Qui per immaginazione non intendiamo la
facoltà di uno scrittore che immagina storie e mondi inesistenti, ma la
capacità di visualizzare ed entrare in contatto per via mentale con la realtà. Se siamo abbastanza immaginativi e
se cerchiamo di non inventare nulla, rievocare le cose mentalmente è stabilire
un rapporto con esse. È per così dire un potere e un rapporto telepatico.
Se abbiamo tante immagini di una
persona o di una città, siamo già in contatto con essa, senza doverla
contattare direttamente. Tra immaginare una persona e incontrarla concretamente,
non c’è molta differenza. Certo l’incontro diretto apporterebbe informazioni in
più. Ma la nostra immagine, se mantenuta correttamente, senza fantasticare, è
già reale.
I piaceri e i dispiaceri della mente
non sono tanto diversi da quelli della realtà, anzi possono essere superiori.
In fondo, quando entriamo in contatto “diretto” con qualcuno o con qualcosa, il
rapporto è sempre mediato dall’immaginazione. In fondo tutte le cose,
anche le immagini e i pensieri, non sono che danze di fotoni.
Tutto questo per dire il potere della
visualizzazione. In certi esercizi yogici, ci si deve visualizzare in un certo
modo, per cercare di esserlo veramente. Infatti, anche un’immagine è parte
della realtà. Se ho per esempio la fotografia di una persona, quella foto è già
parte di quella persona. Se ho dentro di me l’immagine di una persona che non c’è
più o che è lontana, io ho in effetti una sua parte.
Se dunque mi immagino in un certo modo,
in parte già lo sono.
Stiamo dunque ben attenti a come
visualizziamo gli altri e le cose, e soprattutto stiamo attenti a come
visualizziamo noi stessi, perché tutto ciò contribuirà ad esserlo.
Qui si apre un campo sterminato,
perché, se c’è un’altra forma di vita dopo la morte, sarà tutta basata sulla
nostra immaginazione. Ma noi siamo già su quel piano.
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