Su un marciapiede di città
osservavo due cani tenuti a guinzaglio dai rispettivi padroni. Quando si
avvicinarono, incominciarono a ringhiare, ad abbaiare e scagliarsi l’uno contro
l’altro, a stento trattenuti dai proprietari. I due cani tiravano i guinzagli
e, se non fossero stati legati, si sarebbero avventati l’uno contro l’altro.
Anche quando si allontanarono, uno continuava a tirare e ad abbaiare, raspando
la terra con la bava alla bocca. Che cos’era successo? Niente, i due non si
sopportavano a vicenda, si odiavano, si sentivano istintivamente l’uno nemico
dell’altro, lottavano per il territorio e per la supremazia.
Questo non succede solo ai
cani, ma a quasi tutti gli esseri viventi. La competizione, la rivalità,
l’aggressività, sono impulsi naturali, potenti, inscritti da una natura che ha
stabilito che tutti debbano lottare per la sopravvivenza, per la gerarchia, per
il dominio. Questi istinti sono almeno altrettanto potenti di quelli che
portano all’associazione in branchi, alla famiglia e all’accoppiamento. Naturalmente
anche per l’uomo vale lo stesso discorso.
Quando perciò ci domandiamo
perché gli uomini siano sempre in competizione e in guerra tra di loro,
dobbiamo indicare la responsabile ultima: la natura e la forza che l’ha voluta
così.
Certo, l’uomo ha una ragione
per controllare e indirizzare questi istinti. Ma non si può negare che
l’impulso primo sia sempre quello aggressivo, quello del conflitto.
Adesso, si possono dare
tante colpe agli esseri umani. Ma la colpa prima è innegabilmente della forza
che ha creato l’universo.
È partendo da questo punto
di vista che i saggi invitano gli uomini alla pace, all’amore, alla
ragionevolezza e alla consapevolezza. Resta però il fatto che noi tutti, come
quei cani, dobbiamo lottare contro
questa natura.
Se incontrassi Dio, gli
chiederei solo: “Ma non c’era davvero nessun altro modo di fare le cose?”
Ho paura che mi
risponderebbe: “Provaci tu”.
Il fatto è che non è
possibile creare qualcosa che si evolve e cambia senza dare energia. E questa energia,
se lasciata a se stessa, non può che avere anche un aspetto distruttivo.
Insomma non si può fare a meno del male.
La domanda allora è: se all’inizio
c’era uno stato altamente ordinato, valeva la pena di creare questo enorme
baraccone sapendo che non si poteva fare a meno del male?
Forse Dio stesso è un
irrequieto.
...Se incontrassi Dio, gli chiederei solo: “Ma non c’era davvero nessun altro modo di fare le cose?”Ho paura che mi risponderebbe: “Provaci tu”...
RispondiEliminageniale......
Ma c'è aggressività e aggressività. C'è un'aggressività irrisolta, rozza e infantile, che si limita a gridare, sbraitare e minacciare, e poi di fatto non combina un bel nulla. E' sostanzialmente inconcludente e di solito appartiene ai frustrati. E c'è l'aggressività -che poi è il giusto modo di affrontare la vita- di chi non si tira indietro di fronte alle sfide, di chi prende di petto le questioni scottanti, agendo senza paura e con decisione. Questa "aggressività" non ha bisogno di mostrare i denti, le basta la capacità di incidere fattivamente nella realtà.
RispondiEliminaNormalmente le due tipologie rimangono separate e chi apparteine al primo gruppo è destinato alle sue tempeste finite mestamente in un bicchier d'acqua, a meno che il suo percorso evolutivo non gli faccia imboccare la strada giusta.