venerdì 10 febbraio 2017

Lo scopo pratico della meditazione

Al di là di certi alti scopi di conoscenza e di spiritualità, nella vita di tutti i giorni la meditazione serve a darci un senso di pace, il che non è poco, visto lo stato di confusione, di ignoranza e di ansia in cui ci troviamo normalmente. Serve a darci un punto fermo in mezzo al caos.
Ma c’è pace e pace. C’è la pace quietistica e un po’ ottusa, e c’è la pace che è pura energia e chiarezza. E a questa noi miriamo.  Altrimenti, basterebbe una pillola.
Dunque, dobbiamo cercare una calma e una stabilità che durino anche dopo la meditazione. Vorremmo mantenerle quando rientriamo nella vita quotidiana, nelle attività abituali, senza cedere alle paurose oscillazioni degli altri e dei bassi – nostre e del mondo -, contemplando tutto come uno spettacolo pirotecnico – meraviglioso quanto si vuole, ma pur sempre una rappresentazione di qualcosa che ci sfugge, di un’unica energia che è capace di assumere innumerevoli forme pur mantenendosi uguale a se stessa.
Puntare ad un simile centro o equilibrio, a questo fondo imperturbabile, che se sta al di fuori delle tempeste di superficie, è già una meta importante.
Al limite, la pratica non si esaurisce quando ci alziamo dal cuscino o dalla poltrona, ma coincide con le attività della vita quotidiana, e ne diventa il centro riequilibratore, la prospettiva unificante.

Noi non riusciremo mai a conoscere noi stessi, perché siamo all’interno di noi stessi, finché rimaniamo all’interno di noi stessi. Dovremmo essere capaci di uscire da noi stessi per vederci dall’esterno, così come abbiamo un’idea della Terra uscendone e guardandola da un diverso punto di vista.

Ma questo è possibile solo assumendo una diversa prospettiva: dismettendo la tensione che ci abita e pacificando la mente, fino a farla coincidere con ciò che cerca. Il chi cerca coincide con ciò che è cercato.

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