venerdì 30 settembre 2016

La schizofrenia umana

Ho letto un articolo in cui si spiegava che la schizofrenia è presente solo negli esseri umani e non negli altri animali. È il prezzo che paghiamo in termini evolutivi allo sviluppo abnorme della mente pensante.
Quando la mente occupa uno spazio così enorme, è facile cadere in preda ad allucinazioni, a pensieri deliranti e paranoici, a convinzioni e fedi prive di qualsiasi fondamento, a isolamento e a confusione. Spesso noi scambiamo i nostri pensieri per realtà.
Le voci che gli schizofrenici dicono di ascoltare sono in realtà voci interiori che vengono scambiate per messaggi esterni.

Ma questa condizione è molto frequente, anche nella vita di tutti i giorni, anche nelle persone che si considerano normali. Ed è in particolare diffusa tra uomini di religione, santi e mistici che dicono che Dio ha parlato loro.

Il valore del piacere

Anche la meditazione deve essere un piacere. Se fosse solo uno sforzo o un dovere verrebbe presto abbandonata. Dobbiamo dunque scoprire che cosa, in questa pratica, ci dà soddisfazione.
In particolare dobbiamo scoprire i piaceri della quiete, del silenzio, della concentrazione, della chiarezza mentale e della contemplazione – piaceri profondi e sottili che possono cambiare le nostre idee sul vivere.

Dobbiamo confrontare questi stati d’animo con quelli della confusione, del chiasso, dell’ansia, della frenesia, della competizione e dell’arrivismo e dobbiamo saper apprezzare il sollievo, la distensione, l’armonia e la liberazione che raggiungiamo in meditazione.
Non c'è una via per raggiungere la gioia. La gioia è la via.

giovedì 29 settembre 2016

La presenza consapevole

Ovviamente, quando in meditazione raccomandiamo di mettere la parte la mente, non vogliamo dire di diventare dei deficienti.

Vogliamo dire di mettere da parte tutti i pensieri e gli altri atti mentali per rimanere pura presenza consapevole.

Esperire il respiro

È inutile pensare a Dio come a una persona, perché una persona del genere non si presenterà mai dicendo: “Buongiorno, io sono il tuo Dio!”Anche nella Bibbia, Dio non si presenta mai direttamente, ma come una luce, una voce, un arcobaleno, una nuvola, un roseto… In effetti, Dio non può essere visto da occhi umani, non è conoscibile né da vivi né da morti, perché nessun senso umano potrebbe percepirlo. Se fosse percepibile, sarebbe qualcosa di umano, qualcosa di terreno, un oggetto o un soggetto tra i tanti.
Ma altre cose possono essere esperite qui e subito: la nostra forza vitale, che dovrebbe essere un riflesso o un parte stessa dell’energia divina.
Come percepirla?
Prendiamo il nostro respiro, che anche etimologicamente è legato al concetto di spirito e all’idea di qualcosa che “spira” come un vento.
Il respiro nasce con la nostra vita, vive ogni istante con noi, partecipa alle emozioni e ai pensieri e finisce con noi. Nient’altro esprime meglio la forza vitale che anima ogni cosa. È personale e nello stesso tempo universale.

Insomma, non possiamo conoscere Dio, ma possiamo conoscere il nostro stesso respiro – che, con i suoi ritmi (dentro-fuori, lungo-corto, lieve-pesante, superficiale-profondo, ecc.) è in armonia con i ritmi cosmici, è l’espressione della forza creatrice.

Un Dio procrastinatore

A proposito della guerra in Siria, il Papa grida: “I responsabili renderanno conto a Dio!”
Posizione molto debole. Per il Papa e per Dio.

Se Dio invece facesse i conti subito, chi non gli ubbidirebbe? 

mercoledì 28 settembre 2016

Il mito dell'illuminazione

Probabilmente l’illuminazione è un mito, perché non c’è nessuno che di botto conosca e sappia tutto.
Ma non è un mito vedere chiaro, un concetto che è legato a quello di luce e di illuminazione.
Forse nessuno di noi diventerà un illuminato. Ma ognuno di noi può vedere più chiaro in sé, nella propria vita, nella conoscenza delle persone e nei problemi del mondo.
E questa è la funzione della meditazione, che è utilissima in un mondo in cui vigono la confusione delle idee e la ripetizione a pappagallo di luoghi comuni, di opinioni, di fedi infondate e di semplici moti istintivi.
E, dunque, se ci raccogliamo, se seguiamo il respiro, se rimaniamo in silenzio e se usciamo per un po’ e sistematicamente dalla pazza folla che ci sta intorno e dalla pazza folla dei nostri pensieri, riusciremo almeno a distinguere tra realtà e finzione e tra truffatori e persone serie.

Così facendo, forse riusciremo a far qualcosa di consapevole nella nostra vita anziché essere dei semplici reagenti.

Quale amore?

C’è un amore che sviluppa attaccamento e, dunque, sofferenza. E c’è un amore che va in senso opposto: mira alla liberazione dell’individuo; e quindi genera gioia.
Tutti dovrebbero esaminare nella loro esistenza che cosa li lega, e perciò li imprigiona, e che cosa li libera.
È umano attaccarsi alle persone. Ma dobbiamo essere consapevoli che c’è sempre un prezzo da pagare – se non altro quando quella persona ci verrà meno. E, prima o poi, tutto ci verrà sottratto – vita ed io compresi.
Non ci dimentichiamo che ogni amore nasce da un primo condizionamento, non da un atto di liberazione.
E, comunque, anche all’interno di un legame d’amore, c’è la possibilità di stringere e quella di allargare.

Stringere significa soffocare, noi e l’altro. Allargare significa ampliare le nostre prospettive e vedere se riusciamo tutti ad essere più liberi.

martedì 27 settembre 2016

Le meraviglie del mondo

Quando diciamo che la vita è in gran parte sofferenza, dovremmo precisare che si tratta della vita sperimentata da una mente ignorante.
Perché in realtà la mente illuminata vede anche come, al di là dell’ansia, dell’angoscia e del dolore, al di là dell’inconsistenza e dell’impermanenza di ogni cosa, vi sia una trama meravigliosa di colori cangianti, di forme straordinarie e di prodigiosi processi energetici.

Ciò che cambia è proprio il modo di vedere. E, cambiando il modo di vedere, cambia ciò che si vede.

L'attaccamento alle opinioni

L’attaccamento a opinioni, credenze e dogmi è gravemente limitante, perché chiude all’esperienza – l’unica che possa darci la verità.
Un uomo molto ricco aveva un figlio e viveva in un bel palazzo. Un giorno partì per un viaggio d’affari. Durante la notte, un gruppo di predoni assalì il palazzo, uccise i servi, rubò gli oggetti di valore, incendiò tutto e portò via il bambino.
Quando il ricco tornò, trovò fra le macerie del palazzo bruciato il corpo carbonizzato di un bambino e credé che fosse suo figlio. Lo fece cremare e si legò alla cintura un sacchetto con le ceneri del bambino.
Ma il figlio non era morto. Dopo qualche anno, riuscì a fuggire e tornò a casa.
Bussò alla porta e disse al padre chi era.
Ma il padre, convinto che fosse morto, non volle accoglierlo.

Lo stesso succede a chi si attacca a dottrine che pretendono di essere credute senza dare prova della loro fondatezza. Legarsi a queste opinioni è perdere la propria libertà.
Tutte le dottrine, tutte le religioni, tutte le fedi sono opinioni.

Noi non dobbiamo insegnare o apprendere una dottrina, ma insegnare o apprendere un metodo per verificare di persona, sperimentalmente, ciò che si afferma.

lunedì 26 settembre 2016

La mente illuminata

Se tutto è interdipendente e non esiste alcun ente separato, perché cercare la liberazione. Chi si libera?
Ovviamente, questa è la domanda che si pone la mente ignorante, ossia un ente che si crede separato.
Ma, dissolta l’ignoranza, c’è liberazione.
La liberazione non ha più bisogno di un soggetto. C’è la liberazione ma non più il soggetto separato. C’è un “soggetto” che riconosce la propria unione con tutti gli altri enti, soggetti e oggetti.

Solo la meditazione può ottenere questo stato senza sé e senza concetti. Che esiste sempre, se solo si fa attenzione.

Vita eterna?

Come può esistere una vita che duri per sempre quando noi stessi definiamo la vita in termini di morte? La vita, infatti, è ciò che termina con la morte, è ciò che è scandito dal tempo e che ha una durata limitata.
Dunque, una contraddizione in termini.
Quello che chiamiamo “vita eterna” dovrebbe essere chiamato in un altro modo. Ma noi non abbiamo parole e concetti che non siano dualistici.
Senza un’apertura della mente, al di là del dualismo, non si può uscire dalla contraddizione.
La mente umana fa presto a raggiungere i suoi limiti. Dopodiché deve arrestarsi – e lasciare spazio a ciò che non è più comprensibile in termini razionali.
“Ciò che sta al di là” dovrebbe essere sostituito da “ciò che sta al di là della mente.”
Ma abbiamo una via d’uscita. Ciò che sta al di là della mente è l’esperienza stessa.

Meditare è entrare nell’esperienza senza concetti.

domenica 25 settembre 2016

Dentro di noi

Gli uomini non devono cercare la saggezza e l’illuminazione in qualche posto al di fuori di loro stessi.
Tutta la sapienza e la forza del mondo sono già dentro di loro.

La scienza, la filosofia, l'amore, la poesia, la musica, l’arte e la spiritualità nascono sempre dal loro cuore e dalla loro mente. Non le devono cercare altrove.

I gradi della realtà

Se quando mangiate un’arancia, vi dimenticate di ogni altra cosa e vi concentrate sul suo sapore, non solo la godrete di più, ma per voi sarà un’esperienza più reale; e voi stessi sarete più reali.
Se invece la mangiare distrattamente, pensando ad altro, l’esperienza sarà meno reale; e anche voi sarete meno reali.

Dunque, è la consapevolezza che fa la differenza. Più sarete consapevoli, più sarete a contatto con la realtà.

I gradi dell'amore

Tutti amano qualcosa o qualcuno. Ma c’è modo e modo di amare.
Di due donne con un bambino, chi direste che ama di più il figlio, quella che lo sculaccia perché piange o quella che gli posa la mano sulla fronte e sente che ha la febbre?
Questa seconda donna è capace di auscultare e di capire, mentre la prima, per mancanza di comprensione, ha di fatto un amore cieco.

La comprensione, l’ascolto e l’attenzione conferiscono all’amore una dimensione in più.

Fine-pena mai

In Italia non abbiamo ancora una legge sul testamento biologico e sull’eutanasia, cioè sulla libertà di scelta di ciascun cittadino sul proprio fine-vita.
Qui da noi si guarda con sospetto la libertà dell’individuo. La nostra cultura religiosa la vede più come qualcosa da controllare che come qualcosa da favorire.

Il Padrone non consente. Solo lui e i suoi sedicenti rappresentanti in terra vogliono controllare.

Commemorazione funebre

“Lasciatevi abbracciare dall’amore di Dio” ha detto il vescovo alla commemorazione per i defunti del recente terremoto nell’Italia centrale.
Come risuonano vacue, retoriche, stereotipate e francamente irritanti queste parole!
Purtroppo, “l’amore di Dio”ha già abbracciato i terremotati, stritolandone molti.

Ma non c’è mai nessuno in questo paese di conformisti che, ascoltando simili prediche, si alzi e se ne vada? Un moto di rabbia contro questo “amorevole” creatore sarebbe naturale.

sabato 24 settembre 2016

Il disegno divino

Vito Mancuso, da buon credente, sostiene, scrivendo a Corrado Augias che la vita viene dal bene e va verso il bene. Come dire che c’è un Dio del bene che dirige e finalizza il tutto.
Augias risponde su Repubblica che la vita va avanti senza curarsi dei nostri concetti culturali di bene e di male e che, se ci fosse un disegno divino, a questo punto sarebbe ampiamente fallimentare.
Sembra un dibattito tra ottimisti e pessimisti. Ma ci sono i dati di fatto da esaminare.
In effetti, la vita sembra fine a se stessa e viene fuori da una violenza senza pari, tanto che si basa sul principio che ognuno deve mangiare e combattere, per sopravvivere, altri esseri viventi. Dove sarebbe il principio del bene?
Forse nel fatto che un giorno nascerà un essere che farà solo il bene? Purtroppo non se ne vede traccia.
Tutti fanno un po’ di bene e un po’ di male, sempre mescolati insieme.
È vero che ci sono evoluzioni e progressi, ma subito compensati da involuzioni e regressi. Pare dunque che la somma sia sempre pari a zero.
Per esempio, abbiamo un grande progresso tecnologico e scientifico, ma subito compensato dalla distruzione ambientale. Non c’è niente di positivo che non sia seguito da qualcosa di negativo, e viceversa.
Non c’è una linea retta che sale sempre, ma qualcosa di circolare. Proprio come era l’antica idea di Tao.

Non è neppure volontà di potenza (come sosteneva Nietzsche). È soltanto volontà di vita, costi quel che costi, sia quel che sia.

Vincere l'ansia patologica

In sostanza, quando avvertiamo sintomi di ansia e di stress, con le loro caratteristiche modificazioni respiratorie (respiro contratto, rapido, superficiale, ecc.), dobbiamo compiere tre o quattro respiri profondi (con esalazioni prolungate, magari alternando le narici) e poi riportare la respirazione ad un ritmo più lento e calmo.
Da questo tipo di respirazione, viene una mente più libera dalla contrazione dei pensieri, fino ad approdare ad uno stato della “memoria di lavoro” privo di sé.
Lo stato mentale di “assenza di sé” è quanto di più efficace ci sia per combattere l’eccesso di pensieri, l’ansia e la paura.

Ciò non toglie che talvolta le preoccupazioni siano fondate e utili. Bisogna saper accettare la realtà e i suoi avvertimenti.

venerdì 23 settembre 2016

L'età dell'ansia

Non possiamo eliminare del tutto paura e ansia, perché questi stati d’animo sono elementi costitutivi del nostro sé. Infatti, una volta eretto il fortino egoico, è chiaro che esso viene costantemente minacciato.
Le minacce provengono dall’esterno (problemi di salute, di famiglia, di lavoro, di denaro, ecc.) e dall’interno (giudizi negativi, ricordi spiacevoli, pensieri pessimisti, preoccupazioni, ecc.).
Ma esiste un livello normale ed un livello patologico, che sconfina con la malattia. In entrambi i casi, si tratta di un problema di sofferenza.
La meditazione è un’ottima tecnica di cura di questa sofferenza, in particolare attraverso la regolazione del respiro. Anche le neuroscienze e la psicologia cognitiva si sono interessate a questa pratica ed hanno spiegato gli effetti della meditazione in termini di attivazione e disattivazione di circuiti cerebrali. Respirando in modo lento e misurato, il nervo vago diventa più attivo e migliora l’equilibrio tra sistema simpatico e parasimpatico.
Il noto neuroscienziato Joseph LeDoux scrive nel suo libro L’ansia (Raffaello Cortina Editore, 2016): “Dato che si tratta di un modo semplice ed economico di acquisire un certo potere sull’ansia, tutti dovrebbero imparare a farlo. In realtà, credo che l’addestramento all’uso della respirazione controllata dovrebbe essere una parte importante dell’educazione fin dall’infanzia, qualcosa che i bambini potrebbero essere addestrati a fare in modo che diventi un’abitudine capace di esprimersi senza sforzo ogniqualvolta si mostri un segno di tensione”.
Lo stesso LeDoux aggiunge che, oltre alla respirazione e al rilassamento, la meditazione addestra ad essere consapevoli, cioè ad essere presenti all’esperienza immediata, senza cercare di reagire, di giudicare o di cambiare, e che, quando si parla di “non mente” o di “non sé”, non ci si riferisce ad una mente vuota, ma ad una mente che si libera dall’inquinamento del pensiero e dall’incessante chiacchiericcio mentale.

È questa la più grande cura dell’ansia.

giovedì 22 settembre 2016

La pretesa della scimmia

Se una scimmia pretendesse di parlare di Dio o della verità ultima, vi mettereste a ridere e le direste: “Cresci un altro po’, e poi ne riparleremo!”
Ma anche noi siamo scimmie, solo un poco più evolute. E la nostra pretesa di parlare di Dio o della verità, è altrettanto ridicola.
Piuttosto che parlare di cose che non conosciamo, dovremmo prima cercare di chiarirci la mente.

Chiarirsi la mente, renderla più limpida e lucida, significa passare da un livello di consapevolezza all’altro, perché al livello attuale siamo come scimmie pretenziose e petulanti.

Il corpo delle donne

Da che mondo è mondo, il corpo delle donne è sempre servito a vendere qualcosa. I pubblicitari sanno benissimo che, se lo si associa ad un prodotto, quel prodotto si venderà di più. Piacere, sesso, amore… la positività dell’esistenza.
Lo sa anche quel Gran Pubblicitario che è Dio. Lui, con il corpo e con il sesso, ci vende la vita.
Ma, come in tutti i messaggi pubblicitari, c’è una parte di raggiro e di inganno.

Provate a togliere il sesso dalla vita. E guardate se ne vale veramente la pena, se il prodotto vale la spesa.

Rimandi infiniti

La verità non può essere né un dogma né una dottrina né una formula, né un’equazione. Ma soltanto un metodo. O un senso.
I ragionamenti sono solo il dito che indica la luna; non possono essere la luna.
La verità non può essere espressa a parole. Dunque, si riduce a seguire la direzione del dito. Ma guai a scambiarla con il dito – e neppure con la luna.

Anche la luna, infatti è a sua volta un dito, qualcosa che rimanda ad un’altra dimensione.

Miracoli impossibili

Potete pregare quanto volete e, anche ammesso che otteniate qualcosa, non per questo eliminerete la vostra ignoranza.
L’ignoranza si elimina solo con la conoscenza profonda delle cose, della mente e dei processi.
Se proprio volete, pregate di ottenere la conoscenza. Almeno, sareste consapevoli di essere ignoranti.

Nessun Dio è mai riuscito a far diventare intelligente uno stupido.

mercoledì 21 settembre 2016

Un Dio dimezzato

Quando sento dire (dal Papa in persona) che “non esiste il Dio della guerra”, mi meraviglio di tanta pochezza intellettuale.
Se Dio è l’Origine, come potrebbero la violenza e il male avere un’altra origine? E come potrebbe esistere la pace se non esistesse la guerra?
Tutto parte da quell’Origine, sia la pace sia la guerra, sia il bene sia il male, esattamente come le due facce di una stessa medaglia.
Ma esiste un’irresistibile tendenza a relegare il male a un fantomatico Anti-Dio, il Demonio, che sfuggirebbe (non si sa come) alla volontà divina.
Così, per salvare la reputazione di Dio, lo si taglia a metà, come nell’antico manicheismo. Eppure, qualcuno, anche nella Bibbia, ha sempre avuto le idee chiare:

“Io sono il Signore e non c’è alcun altro.
Io formo la luce e creo le tenebre,
faccio il bene e provoco la sciagura;
io, il Signore, compio tutto questo.”

                                      Isaia 45,7

Dopo la morte

C’era un maestro zen cui fu domandato che cosa sarebbe successo dopo la morte. E lui rispose: “Non lo so”.
“Come non lo sai? Non sei un maestro?”
“Sì, ma non un maestro morto.”

Questo per dire che solo chi muore può sapere che cosa succede dopo la morte.
Ma probabilmente non tutti abbiamo lo stesso destino. Tutto dipende dallo stadio che avremo raggiunto in questa vita. Se ci saremo disidentificati dal corpo e dall’io psicologico, non avremo più necessità di ritornare a fare queste esperienze, le esperienze di questo mondo, e potremo fare un passo avanti nell’evoluzione cosmica. Se invece ci saranno rimasti desideri insoddisfatti, continueremo a girare nel ciclo di vita-morte.

Capire che cosa è reale e che non lo è, distinguere la parte immortale in noi e distaccarci dai giochi futili di questa esistenza è esattamente ciò che chiamiamo risveglio.

martedì 20 settembre 2016

Visione profonda

Non c’è visione profonda se non c’è immobilità della mente. Se fate una passeggiata, la mente vaga a suo piacimento senza soffermarsi su niente. Ma se siete colpiti da un oggetto specifico, ecco che la mente si concentra, si acuisce e smette di vagare: quasi si ferma.
Immobilità significa calma, concentrazione e piacere.
La calma induce una visione lucida e sempre più potente che mostra dettagli prima nascosti. È come avere un microscopio che ingrandisce o un fascio di luce che illumina il buio.
Ciò che si vede ora, esisteva anche prima, ma, data l’irrequietezza della mente, non veniva notato. Ora la mente ha inquadrato il suo oggetto – ciò che l’attira – e si è fermata.
Per la prima volta non vede un’etichetta, un nome o un concetto, ma l’oggetto vero e proprio.
Per esempio, l’oggetto con cui scrivo è una penna e tutti sappiamo che cos’è. Ma di penne ce ne sono milioni.
Ora osserviamo questa penna: nel momento in cui la portiamo all’attenzione prolungata, osservandone tutti i particolari, la mente si fa sempre più recettiva e immobile.

Vedere l’oggetto (che può essere anche il soggetto) al di là di tutte le etichette.

Utopie

Volete un mondo d’amore?
Ma non è possibile avere l’amore senza l’odio (e così con il bene, la giustizia, l’onestà, ecc.).

Sta tutta qui l’irrealtà dell’utopia.

lunedì 19 settembre 2016

Droghe

Abbiamo paura delle droghe e della ludopatia perché sappiamo che per l’uomo è facile cascarci dentro e diventare completamente dipendente.
Ma, a pensarci bene, l’uomo è già un essere drogato, dato che gli ormoni che circolano nel suo sangue sono droghe naturali.

E se ci sono le droghe, ci dev’essere un Grande Spacciatore, qualcuno che sa che senza droghe è impossibile resistere in questo mondo.

L'ego infelice

Quando in meditazione ci spersonalizziamo e cerchiamo l’espansione dell’io e l’universalizzazione, sappiamo di andare controcorrente in un mondo in cui si esaltano nazionalismo, razzismo e familismo – insomma le solite identificazioni sociali.
Ma più stringiamo i confini, più ci impoveriamo e soffriamo.

La regola è che se aumenta l’ego, diminuisce la libertà. Più c’è identificazione, meno c’è gioia, creatività e amore.

domenica 18 settembre 2016

Cercare Dio

I credenti continuano a cercare Dio. Però non lo trovano. Perché Dio non è un Essere, ma l’essere di tutte le cose, percepibile solo quando si coglie l’unità del tutto.
Anche gli scienziati cercano la formula di Dio, con le loro analisi e le loro equazioni. Ma non la trovano. Perché Dio non è una singolarità o un Signore del mondo, ma la sintesi del tutto. E, pur essendo presente in tutte le cose, è ciò che le unifica.

Tutti cercano Dio. Ma non lo trovano, o trovano immagini sbagliate di Dio, perché non lo cercano là dove si trova ed usano mezzi sbagliati - i mezzi di una mente che, per conoscere, deve dividere, separare e contrapporre.

I poteri del saggio

Senza uscire dalla porta
si può conoscere il mondo.
Senza guardare dalla finestra
si può scorgere il Tao celeste.
Più si va lontano, meno si conosce.
Perciò il saggio conosce senza muoversi,
nomina senza vedere,
compie senza agire.

Questi versi del capitolo 47 del Tao Te Ching sembrano indicare quasi dei poteri magici cui può arrivare il saggio che medita.
Ma non c’è niente di magico.
Chi si esercita a guardare a fondo in se stesso e calma l’agitazione della mente, senza viaggiare, senza andare di qua e di là, ottiene una maggiore sensibilità e può quindi vedere particolari che ai più sfuggono. Riesce anche a compiere senza agire perché ha capito come si può propiziare l’azione, come si possono influenzare i processi vitali.


sabato 17 settembre 2016

Guardare direttamente

Abbiamo l’abitudine di descrivere a parole ciò che proviamo. Ma va notato che, nel momento in cui usiamo le parole, l’esperienza è già passata e viene soltanto definita e comunicata.
Il problema è che spesso utilizziamo le parole anche per descriverla a noi stessi, e così perdiamo la vividezza dell’esperienza diretta.
Lao-tzu era solito farsi accompagnare durante la passeggiata serale da un discepolo.
Una volta, il discepolo Wu-tzu esclamò: “Che splendido tramonto!”
Tornato a casa, Lao-tzu disse: “Non voglio più essere accompagnato da Wu-tzu”.
“Come mai?” gli fu domandato.
“Perché lui guarda le parole e non il tramonto.”
Per noi uomini, è difficile guardare direttamente senza l’intermediazione di parole e concetti – e quindi vediamo una realtà interpretata.
In meditazione dobbiamo imparare a guardare senza filtri. Dobbiamo fermare il più possibile la mente con tutti i suoi paragoni, con tutti i suoi giudizi e con tutti i suoi pregiudizi.

Guardare e basta.

venerdì 16 settembre 2016

La tirannia del tempo

Il tempo scandisce ogni momento della nostra vita, ma resta inafferrabile.
Quando pensiamo al passato, non solo ci riduciamo a ricordare qualcosa che non esiste più, ma ciò che ricordiamo è ben diverso da ciò che è stato.
Lo stesso succede quando pensiamo al futuro: sappiamo benissimo che ciò che accadrà sarà ben diverso da ciò che abbiamo immaginato.
Dunque, non esiste che il presente. Ma anche qui c’è un problema: l’attimo presente, quando viene colto, in realtà è già passato. Il presente è un teorico spartiacque tra l’attimo passato e l’attimo futuro.
Ci è impossibile cogliere l’attimo presente perché la coscienza arriva sempre in ritardo e perché lo interpreta e lo trasforma. E così giungiamo al paradosso di qualcosa che segna ogni nostro momento, ma che sfugge sempre.
Quando però ci rendiamo conto di questo problema, non cerchiamo più di inseguire l’attimo fuggente, così come un cane insegue la propria cosa, ma ci rilassiamo e ci fermiamo. In meditazione, noi non corriamo dietro l’attimo, ma facciamo in modo di scorrere insieme ad esso.

Il tempo è collegato alla mente, e viceversa. E se volete eliminare o fermare l’uno dovete eliminare o fermare anche l’altra.

giovedì 15 settembre 2016

Un povero Diavolo

Papa Francesco vorrebbe che tutte le religioni proclamassero che “uccidere in nome di Dio è satanico.”
Giusto, chissà che cosa glielo impedisce. Forse la coscienza sporca?
Ma perché incolpare il povero Diavolo? Lui si limita a fare quel che Dio gli ordina.
Se Dio fosse onnipotente e onnisciente - così come affermano le religioni – come potrebbe Satana sfuggire alla sua volontà?

I conti non tornano.

Calma e visione profonda

Shamatha (= calma) e vipassana (= visione profonda) sono le due fasi principali di ogni genere di meditazione. Nella prima, si trova l’acquietamento, la tranquillità e un senso di pace e, nella seconda, si approfondisce la visione di ogni problema che ci poniamo: da quelli personali a quelli generali dell’umanità, dalla natura di noi stessi alla natura del mondo.
In ogni caso, addestrarsi a sviluppare queste due fasi è utile non solo in campo meditativo, ma anche in ogni campo della vita pratica. Perché, di fronte ai problemi, alle scelte che dobbiamo compiere e alle domande che ci poniamo, è necessario ottenere prima uno stato di calma e poi uno stato di lucidità.
Si utilizza a questo proposito la metafora dell’acqua agitata e torbida (lo stato abituale della nostra mente): se vogliamo che torni limpida, dobbiamo acquietarla.

La meditazione ci porta comunque ad uno stato di maggior lucidità, concentrazione e consapevolezza, il che fondamentale per risolvere ogni problema.

mercoledì 14 settembre 2016

Sperimentare il nimitta

Che la meditazione non sia un fatto di semplice autosuggestione e che favorisca il benessere psico-fisico è dimostrato dalla comparsa, poco dopo l’inizio della pratica, del nimitta (= segno, segnale).
Il nimitta può essere un simbolo visivo (una luce, una stella, un bagliore, un mandala, ecc.) oppure  una sensazione di rilassamento, di tranquillità e di pace.
Questo segnale sta a indicare l’ingresso nello stato di assorbimento meditativo. Ci conferma che abbiamo superato la soglia fra lo stato abituale della mente e quello meditativo.
Tale sensazione di benessere ci rende piacevole la pratica e ci stimola a proseguire. Infatti, se lo stato della mente rimanesse quello abituale (teso, confuso, aggrovigliato e sofferente), non ci sarebbe vantaggio nel meditare e la pratica non sarebbe arrivata fino ai tempi nostri.
Il nimitta è una forma di acquietamento, di rilassamento e di soddisfazione che indica che siamo sulla strada giusta.

Poiché la meditazione non è un metodo standardizzato e uguale per tutti, ognuno avrà un’esperienza personale. Ma resta il fatto che, anche in mezzo ad una vita travagliata, avremo a nostra disposizione un’isola di tranquillità, un metodo, del tutto naturale, per trovare la pace.

I danni dell'ignoranza

Negli Stati Uniti, c’era un serial killer che catturava, torturava e uccideva giovani uomini, e, in particolare strappava loro i genitali. Si seppe poi che, da bambino, scoprendo la propria omosessualità, ne aveva parlato al padre, il quale l’aveva negata e, pensando che fosse una malattia, aveva costretto il figlio ad andare da uno psichiatra per farsi “curare”.
Il killer tagliava i genitali alle sue vittime perché sentiva di aver subito dal padre lo stesso trattamento psicologico, e quindi si vendicava.
Questo caso ci dice quali e quanti danni possa provocare l’ignoranza psicologica, forse la più diffusa nel genere umano.

E, se si pensa che sono soprattutto le ideologie religiose che vorrebbero “guarire” certe “malattie”, vediamo quali devastazioni possano provocare religioni nate migliaia di anni fa, piene di superstizioni e prive di qualsiasi fondamento psicologico.

martedì 13 settembre 2016

Meditazione emedicina

Pochi riflettono sul fatto che le parole “meditazione” e “medicina” hanno la stessa origine etimologica.
Eppure, mentre la medicina cura il corpo, la meditazione cura lo spirito: si tratta dunque di due forme di terapia.

Si tenga conto che le malattie dello spirito possono essere altrettanto numerose, altrettanto penose e altrettanto letali di quelle del corpo.

Amore e meditazione

Influenzati dalla cultura religiosa repressiva, molti pensano che tra amore e meditazione non ci sia rapporto, e che, anzi, l’amore sia di ostacolo alla meditazione.
Niente di più sbagliato.
La meditazione approfondisce l’amore, smussa i contrasti e fa comprendere se stessi e l’altro. E l’amore dà concretezza e gioia alla meditazione.
Si può dire che l’uno aiuti e potenzi l’altro.
L’amore senza meditazione resta piccolo ed egocentrico, e la meditazione senza amore resta astrazione.
Il cattolicesimo, addirittura, vieta ai suoi sacerdoti di provare amore verso un’altra persona. Sarà per questo che tanti religiosi appaiono immaturi o disumani.
Non fatevi convincere da preti che dicono di non potere amare qualcuno per amare astrattamente Dio. Se non c’è concretezza nel primo non c’è concretezza nell’altro.


Riconoscere gli stati d'animo

Non importa quanto siamo tesi o nervosi in un dato momento. Non importa quanto siamo disturbati da desideri o da altri stati d’animo negativi.
Ciò che importa è che , nell’istante in cui riconosciamo lo stato d’animo, per quell’istante, esso scompare.
Il problema è semmai prolungare o rendere stabile il riconoscimento, che di per sé è discontinuo come ogni cosa in questo mondo.

Questa è la via veloce.

Il grande istante

In meditazione, mentre la consapevolezza o la sveglia presenza riconosce se stessa, ci si libera del passato, del futuro e del presente. Si sperimenta il grande istante, che è al di là dei tre tempi e che può, con uno sguardo complessivo, abbracciarli tutt’e tre.

Purtroppo, dopo quell’istante, bisogna ritornare alla realtà - al condizionamento del corpo, dello spazio, della materia e della mente.

lunedì 12 settembre 2016

Ottenere con il non-fare

Per ottenere qualsiasi cosa l’uomo sa che deve lottare, combattere e faticare. C’è sempre qualcosa o qualcuno che si oppone. C’è sempre un prezzo da pagare.
Ma esiste un’altra via, completamente diversa; una via in cui non bisogna fare qualcosa, ma non fare, smettere di fare.
Ci sembrerà impossibile, ma, se ci pensiamo, per rilassarsi o per riposarsi, bisogna proprio seguire questa via. Anzi, più ci sforziamo, più ci allontaniamo dal risultato sperato.
Qui non i tratta più di esercitare la volontà: “Desidero questo…”. Si tratta piuttosto di smettere di volere e di lasciar fare alle forze della natura.
Anziché sforzarci, lasciamo fare alla natura. Anziché concentrare la volontà, liberiamoci dalla fissazione mentale.
Proviamo ad ottenere senza fare. Il che non significa non avere aspirazioni o abbandonarsi fatalisticamente al corso delle cose. Significa percepire questo corso e lasciarlo essere, se è a nostro vantaggio.
Non sempre sappiamo che cosa sia meglio per noi e di conseguenza sbagliamo cercando di imporre la nostra volontà.
Invece la natura sa che cosa fa per noi, e ci conduce infallibilmente alla meta.
Per esempio, se soffro di insonnia e mi impongo ripetutamente: “Devo addormentarmi…”, seguo un metodo sbagliato. Il metodo giusto consiste nel percepire le esigenze del corpo e lasciar fare a lui, smettendo sia di voler forzare sia di pensare a ciò che voglio.

D’altronde, come diceva Chuang-tzu, “la natura innata non può essere modificata, il destino non può essere cambiato, le stagioni non possono essere fermate, il Tao non può essere ostacolato. Tutto è possibile per colui che si attiene al Tao, nulla è possibile per colui che se ne allontana.”

domenica 11 settembre 2016

La semplicità della vita

Pensiamo di essere i possessori del nostro corpo, della nostra mente e del nostro io. Ma chi sarebbe il possessore? Chi possiede chi?
In realtà non possediamo nulla. Semmai, siamo noi ad essere posseduti, per un po’.
Non siamo noi che possediamo la vita: è la vita che possiede noi.

Come diceva Chuang-tzu, “la terra mi ha dato un corpo, la vita mi ha stancato, la vecchiaia mi ha rallentato e la morte mi riposerà.”

Il segreto dell'immortalità

Da tempo immemorabile cerchiamo il segreto dell’immortalità.
Invece il problema non è diventare immortali, ma morire quietamente.
L’idea di far proseguire in eterno il nostro ego è un’idea meschina. Si tratta infatti di rendere immortale una limitazione.

“Dimorano in pace coloro che non dimorano in nessun luogo” diceva il Buddha.

La meditazione naturale

Forse non ve ne rendete conto, ma se un giorno vi viene voglia si starvene tutti soli e in silenzio in una campagna, lungo un fiume, su una collina, in montagna, sul mare, su una spiaggia o semplicemente nella vostra stanza, state facendo meditazione. A dimostrazione che in tutti noi c’è una tendenza contemplativa.
Non esiste insomma solo la meditazione formale, seduti con le gambe incrociate. Ci sono mille modi di meditare, perché lo stato meditativo è naturale, è un’esigenza della natura.
Serve innanzitutto a cercare se stessi, a ricomporsi dopo qualche prova, a vedere più chiaro e a ricaricare le batterie.
Anche l’arte rientra in questa tendenza, perché il musicista, il pittore o il poeta operano una loro forma di meditazione – e la inducono anche negli ascoltatori o negli osservatori.
“Dal vuoto dello spirito scaturisce la luce, e lì si trova la quiete” diceva Chuang-tzu.


sabato 10 settembre 2016

Il dono del silenzio

Purtroppo viviamo nelle società del rumore, esterno e interno. Gli studi scientifici dimostrano che tanto rumore ci provoca stress e ci fa ammalare.
Al contrario, starsene in silenzio riduce la ventilazione, il ritmo del respiro, il battito cardiaco, la pressione sanguigna e abbassa il livello di colesterolo, che è l’ormone legato allo stress. Dunque, ci guarisce.
Ecco perché la meditazione è benefica, a tutti i livelli – è la ricerca del silenzio interiore.

Se volete meditare, cercate innanzitutto il silenzio, esterno ed interno.

Eroi

Se scoppia una rissa, chi è più utile? Chi si rimbocca le maniche ed entra a menar le mani, o chi cerca di ristabilire un equilibrio e un’armonia, prima personali e poi collettivi?

Eppure gli uomini chiameranno eroi i primi e non si ricorderanno nemmeno i nomi dei secondi.

Pace e guerra

Non si può volere la pace, perché questo volere è già una violenza.

Si può soltanto dismettere, per quanto possibile, la propria volontà di guerra.

Il potere della volontà

Pregare e meditare possono essere attività rivolte a chiedere qualcosa, a dirigersi vero una meta prestabilita, a mirare ad un obiettivo che abbiamo già in testa.
Ma, poiché siamo parti di un tutto che è enormemente più vasto e più potente del nostro microscopico essere, non possiamo pretendere che il tutto si diriga esattamente là dove vogliamo noi. Nella nostra limitata realtà possiamo tentare di imporre la nostra volontà, ma è dal mondo che noi usciamo, e non viceversa. Dal tutto siamo usciti e dal tutto saremo riassorbiti.
Dobbiamo quindi raggiungere una saggezza superiore e ammettere che non possiamo fare più di tanto. Anche l’uomo più potente, alla fine, deve invecchiarsi, ammalarsi e morire, e anche lui dovrà confessare che ha realizzato solo una piccola parte di ciò che avrebbe voluto.
Tutti noi abbiamo a che fare con forze e condizionamenti che ci dirigono dove vogliono loro – dove è possibile dirigerci – non dove vogliamo noi.
Ecco perché dobbiamo imparare a vedere l’insieme delle cose e ad allinearci a processi e moti che ci superano. Non è possibile andare a lungo controcorrente. Semmai, dobbiamo capire dove va il flusso che ci trasporta e cercare di sfruttarne la corrente.
E la corrente non va sempre dove vogliamo noi e ci trasporta in luoghi, incontri e situazioni che poco o nulla hanno a che fare con la nostra volontà e i nostri sogni iniziali.

Pregare e meditare significano spesso chiedere di realizzare i nostri disegni. Ma ci sono preghiere e meditazioni che non chiedono nulla – e sono le migliori. Ci permettono di realizzare i nostri disegni all’interno del disegno universale.

venerdì 9 settembre 2016

Il potere della consapevolezza

Quando la nostra mente è piena di rabbia, tutto il nostro essere è rabbioso – e sta soffrendo.
Lo stesso avviene quando siamo pieni di odio, di invidia, di orgoglio, di desiderio, di noia, ecc.
In quel momento, siamo ciò che proviamo.
Per uscire dalla sofferenza di questi stati, dunque, la cosa più importante è la consapevolezza del nostro stato d’animo e il riconoscimento che ci siamo identificati con esso e con uno dei nostri io sofferenti.
A quel punto, è necessario ritrovare - sotto quell’io sofferente – un altro centro: uno che sia calmo e distaccato. Magari respirando a fondo.

È così che si combatte la sofferenza, la nostra identificazione con stati d’animo che ci fanno soffrire, non con proclami ideologici, crociate, combattimenti interiori o fedi. Basta usare la consapevolezza.

Autoconoscenza

Quando veniamo messi con le spalle al muro, ammettiamo a denti stretti di essere schiavi dei nostri desideri.

Ma difficilmente ammettiamo di essere schiavi delle nostre idee, delle nostre convinzioni, dei nostri principi, delle nostre fedi.

Respiro per respiro

Ad ogni respiro introduciamo nell’organismo ossigeno ed espelliamo anidride carbonica, in uno scambio continuo con ciò che ci sta intorno.
Basterebbe questa consapevolezza a farci capire quanto siamo legati all’ambiente, quanto siamo tutti interconnessi. Ma tale interscambio avviene anche con il cibo, con il metabolismo, con la riproduzione, con le sensazioni e con le idee.
Niente si ferma un attimo, niente è davvero isolato. “Nessun uomo è un’isola.” Tutto si muove e cambia, tutto nasce e muore, ad ogni istante.

Ciascuno di noi fa parte di un unico e immenso organismo che è l’universo. Non potremmo isolarci neanche volendolo.

Non fare

In meditazione non devi fare niente. Perché, proprio non facendo nulla, permetti a ciò che è più grande di te di entrare in campo.
Quando questo quid entra in campo ha un effetto rilassante e risanante.

Se invece cerchi di forzare, di fare qualcosa, stai restringendo e ostacolando, ti stai tendendo.

giovedì 8 settembre 2016

Capire il mondo

Per capire qualcosa di come è fatto il mondo, non devi avere tesi preconcette, schemi mentali, ideologie, fedi, ecc. Nessun prodotto della mente.
Soprattutto non devi aspettarti che le cose abbiano magari un bel senso logico, come quello di un Dio che crea, vede e provvede o quello di un karma che si basa su un principio di equilibrio e di compensazione. Il mondo è più paradossale e contraddittorio.
Simili idee rispondono ad una razionalità umana che non ha niente a che fare con la “logica” del tutto.
Per capire, devi rinunciare a comprendere con i tuoi ordinari  strumenti mentali, devi non pensare, non razionalizzare, devi fare il vuoto delle idee, dei principi e delle morali. Perché il mondo non è fatto con queste idee.
Ti sei abituato a pensare che il bene si contrapponga al male, il principio alla fine, la vita alla morte, il passato al futuro, il soggetto all’oggetto, ecc. Ma nella realtà queste contrapposizioni non sono affatto nette, tutto si mescola e anche il tempo e lo spazio non sono così ordinati. Tutto è incerto, imprevedibile e probabilistico.
Non è vero che i contrari si escludano a vicenda. Sono complementari. E non devi neppure escludere l’assurdo - inteso come qualcosa che sfida la logica.
È così che devi abituarti ad avvicinarti alle cose.

Se contempli senza razionalizzare, svuotando la mente, sei più vicino alla realtà.

Felicità e serenità

Cercate la felicità? Benissimo.
Ma non basta. La felicità è un picco momentaneo, destinato a lasciare il posto al suo contrario.
Molti si impegnano ad essere felici. Poi però soffrono di ansia.
Meglio puntare sulla serenità, che, essendo uno stato d’animo mediano, può essere più stabile.

Inoltre la felicità non dipende da voi: dipende dagli altri e dagli avvenimenti esterni. La serenità, invece, è una vostra opera di smussatura e pulitura su cui potete lavorare continuamente.

mercoledì 7 settembre 2016

Fare il pieno di energia

Come si fa il pieno di energia per un’auto o per un cellulare, così si può fare per il nostro spirito.
Basta utilizzare quell’energia che fluisce continuamente da nostro sé più profondo ma che viene intercettata, impiegata od ostacolata dalle nostre attività mentali.
Si può approfittare di qualche cambio improvviso del clima. Per esempio, dopo un periodo di caldo afoso, di freddo, di umido, di siccità o di pioggia, ecco una magnifica giornata né calda né fresca, con una piacevole brezza che pulisce l’aria.
Si può sfruttare la sensazione di sollievo fisico per aumentare il nostro senso di leggerezza, di liberazione e di gioia. Assorbendo l’energia ambientale, potenziamo l’energia mentale.
Approfittiamo di queste occasioni per ricaricare le nostre energie psico-fisiche. Cogliamo l’attimo.
Sediamoci senza fare nient’altro, completamente concentrati sulle sensazioni piacevoli, respiriamo con calma e facciamo il pieno di energia fisica e di energia psichica. Ci servirà più tardi, quando le condizioni cambieranno.

La nostra consapevolezza di questo stato funziona come un accumulatore di forza, di gioia e di chiarezza.

Uomini di fede

Se ci sono persone che non capiscono niente della realtà, sono gli uomini di fede. Credo ut intelligam diceva sant’Agostino: credo per capire.
Sbagliato.
Se giudichi la realtà in base ad una ideologia, non capisci niente.

Devi liberarti di tutte le idee preconcette per comprendere la realtà. Anzi, devi fare il vuoto mentale. Perché la realtà non risponde a nessuna ideologia.

Obbligo di crocifisso

Un gruppo di parlamentari della Lega ha presentato un disegno di legge per rendere obbligatorio il crocifisso non solo nelle scuole, ma anche nelle prigioni, nei tribunali, negli ospedali, nelle stazioni, nei porti, negli aeroporti, nelle sedi diplomatiche e perfino nei seggi elettorali, con multe che andrebbero da 500 a 1000 euro.
Che dire? Peggio di uno Stato islamico.
Certo, niente come la religione si presta a fondare un regime totalitario.

Ma è la solita miopia di chi vorrebbe rispondere al fondamentalismo con un altro fondamentalismo – e non, come sarebbe giusto, con uno Stato laico, che non sarebbe mai dominabile da una religione.

Microcosmo e macrocosmo

Qualcuno dice che le radici della violenza, dell’odio e della guerra risiedono nella psiche umana. Ed è vero.
Ma queste radici risiedono nella mente umana perché esistono nella mente cosmica – in ciò che ha dato vita all’universo.

L’universo è stato fatto proprio così, a immagine e somiglianza della Forza creatrice. Ecco perché da Dio è meglio non aspettarsi troppo.
Siete voi che potete fare la differenza.

martedì 6 settembre 2016

Le forche caudine della sofferenza

Potete anche essere le persone migliori del mondo, le più buone, oneste e caritatevoli, potete essere ricche e potenti, ma non sfuggirete alla sofferenza. Ci sono nella vita passaggi obbligati cui nessuno può sottrarsi: la nascita, la crescita, la vecchiaia, la malattia e la morte. E, oltre alle sofferenze fisiche, ci sono quelle morali: insuccessi, delusioni, rabbie, abbandoni, perdite, sbagli, tradimenti, rimorsi, depressioni, nevrosi, ecc.
Ce ne è abbastanza per dire che questo non è un bel mondo. D’accordo, ci sono anche le gioie e le soddisfazioni, ma, per bene che vada, si compensano con le esperienze negative e, alla fine, la somma è zero. Potete dare la colpa a Satana, al karma o al peccato originale, però questa è la realtà.
I più non vogliono pensarci e cercano di annegare le sofferenze in mille attività, negli amori, nella famiglia, nel lavoro, nei divertimenti, nella fede o nelle droghe. Ma questa non è una strategia vincente. La sofferenza resta ineliminabile.
Una prima strategia consiste nel minimizzare il danno. Prima di tutto, nella vita possiamo evitare molte di quelle attività che in realtà non ci danno niente e servono solo a creare problemi. Si tratta in altre parole di semplificare l’esistenza e di ridurre gli impegni fasulli, che non producono altro che stress e perdite di tempo e di energie.
Secondariamente, possiamo ricorrere a pratiche meditative che ci permettano di capire che cosa succede in noi, come ci sentiamo e che cosa proviamo (sembra incredibile, ma i più non lo sanno: sono perfettamente alienati) e che favoriscono il flusso di gioia e di felicità che viene da un contatto profondo con il sé.
E, terzo, si tratta di prendere il toro per le corna: capire che la vita stessa e la coagulazione in un io diviso non possono in nessun caso eliminare le forche caudine della sofferenza, e che è necessario eliminare il desiderio di ritrovarsi in una situazione del genere.
Sì, perché i più muoiono con una sacco di desideri insoddisfatti e con l’illusione che se rinascessero ( in questo mondo o altrove) potrebbero finalmente avere quel che vogliono.
Ma non è così: anche se fossero puri spiriti, anche se rinascessero nel mondo degli dei, avrebbero motivi di sofferenza e alla fine dovrebbero evolversi e morire.
La via è interminabile e piena di sofferenza se non capiamo che stiamo girando in tondo e su noi stessi.


lunedì 5 settembre 2016

Zen

Per noi che siamo abituati a far sempre qualcosa, per noi che vorremmo ottenere pace, liberazione, nirvana e illuminazione, stare seduti senza fare nulla ci sembra una pratica insensata.
Allora dobbiamo riflettere sul fatto che noi non siamo seduti per raggiungere il risveglio, ma che la nostra pratica deriva direttamente dal nostro stato illuminato, da quella condizione originaria da cui ci hanno allontanato le molteplici attività e lo stato generale di agitazione.

Stare seduti senza fare nulla è far rifulgere appieno lo stato illuminato che tutti abbiamo in potenza.

Madre Teresa

D’accordo, Madre Teresa di Calcutta è un esempio di carità.
Ma la domanda è sempre la stessa.
Perché l’universo, nei suoi vari processi, non ha nessuna carità? Perché la condizione umana è così disperata?

Così spetta all’uomo rimediare alle mancanze – o alla mancanza – di Dio.

Spettacoli religiosi

Si può dire che il cattolicesimo, con i suoi riti e le sue cerimonie folcloristiche, con l’esibizione di opere d’arte e di musiche, con i suoi dogmi e i suoi santi, con le sue gerarchie e i suoi ordini, con le sue fantasie di paradisi e inferno, con le sue comunioni ed estreme unzioni, ecc., sia un enorme sistema di distrazione di massa.
Tutto questo apparato serve a irretire, stupire, incantare, distrarre… per far dimenticare le leggi spietate del vivere e morire. Ma, alla fine, lo spettacolo finisce e resta il vuoto.
È un po’ come il rutilante mondo della televisione (che difatti ama molto le cerimonie religiose). Qualcuno, per farsi compagnia, per illudersi che tutto vada bene, la tiene sempre accesa. Ma poi arriva sempre il momento in cui il televisore deve essere spento. E, in un istante, siamo riconsegnati al vuoto.

In meditazione, sappiamo che il mondo con tutte le sue forme e le sue attività è un’illusione, un sogno o un film, e cerchiamo di affrontare direttamente il fondo vuoto - ma vitale - del tutto.

L'essenza della mente: il riconoscimento degli stati mentali

Addestrasi a riconoscere i propri stati mentali è di fondamentale importanza per arrivare a riconoscere la natura della mente. Secondo la psicologia moderna esistono sette emozioni di base: paura, tristezza, gioia, disprezzo, disgusto, sorpresa e rabbia. Ma gli stati mentali sono molti di più, sia perché sono commistioni di diverse emozioni sia perché non sono sempre definibili. Esistono per esempio l’ansia, la speranza, l’invidia, il rimorso, l’angoscia, la disperazione, l’amore, la gelosia, il rimpianto, l’odio, l’avversione, l’attaccamento, la depressione, l’esaltazione, la solitudine, la noia, ecc.
L’importante comunque è riuscire ad identificarli o a circoscriverli: “Questo è il mio attuale stato mentale prevalente”.
Ma noi non facciamo psicologia: il nostro scopo è centrare ciò che sta alla loro base – lo stato della mente che in un certo momento è privo di queste connotazioni.
Dobbiamo renderci conto che la cosiddetta realtà è sempre una costruzione della mente – una mente che ha due caratteristiche: crede che ciò che sperimenta sia reale e pensa in termini dualistici.

Identificare l’essenza della mente, che si trova al di là dell’ingenuo realismo e del dualismo è lo scopo della meditazione. Dobbiamo guardare il mondo come una costruzione mentale, una proiezione o un sogno e oltrepassare il dualismo fondamentale soggetto-oggetto per scoprire, anche se per brevi istanti, il vero fondamento della mente: la consapevolezza, la sveglia presenza originaria.

domenica 4 settembre 2016

La natura dei miracoli

Un miracolo per uno è un’ingiustizia per tanti altri, un arbitrio di Dio.

A meno che… ciò che noi riteniamo un intervento divino sia in realtà l’esplicitazione di uno dei poteri della nostra mente, ossia del divino che è in noi.
Anche i miracoli, infatti, devono passare per la mente umana.

Il riconoscimento della natura della mente

La nostra condizione dipende da come pensiamo, da come siamo consapevoli, da come è lo stato della nostra mente. Anche quando pensiamo Dio, è la nostra mente che lo fa essere; senza quella mente, Dio non esisterebbe.
Purtroppo noi siamo abituati a credere che ciò che è creato dalla nostra mente sia reale.
I nostri stati mentali ci permettono di vedere non solo le cose, ma anche i loro colori. Lo stesso oggetto, visto con una mente piena di rabbia, di odio, di amore o di pace, ci dà esperienze diverse.
Dunque, per capire qualcosa della nostra esperienza, dobbiamo conoscere lo stato della nostra mente. In ogni momento della giornata, chiediamoci quale sia lo stato della mente: è arrabbiata, distaccata, serena desiderosa, angosciata, distesa..? Da essa dipenderà il mondo variegato dell’esperienza.
Rendiamoci conto continuamente della condizione mentale. Qual è lo stato predominante in un dato momento?
Ma non basta. Dobbiamo anche uscire dal dualismo mentale, dagli schemi e dalle categorie per afferrare lo stato fondamentale della mente.
Dobbiamo riuscire a vedere il sole al di là delle nuvole (i vari stati mentali) che lo oscurano.
Il riconoscimento della sveglia presenza non concettuale può durare un istante - ed è bene che sia così, se non vogliamo che sia macchiato subito dai concetti e dalle loro interpretazioni.
L’importante è ripetere il riconoscimento fondamentale della essenza della mente il più spesso possibile, in modo da prolungarlo a poco a poco e renderlo sempre più stabile.
Questi sono bagliori di illuminazione, istanti di liberazione.