Che cos’è questo
universo colmo di meraviglia?
Vijnana
Bhairava Tantra
Ci sono
momenti di massima intensità percettiva in cui rialziamo la testa da ciò che
stiamo facendo, ci dimentichiamo per un po’ dei nostri problemi e guardiamo il
mondo e noi stessi con occhi nuovi. Per qualche attimo vediamo le cose con
stupore e con chiarezza, mettiamo da parte i pensieri ed emergiamo dal sonno di
una visione abitudinaria.
È stata
proprio una delle tradizioni buddhiste – lo zen – a mettere in evidenza come
tutte le azioni più comuni dell’esistenza – mangiare, bere, lavare, cucinare,
stare seduti, camminare, arrampicarsi, dipingere, coltivare la terra, ascoltare
musica, guardare, leggere, danzare, tirare con l’arco, ecc. – possano condurre
a esperienze di grande intensità percettiva. E lo stesso sostiene il tantra, in
cui i metodi per giungere a stati contemplativi includono attività quotidiane
come muoversi, avere rapporti sessuali, assistere a spettacoli, vedere cose
belle, ricordare qualcosa all’improvviso, degustare un cibo, bere e così via.
Che cos’è la vera contemplazione? È ogni cosa: tossire,
deglutire, agitare le braccia, muoversi, stare fermi, parlare, agire, il male e
il bene, successo e vergogna, guadagno e perdita, giusto e ingiusto, in un
unico koan.
Hakuin
Purché
si sappia entrare nello spirito giusto, la vita quotidiana è il luogo e il
momento di una “chiara visione”.
La
contemplazione – uno dei piaceri fondamentali dell’esistenza, che non termina
mai, neppure quando tutti gli altri si sono esauriti – è godere dello
spettacolo del mondo, e si differenzia dal comune guardare perché è un osservare con interesse e con stupore, un osservare in cui
aderiamo il più possibile all’oggetto contemplato, dimenticandoci per un po’ di
noi stessi e dei nostri problemi.
Il
senso di stupore e la comunione con l’oggetto contemplato ci permettono
un’uscita (ex-stasis) sia dai limiti
dell’ego sia dalle abituali categorie conoscitive e innestano quella diversa
consapevolezza che può essere considerata una forma di “piccola illuminazione”.
Quando contempliamo un tramonto o un’opera d’arte, i nostri
sensi si acuiscono e la nostra mente è rapita. Quando guardiamo negli occhi una
persona come non avevamo mai fatto prima e sentiamo all’improvviso chi
abbiamo di fronte, quello è un momento di “chiara visione”. È come togliersi
all’improvviso un paio di occhiali scuri e ritrovare la luminosità delle cose;
oppure è come mettere a fuoco qualcosa che vedevamo in modo superficiale e
sfocato.
Questo
può succedere sia per gli “oggetti” sia per le persone e ovviamente per noi
stessi. Infatti l’ “esterno” e l’ “interno” non sono affatto separati, ma sono
un tutt’uno.
Pochi
identificherebbero queste esperienze con l’illuminazione dei mistici, ma, se usciamo
dal pittoresco, scopriamo che “illuminazione” significa essenzialmente “veder
chiaro” – un veder chiaro che può essere spontaneo oppure ottenuto attraverso
tecniche meditative, un veder chiaro in cui ritroviamo la nostra unione con il
tutto.
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