martedì 18 febbraio 2020

La propria vera natura


Secondo l’Advaita Vedanta, un uomo realizzato, un uomo illuminato, non ha più aspettative, non ha più desideri – nemmeno quello di esistere o di non esistere. E in particolare non ha bisogno di una religione, a differenza degli altri uomini che non conoscono ancora la verità e che cercano maestri e precetti scritti magari sulla pietra.
Ma anche le pietre e le più alte montagne si sgretolano come tutto il resto.
Il fatto è che lo jnani è consapevole che tutto dipende dalla sua coscienza e quindi la osserva rimanendone distaccato. Egli sa che l’unico strumento per conoscere le cose e giungere alla verità è la coscienza e perciò vi si tuffa dentro fino a capire che il mondo, le persone e lui stesso sono rappresentazioni mentali sostanzialmente artefatte, inautentiche, false. E sa che a un certo punto anche la coscienza lo lascerà.
Vede dunque le cose del mondo come apparenze o rappresentazioni, ed è questo modo di vedere che lo avvicina all’assoluto. Il mondo è una grande commedia o un grande gioco (lila) che ad un certo punto si ferma lasciando intravvedere la verità della sua inconsistenza.
Allora si penetra nell’autentico, che non ha più bisogno di esistere, nemmeno di essere. Quella è la propria vera natura.

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