Finalmente, con un ritardo di migliaia
di anni (rispetto ai saggi dei Veda, dello yoga e della meditazione), la
scienza ha scoperto che il ritmo del respiro influenza molte funzioni superiori
del cervello ed ha individuato la “centralina” responsabile: una zona del tronco
encefalico, composta da centinaia di neuroni e nota come complesso pre-Bötzinger.
Un gruppo di ricercatori americani scrive su Science che la velocità e la profondità delle ispirazioni influenzano
emozioni, attenzione, eccitazione e stress.
In sostanza si conferma ciò che già
sappiamo: la calma rallenta il respiro e l’agitazione lo accelera. Quindi, respirare
piano calma la mente, mentre respirare velocemente crea paura, ansia, stress,
ecc. Questo è uno degli assiomi delle tecniche di meditazione e di
rilassamento.
Si è condotto un esperimento su un
gruppo di topolini. Disattivando la “centralina” del respiro, si è visto che i topolini
tendevano a respirare più lentamente, avevano periodi di calma più lunghi, perdevano
la voglia di esplorare ambienti nuovi e passavano più tempo a socializzare. [Da
Elena Dusi, la Repubblica, 31 marzo 2017].
Abbiamo dunque la formula fondamentale
per indurre calma e combattere ansia, paura e stress: rallentare, allargare e
approfondire la respirazione. Ma con un’avvertenza: in situazioni di reale
pericolo, l’accelerazione del respiro ha lo scopo di metterci in allerta. Ci
sono insomma momenti in cui è bene sviluppare rilassamento, calma e stati
meditativi, e ci sono momenti di emergenza e di pericolo, in cui bisogna
lasciar fare alla natura.
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