Non si tratta di credere in qualcosa in modo cieco, non si
tratta di trovare un nuovo idolo definito da adorare, ma si tratta di cambiare
il proprio punto di vista rispetto ad ogni risposta prefabbricata. Non sì e
neppure no.
La trascendenza è al di là della nostra logica duale. E
quindi siamo più vicini ad essa quando non ci accontentiamo di parole e
concetti, quando compiamo questa operazione mentale di rimando infinito, quando
non riposiamo sugli allori di semplici conclusioni “razionali”: questo è Dio.
La razionalità (da ratio,
“misura”) vuole misurare, vuole definire. Ma come fa un cerchio più piccolo a “comprendere”
un cerchio più grande?
Dobbiamo ammettere che la nostra mente è limitata per una
ricerca di ciò che la trascende. E già questa ammissione è intelligenza. Il
cane che ammettesse che la mente umana ne sa di più, sarebbe già al di sopra
della propria natura canina.
L’uomo che afferma di sapere che cosa sia la trascendenza, identificandola
con qualcosa di conosciuto, non sale affatto al di sopra di se stesso. Ma resta
lì, bloccato dai propri limiti.
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