Noi poveri esseri umani cerchiamo e cerchiamo,
come se ci fosse da accumulare qualcosa. Interpretiamo la realizzazione, l’illuminazione
o la scoperta della verità come un’acquisizione, uno strato dopo l’altro. Ma è
evidente che avvicinandoci alla fine della vita, incominciamo a disfarci di
troppo fardelli.
La realizzazione ultima, dunque, è uno
spogliarsi, un liberarsi; e per questo si chiama “liberazione”.
Alla fine, se scaviamo, non troviamo un
nucleo più compatto, più profondo e più solido. Ma un non-io, un vuoto dell’ego,
cui corrisponde un’espansione del sé, non più imprigionato da muri, paratie,
compartimenti stagni, divisioni e limitazioni varie.
Dobbiamo spogliarci proprio dalla fonte
di ogni imprigionamento: l’ego. Ecco il senso della morte che ci spaventa tanto.
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