La condizione umana è caratterizzata da
un limitato stato di consapevolezza, nel senso che non sappiamo né chi siamo né
da dove veniamo né dove andremo. Sappiamo soltanto che siamo vivi, ma non
sappiamo che cosa questo significhi. È l’identità vera che ci sfugge. Viviamo
in uno stato di alienazione.
È logico dunque pensare che il nostro
primo compito sia realizzare uno stato di piena consapevolezza. È un po’ come
vivere in uno stato di sogno. Qui viviamo in un qualche modo, abbiamo esperienze
confusissime, siamo coscienti con grandi difficoltà e senza continuità e,
soprattutto, non sappiamo di stare sognando. Ma, talvolta, riusciamo ad essere
consapevoli: arriviamo ad essere consapevoli di stare sognando – e in quel momento
ci svegliamo.
Anche nello stato di veglia arriviamo
talvolta e per brevi istanti ad essere consapevoli della nostra identità ultima
e quindi abbiamo brevi risvegli.
Ma se essere consapevoli nello stato di
sogno e nello stato di veglia è già molto difficile, è ancora più difficile
essere consapevoli nello stato di morte. Qui non sappiamo di essere morti, così
come prima non sapevamo di star sognando e non sapevamo chi eravamo.
Resta comunque il fatto che lo scopo
della meditazione è essere sempre - e
sempre più - consapevoli nel sogno, nella vita e nella morte. E tutto il nostro
addestramento e il nostro sforzo tendono ad un simile conseguimento. Che può
essere realizzato a vari livelli e con diverse intensità, in base alle nostre stesse
capacità.
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