassorbe in Sé.
Riassorbirsi in Sé non significa cercare di ritrovare la propria
identità psicologica e sociale, ma risalire oltre, oltrepassando la propria
persona e raggiungendo la fonte della manifestazione, ossia quel senso di sé,
il senso dell’io sono, la coscienza, che rappresenta l’inizio della nostra conoscenza,
interna ed esterna.
Ci sono stati periodi nella nostra vita in cui questo senso dell’essere
non c’era ancora o era confuso, ma a poco a poco siamo riusciti a chiarirci chi
siamo. Questa nostra conoscenza, però, è del tutto condizionata e non è quella
che cerchiamo in meditazione. In meditazione non cerchiamo di de-finire in
concetti ciò che siamo, ma cerchiamo di risalire alle origine stesse della
coscienza, perché la nostra prima origine è la Consapevolezza universale, ciò
da cui si formano ed escono tutte le pellicole e tutti gli schermi.
Per far questo non possiamo accumulare altre nozioni, ma liberarci
da tutte quelle che già abbiamo.
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