Abbiamo paura della morte perché abbiamo paura
dell’annientamento del nostro io. Ma morte e annientamento dell’io non sono la
stessa cosa. Restano i figli, restano i ricordi, restano i desideri, resta
questo mondo basato sull’ego e, quindi, sull’egoismo.
I nostri desideri, per lo più insoddisfatti, sono legati a
questa dimensione e fanno in modo che gli uomini non possano liberarsi
definitivamente.
Dobbiamo addestrarci a non aver paura della morte considerando
il nostro io non superiore a quello di un moscerino. Il mondo si sente privato
dell’anima del moscerino o della formica? E perché mai dovrebbe sentirsi
privato del nostro io?
Andrà avanti come un sogno, alimentato dalle nostre
illusioni di immortalità egoica. Solo quando tutti capiranno questo principio,
senza desiderare altre sopravvivenze, il mondo finirà e tutti saranno
finalmente liberi.
Meditare è considerare questa verità lasciando perdere
desideri di questo mondo o di un altro e perseguendo la meta dell’annientamento.
La strada è più lunga di quanto non si creda. Per il
buddhismo, per esempio, raggiungere l’illuminazione completa e quindi l’estinzione
definitiva non è facile. Anche tra gli illuminati, sono pochi quelli che non
ritornano più in questo mondo. Gli altri devono tornare sette volte, tre volte,
una volta e così via, passando talora per altri regni paradisiaci. E poi ci
sono sempre i bodhisattva che si sacrificano e ritornano su questa terra per
illuminare gli altri. Infine, per i non illuminati, ci sono ben diciotto
inferni. Insomma, la via è lunga. E devono trascorrere parecchie vite per
accorgersi che questa esistenza – comunque preziosa, anzi la più favorevole
alla liberazione – possa e debba essere trascesa.
Ma ci sono anche coloro che capiscono tutto e si emancipano
in un istante.
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