L’unica cosa che sai è che sei. Puoi dire per esperienza diretta: “Io sono”. E pensi che questo tuo “io sono” non c’era un centinaio di anni fa e non ci sarà più fra un centinaio di anni. Dunque, essere consapevole di questa consapevolezza è la meditazione primaria, è ciò che fa dell’uomo un uomo.
Puoi e devi farne continuamente esperienza diretta, domandandoti perché non c’era un centinaio di anni fa e perché non ci sarà più fra un centinaio di anni.
Attento, però, che meditare non è pensare al problema dell’essere, ma liberarsi dei pensieri cogliendo direttamente l’esperienza.
Puoi dire che la natura, attraverso la costruzione di un mondo, di un corpo e di una coscienza, ha mirato proprio a questo scopo: far apparire un essere che fosse consapevole di essere.
Tuttavia l’emergere della coscienza, con il suo dualismo e con la consapevolezza dell’ impermanenza, dell’insoddisfazione e della mortalità, porta con sé la sofferenza. Niente infatti in questo mondo viene dato gratis, tutto ha un prezzo, tutto ha due aspetti.
Per fortuna, ciò di cui sei consapevole è un’apparenza, un’illusione, un sogno. E se le cose sono immaginarie, lo sono anche le sofferenze e la morte.
Noi siamo nello stato in cui niente nasce e niente muore veramente, ma tutto appare. Se ti poni poco prima dell’io, quando l’ “io sono” era ancora assente, scopri lo stato in cui non ci sono apparenze. Ecco a cosa serve la meditazione. Non a poco.
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