Un
tempo si portavano in giro le statue di Venere o di qualche altra dea così come
oggi si portano in processione le statue della Madonna. Ma anche in altre
religioni politeiste, come per esempio l’induismo, troviamo divinità maschili e
femminili.
Il problema è sempre lo stesso: all’uomo non basta concepire
un Dio maschile, con le qualità di dominio e di aggressività tipiche dei
maschi, ed ha anche bisogno di una divinità femminile, con le qualità di
comprensione e di accoglienza delle donne. E allora ecco nascere le varie dee.
Il cristianesimo, derivato dal giudaismo,
era nato come una religione patriarcale. Ma, a furor di popolo, fu necessario instaurare
anche una divinità femminile. Ed ecco nascere il culto della dea Madre. Così,
gli dei, gettati fuori dalla porta, rientrarono dalla finestra. Ora regnava in
cielo una sacra famiglia, con tanto di padre, di madre e di figlio – un po’ sul
modello della religione egizia.
In sostanza il cristianesimo si presenta
come l’ultima incarnazione del paganesimo, con tutta la sua sfilza di dei.
Anche il buon vecchio Zeus aveva l’abitudine di accoppiarsi ogni tanto con
qualche femmina terrestre, dando origine a semidei. Nel cristianesimo l’antico
Dio degli ebrei ritorna sulla terra per inseminare una Vergine e per dare
origine a un Figlio metà uomo e metà dio.
Alla fine il popolo ha quello che vuole:
un Dio Padre, una dea Madre e un dio Figlio; ce n’è per tutti i gusti e per
tutti i bisogni. E ognuno si rivolge in cuor suo a chi gli è più congeniale. Il
cristianesimo, incapace di concepire un Dio senza volto, non si accontenta di
immaginare gli dei in senso antropomorfo, ma proietta addirittura in cielo la
famiglia, circondata da innumerevoli santi.
Resta dunque confermata l’impossibilità
dell’uomo medio di uscire dai propri condizionamenti psicologici, e il
desiderio di avere una divinità fatta a propria immagine e somiglianza. Sono
pochi, anche tra i mistici, coloro che sono riusciti a uscire dall’infantilismo
teologico.
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