Non è detto che la morte sia un’esperienza dolorosa - mentre siamo
sicuri che lo è spesso la vita. La maggior parte di coloro che hanno avuto
esperienze di pre-morte hanno riferito che la sensazione di liberarsi dal peso
del corpo è una meraviglia indescrivibile e che ritornare nel corpo è come
rientrare in una prigione. Soma (corpo)
= sema (tomba) dicevano gli antichi
greci. E anche noi troviamo che nelle nostre più felici esperienze ci
dimentichiamo del corpo.
Con questo non vogliamo svalutare il corpo e la materia che hanno
il grande merito di convogliare la coscienza, ma hanno un grande difetto:
durano poco.
Qual è dunque la nostra vera natura? Se ci identifichiamo con il
corpo, sappiamo che ben presto invecchierà, si ammalerà e lo perderemo. Quando
invece perdiamo l’identità corporea (in meditazione, nel sonno profondo, in un
orgasmo, tra due pensieri, un attimo prima del risveglio dal sonno o nella
morte), scopriamo che abbiamo un’identità più vasta, più lucida e più leggera.
In fondo sia la nostra nascita sia la nostra schiavitù hanno inizio con l’emergere
del corpo. Per molti mesi, nell’utero materno e dopo la nascita, non abbiamo
ancora un’idea di avere ed essere un corpo. Ma a poco a poco questa idea si
consolida. È sì la nascita della vita, ma anche il consolidamento dell’ignoranza…
di un’origine ben diversa, anteriore ed al di là del corpo, della veglia, del
sonno e perfino della coscienza-conoscenza sempre dualistica e sofferente.
Non si tratta quindi di ricercare o rimpiangere un’anima che avremmo
perduto chissà quando, ma di liberarsi di ogni identità – fisica, mentale o
spirituale – togliendosi da tutti i confinamenti. Una cura radicale contro la
malattia dell’essere.
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