Non possiamo eliminare del tutto
paura e ansia, perché questi stati d’animo sono elementi costitutivi del nostro
sé. Infatti, una volta eretto il fortino egoico, è chiaro che esso viene
costantemente minacciato.
Le minacce provengono dall’esterno
(problemi di salute, di famiglia, di lavoro, di denaro, ecc.) e dall’interno
(giudizi negativi, ricordi spiacevoli, pensieri pessimisti, preoccupazioni,
ecc.).
Ma esiste un livello normale ed un
livello patologico, che sconfina con la malattia. In entrambi i casi, si tratta
di un problema di sofferenza.
La meditazione è un’ottima tecnica di
cura di questa sofferenza, in particolare attraverso la regolazione del
respiro. Anche le neuroscienze e la psicologia cognitiva si sono interessate a
questa pratica ed hanno spiegato gli effetti della meditazione in termini di
attivazione e disattivazione di circuiti cerebrali. Respirando in modo lento e
misurato, il nervo vago diventa più attivo e migliora l’equilibrio tra sistema
simpatico e parasimpatico.
Il noto neuroscienziato Joseph LeDoux
scrive nel suo libro L’ansia
(Raffaello Cortina Editore, 2016): “Dato che si tratta di un modo semplice ed
economico di acquisire un certo potere sull’ansia, tutti dovrebbero imparare a
farlo. In realtà, credo che l’addestramento all’uso della respirazione
controllata dovrebbe essere una parte importante dell’educazione fin dall’infanzia,
qualcosa che i bambini potrebbero essere addestrati a fare in modo che diventi
un’abitudine capace di esprimersi senza sforzo ogniqualvolta si mostri un segno
di tensione”.
Lo stesso LeDoux aggiunge che, oltre
alla respirazione e al rilassamento, la meditazione addestra ad essere consapevoli,
cioè ad essere presenti all’esperienza immediata, senza cercare di reagire, di
giudicare o di cambiare, e che, quando si parla di “non mente” o di “non sé”,
non ci si riferisce ad una mente vuota, ma ad una mente che si libera dall’inquinamento
del pensiero e dall’incessante chiacchiericcio mentale.
È questa la più grande cura dell’ansia.
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