Per noi
occidentali è praticamente impossibile accettare letteralmente le idee
orientali sulla reincarnazione. L’ipotesi che ci sia un’anima che si reincarna
da una vita all’altra, in assenza di prove, rimane puramente teorica.
Perfino il
buddhismo accetta questa idea, ma lo fa con contrarietà. Il problema del
buddhista, infatti, non è rinascere da una vita all’altra, ma smettere
completamente di rinascere e liberarsi definitivamente. Verso che cosa? Nessuno
può rispondere razionalmente. Il Buddha diceva che questo stato di nirvana, di
estinzione, non era un nulla, ma pur sempre qualcosa. Comunque qualcosa che non
è concepibile ora con questa nostra mente.
Ritorniamo
quindi nel campo delle teorie.
Noi siamo
ben ancorati al nostro io attuale, e siamo convinti che non rinasceremo.
Tutt’al più crediamo vagamente ad un’altra vita, che si fonderebbe comunque
sulla conservazione del senso dell’identità. Viviamo e lottiamo con questo
nostro io e abbiamo una chiara sensazione di avere un’identità, bella o brutta
che sia.
Siamo
convinti che, anche in caso di reincarnazione, il fatto di non ricordarci le
identità precedenti, invalidi ogni utilità, ogni credibilità.
Qualcosa
però possiamo accettare. È evidente che qualcuno ci ha dato la vita: sono i
nostri antenati, che indubbiamente ci hanno trasmesso qualcosa, non solo un
patrimonio genetico, ma anche un insieme di doti psicologiche e intellettuali.
Sappiamo di non essere nati dal nulla, ma da una catena ininterrotta di predecessori.
Loro ci hanno consegnato l’io e noi a nostra volta lo trasmetteremo ai nostri
successori. Ma l’io, di per sé, non sarà più lo stesso; sarà un altro, pur in
una certa continuità. Sarà un individuo unico.
Resta la
constatazione che siamo tutti imparentati, che siamo tutti variazioni di un sé
che sembra avere una stessa origine. Quello che dunque è importante non è il
fatto di essere o non essere reincarnazioni di qualcuno (in un certo senso lo
siamo e non lo siamo), ma come riusciremo a raccogliere il testimone, a
rielaborarlo, a migliorarlo e a trasmetterlo ad altri o ad un altro noi stesso.
Ciò che conta è cosa facciamo ora e qui, in questo presente.
Tutto il
resto è materia di riflessioni, di illazioni, di sensazioni, di fedi.
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