A dir la verità, non
siamo noi che siamo nati – ci hanno fatto nascere. Nessuno ci ha chiesto un
parere, ci hanno catapultato in questo mondo. Qualcuno ha goduto, ma noi no: ci
siamo ritrovati in un luogo oscuro e limitato e poi, quando siamo venuti alla
luce, ci siamo messi a piangere.
E su questo punto
bisognerebbe indagare, perché forse faceva parte di un destino scritto da tempo
e non potevamo non occupare quel posto: era il nostro dall’eternità, forse.
Resta il fatto che quel
che eravamo prima, essere o non essere, era migliore di quel che è venuto dopo.
Comunque sia, da quel
momento tutti ci hanno detto chi eravamo e che cosa si aspettavano da noi: i
genitori, gli insegnanti, i preti, lo Stato… E così ci hanno affibbiato un nome
e un’identità, certificata da un documento e da vari numeri. Convinti o non
convinti, abbiamo accettato. Ma, ogni tanto, abbiamo un senso di irrealtà e ci
domandiamo chi siamo veramente.
Se mi domando chi sono,
sento che dare la risposta della carta d’identità non è sufficiente – io sono
ben altro. Ma chi sono?
Se mi pongo la domanda,
non so rispondere. So che non sono solo quello che è scritto o che mi dicono.
La verità è che so che non sono “quello”, ma non so chi sono.
L’unica cosa certa è
che sono “colui” che pone la domanda, il soggetto. Però, ogni volta che cerco
di coglierlo, il soggetto si trasforma in oggetto e lo perdo.
Qualcuno mi dice che c’è
stato un Dio che mi ha creato. Ma dov’è finito questo Dio e perché nemmeno lui
mi ha domandato nulla? Qualcuno dice che sia morto. Certo non lo vedo e non lo
sento. E allora dovrei credere sulla fiducia. Se questo fosse solo un bel
mondo, potrei anche fidarmi. Ma essendo pieno di sofferenza, di violenza e di
ingiustizia, non mi fido affatto.
Sono rigettato su me
stesso, a me stesso.
Qualcuno dice che tutto
questo finirà nel nulla, e allora tutto mi sembra uno sforzo inutile: aprire un
occhio, dare uno sguardo e richiuderlo. Altri dicono che tutto è eterno, e
allora mi sembra esagerato che tutte queste miserie siano conservate all’infinito.
Insomma, se proprio potessi scegliere, sceglierei una progressione verso il
meglio: per aspera ad astra. Ma anche
qui ci sono possibilità di regresso e niente è garantito. Potrei finire anche
peggio.
Certo che la confusione
è grande e gli uomini sono disponibili a ogni illusione.
Io mi tengo stretto e
sono pronto a tutto. Se non ci sarà niente, non ci sarà nemmeno nessuna
sofferenza. Se ci sarà qualcosa, sono pronto a sfruttare ogni occasione.
Sono un avventuriero
del destino.
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