mercoledì 11 luglio 2018

La lunga strada della liberazione


Abbiamo paura della morte perché abbiamo paura dell’annientamento del nostro io. Ma morte e annientamento dell’io non sono la stessa cosa. Restano i figli, restano i ricordi, restano i desideri, resta questo mondo basato sull’ego e, quindi, sull’egoismo.
I nostri desideri, per lo più insoddisfatti, sono legati a questa dimensione e fanno in modo che gli uomini non possano liberarsi definitivamente.
Dobbiamo addestrarci a non aver paura della morte considerando il nostro io non superiore a quello di un moscerino. Il mondo si sente privato dell’anima del moscerino o della formica? E perché mai dovrebbe sentirsi privato del nostro io?
Andrà avanti come un sogno, alimentato dalle nostre illusioni di immortalità egoica. Solo quando tutti capiranno questo principio, senza desiderare altre sopravvivenze, il mondo finirà e tutti saranno finalmente liberi.
Meditare è considerare questa verità lasciando perdere desideri di questo mondo o di un altro e perseguendo la meta dell’annientamento.
La strada è più lunga di quanto non si creda. Per il buddhismo, per esempio, raggiungere l’illuminazione completa e quindi l’estinzione definitiva non è facile. Anche tra gli illuminati, sono pochi quelli che non ritornano più in questo mondo. Gli altri devono tornare sette volte, tre volte, una volta e così via, passando talora per altri regni paradisiaci. E poi ci sono sempre i bodhisattva che si sacrificano e ritornano su questa terra per illuminare gli altri. Infine, per i non illuminati, ci sono ben diciotto inferni. Insomma, la via è lunga. E devono trascorrere parecchie vite per accorgersi che questa esistenza – comunque preziosa, anzi la più favorevole alla liberazione – possa e debba essere trascesa.
Ma ci sono anche coloro che capiscono tutto e si emancipano in un istante.


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