Tutti sappiamo
che cosa sia l’odio. È una forma di avversione verso qualcuno o qualcosa, che
suscita emozioni forti di rabbia, di collera, di disgusto, di ira, di
irrigidimento, di allontanamento, di separazione.
Ma forse non
ci rendiamo conto che ne esiste una forma interiore, una forma repressa,
nascosta, disconosciuta, che suscita emozioni come la paura, l’angoscia,
l’ansia, la disperazione, la dissociazione, il senso di colpa, il rimorso…
Si tratta di
un’energia che, nella sua forma più negativa, finisce per paralizzare e
devastare l’anima di chi la prova.
Purtroppo, è
una delle due forze che tiene in piedi il mondo: attrazione e repulsione, amore
e odio, che sono come le due facce di una stessa medaglia.
Ecco perché
ogni invito ad amare è destinato a suscitare il suo contrario e, quindi, a
fallire.
Anche Gesù
provava avversione verso i farisei e i sacerdoti.
Non è vero che
l’odio si possa vincere con l’amore. Inevitabilmente l’uno porta all’altro.
L’odio ha
molto in comune con l’amore, proprio perché è una forma di fissazione, di
ossessione. Nell’odio e nell’amore pensiamo continuamente ad una persona e ne
diventiamo dipendenti: non siamo liberi.
La via
migliore non è dunque costringere ad amare (cosa del resto impossibile), ma
riconoscere che l’odio-amore è un tutt’uno. E prendere le distanze da entrambi.
Certo, per far
questo, è necessario “ultraumanizzarsi”, ossia lasciare andare la nostra
vecchia struttura duale e passare allo stadio successivo dell’evoluzione.
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