Il
cristianesimo invita ad amare il prossimo, ma si sente che in questo precetto
c’è una grande difficoltà: le resistenze sono forti, perché ciò che prevale comunemente
è l’egocentrismo; è un po’ come andare contro natura.
Anche il buddhismo invita alla compassione per i poveri
esseri incatenati alla ruota del samsara, ma usa un ragionamento forse più astuto,
perché, dato il gran numero di reincarnazioni, non c’è nessuno che non ci sia
stato almeno una volta fratello, madre o padre; dunque, aver compassione degli
altri dovrebbe essere più naturale. Siamo tutti già imparentati.
Comunque, un conto è partire dall’idea che siamo tutti anime
individuali, distinte e separate, create da un Padre eterno, e un conto è
partire dalla convinzione che siamo tutti interdipendenti, un’unica grande
anima, perché abbiamo la stessa origine.
Il cristianesimo ha sempre bisogno di padri, madri, fratelli
e figli che rimangono tali perché garantiti e bloccati da un Padre; il buddhismo vuole
superare queste distinzioni, andando al di là dei legami famigliari.
Ma io penso che dobbiamo aver compassione
di questa umanità per il semplice fatto che ci troviamo in un gran brutto
mondo, un passo doloroso della nostra evoluzione, una specie di purgatorio.
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