Al di là di certi alti scopi di
conoscenza e di spiritualità, nella vita di tutti i giorni la meditazione serve
a darci un senso di pace, il che non è poco, visto lo stato di confusione, di
ignoranza e di ansia in cui ci troviamo normalmente. Serve a darci un punto
fermo in mezzo al caos.
Ma c’è pace e pace. C’è la pace
quietistica e un po’ ottusa, e c’è la pace che è pura energia e chiarezza. E a
questa noi miriamo. Altrimenti,
basterebbe una pillola.
Dunque, dobbiamo cercare una calma e
una stabilità che durino anche dopo la meditazione. Vorremmo mantenerle quando
rientriamo nella vita quotidiana, nelle attività abituali, senza cedere alle paurose
oscillazioni degli altri e dei bassi – nostre e del mondo -, contemplando tutto
come uno spettacolo pirotecnico – meraviglioso quanto si vuole, ma pur sempre
una rappresentazione di qualcosa che ci sfugge, di un’unica energia che è
capace di assumere innumerevoli forme pur mantenendosi uguale a se stessa.
Puntare ad un simile centro o
equilibrio, a questo fondo imperturbabile, che se sta al di fuori delle
tempeste di superficie, è già una meta importante.
Al limite, la pratica non si esaurisce
quando ci alziamo dal cuscino o dalla poltrona, ma coincide con le attività
della vita quotidiana, e ne diventa il centro riequilibratore, la prospettiva
unificante.
Noi non riusciremo mai a conoscere
noi stessi, perché siamo all’interno di noi stessi, finché rimaniamo all’interno
di noi stessi. Dovremmo essere capaci di uscire da noi stessi per vederci dall’esterno,
così come abbiamo un’idea della Terra uscendone e guardandola da un diverso
punto di vista.
Ma questo è possibile solo assumendo
una diversa prospettiva: dismettendo la tensione che ci abita e pacificando la
mente, fino a farla coincidere con ciò che cerca. Il chi cerca coincide con ciò
che è cercato.
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