Per la nostra logica, la vita avrebbe
un senso solo se continuasse in
qualche modo dopo la morte. Se invece finisse nel nulla, sarebbe qualcosa di
insensato, uno spreco inutile.
Resta il fatto che, per quanta fede o
speranza si possa avere, nessuno ha prove o certezze. Siamo sempre nel campo
delle ipotesi.
Certo è che, se avessimo la certezza
che la vita ha un seguito e che questa esistenza terrena è solo un tratto
dell’intero percorso, tutti vivremmo meglio, ci comporteremmo meglio e avremmo
meno paura della morte.
Il perché non ci sia questa certezza
pone dunque un problema. Perché siamo tenuti all’oscuro? Che cosa ci
guadagnerebbe un eventuale Dio a non farcelo sapere? Sarebbe un Dio che non ci
vuol tanto bene, che vuole mantenerci nell’incertezza e nel dubbio.
Dio metterebbe sul piatto della
bilancia un peso negativo. Se Dio ci facesse sapere che esiste davvero, ci
darebbe un grosso aiuto. Ma non vuole, dunque non è affatto benigno.
Anche questo ragionamento ci dimostra
che più che con un Dio abbiamo a che fare con qualcosa che si auto-determina.
Siamo noi che dobbiamo scoprire e stabilire il nostro destino. È come se
fossimo in una fitta giungla e dovessimo trovare il sentiero semplicemente
aprendoci la via con un machete.
Non si tratta più di speranze e di
timori, ma di auto-determinazione. Non c’è qualcosa di pronto e predefinito
davanti a noi.Siamo noi che dobbiamo svolgere e vivere questo film scrivendone di
volta in volta la sceneggiatura.
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