mercoledì 9 settembre 2015

Gli eternalisti

I saggi e gli illuminati di ogni tradizione concordano su un punto: che tanto male derivi dall’egoismo umano, dalla convinzione di essere un individuo che possiede cose e persone, che dice sempre “questo è mio”; e che le angosce nascano dalla certezza che tutto ciò – i possedimenti materiali e immateriali e lo stesso io – un giorno andrà perso.
Come è possibile rimediare a questo stato di cose, com’è possibile far uscire l’uomo dal suo egoismo?
Ci riescono meglio le dottrine che credono all’immortalità dell’ego (anima) o a quelle che mettono in discussione proprio la sua consistenza?
Se io dico che l’ego è eterno, come posso poi uscire dall’egocentrismo? Anche l’io verrà visto come un possesso. “Io sono mio, io possiedo un ego.”
Se invece dico che l’io è solo un nodo che emerge temporaneamente da una rete di condizioni, e che non ha uno statuto proprio, come posso sostenere che sia “mio”?
Niente è veramente “mio”, niente mi appartiene, niente è “io”. E non perché l’io sia nulla, ma perché è parte del tutto ed esiste in relazione con il resto del mondo. Il mio io non è solo il corpo e la mente, ma anche l’ambiente, gli altri, il cielo, il sole, la galassia e l’universo.
Parlare di “tutto” o di Dio – in quanto Essere separato – fa una grande differenza, perché il tutto non è distinto da me, mentre Dio…
Se rigettiamo la posizione degli eternalisti (che vedono enti eterni dappertutto), non dobbiamo neppure cadere nella posizione opposta dei nichilisti, per i quali non esiste niente.
No, le cose, gli individui, esistono, ma sono come le increspature dell’acqua o suoni che vibrano per qualche attimo nel concerto universale. Devono però finire. E dove finiscono?

Non nel nulla. Ma nel tutto. Il problema è che sono proprio le idee eternaliste (inevitabilmente egocentriche) che ci impediscono di abbattere le barriere e defluire nell’infinito.

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