venerdì 7 febbraio 2020

Contemplare l'infinito


Il saggio che medita arriva a capire di essere la Fonte infinita che si è incarnata e autolimitata in un individuo specifico. Dunque è una manifestazione del Divino, come ogni altro ente.
      
Il mondo è il prodotto dei nostri pensieri e dei nostri stati d’animo. Ci sono pensieri che danno ansia e sconforto e pensieri che danno calma, distensione e benessere. Senza rendercene conto, noi tendiamo a coltivare questi ultimi – che sono i più disparati e sono collegati alle cose e alle persone che ci piacciono.
In effetti, noi siamo fatti dei pensieri che coltiviamo di più.
Ma proviamo ad elevarci un po’, lasciando perdere cose e persone (che in ogni caso ci abbandoneranno o che noi abbandoneremo), e scegliamo piuttosto pensieri di vastità e di spaziosità.
Uno dei più efficaci è pensare che siamo nati e siamo parte di una Sostanza che è infinita ed eterna. Non definiamo questa Sostanza, per non introdurre categorie antropomorfe troppo limitanti e poco rassicuranti. È il Divino che ci precede, ci sostanzia e ci seguirà quando morirà la nostra attuale incarnazione.
Ciò che ci attende è uno stato sconfinato e infinito, come guardare da una scogliera la vastità del mare e del cielo in una giornata di sole.
(Ricordo che tra i più elevati assorbimenti buddhisti troviamo lo spazio illimitato e la coscienza illimitata.)


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