Secondo l’Advaita Vedanta, un uomo realizzato, un uomo illuminato,
non ha più aspettative, non ha più desideri – nemmeno quello di esistere o di
non esistere. E in particolare non ha bisogno di una religione, a differenza
degli altri uomini che non conoscono ancora la verità e che cercano maestri e
precetti scritti magari sulla pietra.
Ma anche le pietre e le più alte montagne si sgretolano come tutto
il resto.
Il fatto è che lo jnani
è consapevole che tutto dipende dalla sua coscienza e quindi la osserva
rimanendone distaccato. Egli sa che l’unico strumento per conoscere le cose e giungere
alla verità è la coscienza e perciò vi si tuffa dentro fino a capire che il
mondo, le persone e lui stesso sono rappresentazioni mentali sostanzialmente
artefatte, inautentiche, false. E sa che a un certo punto anche la coscienza lo
lascerà.
Vede dunque le cose del mondo come apparenze o rappresentazioni,
ed è questo modo di vedere che lo avvicina all’assoluto. Il mondo è una grande
commedia o un grande gioco (lila) che
ad un certo punto si ferma lasciando intravvedere la verità della sua
inconsistenza.
Allora si penetra nell’autentico, che non ha più bisogno di esistere,
nemmeno di essere. Quella è la propria vera natura.
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