L’espressione vedantica “nessuno nasce, nessuno muore” è affascinante,
perché ci suggerisce un’idea vertiginosa: che esista un io immortale,
un’identità basilare, che non è scalfita dalle vicende di questo mondo e che
indossa i corpi terreni come se fossero vestiti.
Ma non dobbiamo cadere nelle trappole del linguaggio; non dobbiamo
pensare alla solita anima immortale che ogni tanto de-cade su questa terra per
motivi incomprensibili.
È in realtà un’espressione che invita a trascendere i punti di
vista tradizionali sul nascere e sul morire. Prima della nascita e dopo la
morte, “esiste” qualcosa che non possiamo definire, qualcosa cui non si possono
applicare le abituali categorie mentali.
La nascita e la morte sono solo un lato della realtà: quello
proiettato della mente. Ma, al di là della mente dualistica, c’è l’altro lato
della realtà, qualcosa che dunque non è pensabile, e che né nasce né muore.
È la nostra mente che definisce
e immagina i due momenti topici. Ma, oltre la mente che deve contrapporre per
conoscere, c’è un’altra dimensione della realtà, che sfugge tanto all’essere
quanto al non essere.
È come domandarsi che cosa ci sia oltre il confine visibile dell’universo,
prima dello spazio e del tempo.
Ecco dunque una meditazione che ci invita ad allargare i nostri
limitati punti di vista. C’è ben altro oltre il pensabile. Non dobbiamo credere
né che tutto ciò che vediamo sia vero né che non ci sia altro oltre ciò che
possiamo pensare.
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