Nel corso della giornata, noi siamo
consapevoli di mille cose, in modo conscio e in modo non conscio. Ma raramente
siamo consapevoli del Soggetto che è consapevole. Del resto, non è facile essere
consapevoli del Soggetto ultimo o primo. Succede un po’ come al cane che vuole
afferrarsi la coda: mentre lui si sposta anche la coda si sposta.
Ma si tratta di una meditazione
fondamentale, da praticare quando le mente è particolarmente calma. Il problema
non è dunque inseguire questo Testimone, ma insediarsi in esso. Se il cane si
fermasse, si calmasse e si sedesse, potrebbe benissimo afferrarsi la coda.
Da notare che questo testimone non è un
giudice ed è dotato di una grande saggezza, di un’ampiezza di vedute, di una
lucidità e di una universalità che ci permettono di avere una visione
complessiva e distaccata delle cose, di noi stessi e del mondo.
Il metodo consiste nel rilassarci, nell’acquietare
la mente, nel distaccarci dalle più comuni attività e nel volgere l’attenzione
a questo centro. Non inseguire, ma aprirsi. Non adottare un tecnica, ma
lasciarle cadere tutte.
Porsi sulla soglia ed osservare il
Testimone… fino a insediarsi in lui. Questo dobbiamo “fare”. Più un “non fare”
che un fare.
Le cose ci appariranno come si
presentano a lui. Specie di sogni o di film cui egli assiste senza esserne
coinvolto.
Inutile dire che si tratta del famoso Sé. E che dalla sua fonte, si
sprigionano intuizioni, illuminazioni, idee, suggerimenti, azioni creative e
aperture improvvise che possono guidarci lungo la via e darci una grande pace.
Il Testimone non è coinvolto dalle
vicende di questo mondo: le osserva e basta.