Secondo
Heidegger, le opere d’arte ci consentono di sperimentare l’apertura del mondo, ossia momenti in cui lo sguardo diventa nuovo e
fresco e, all’improvviso, osserva le cose da una diversa prospettiva. Non diamo
più il mondo per scontato e acquisiamo un’esperienza diversa. A tutto infatti
ci abituiamo, e il nostro sguardo, a forza di vedere sempre le stesse cose, non
si accorge più della loro originalità. L’abitudine consuma, ottunde i sensi,
spegne le emozioni e provoca noia.
La
stessa cosa avviene nell’amore matrimoniale, dove l’abitudine della convivenza
finisce per non farci più vedere la persona amata e cancella ogni sorpresa. Non
vediamo più niente di nuovo.
Figuriamoci
se questo non succede nella ben più lunga e usurante convivenza con noi stessi.
Crediamo di essere solo in un certo modo e ci sfuggono i lati messi in ombra.
A poco a
poco non sappiamo nemmeno più chi siamo, ammesso e non concesso che lo avessimo
mai saputo. Tutto sembra essere scontato e morto.
Ma un
bel giorno si provocano degli squarci che strappano il velo o dei lampi che ci
illuminano la scena di una luce nuova.
Non ci
sono solo l’arte e l’amore che ci danno questa possibilità. Ci sono anche la
filosofia, la scienza e la meditazione.
Sono le
piccole o grandi illuminazioni che rappresentano altrettante aperture della
nostra mente. Sono risvegli subitanei dal sonno in cui viviamo abitualmente.
Nessun commento:
Posta un commento