mercoledì 30 settembre 2015

Il sostrato cosmico

Attaccarsi a qualche Dio non è liberazione. È schiavitù.

Dobbiamo piuttosto recidere la mente pensante alla radice e dimorare nel sostrato cosmico di ogni fenomeno, nella pura presenza.

Pensare e sperimentare

Se desideriamo ottenere lo stato che è al di là dei pensieri, dobbiamo stare attenti che non sia un altro pensiero.

Dobbiamo dimorare in quello stato, non pensarlo.

martedì 29 settembre 2015

La natura ultima

Possiamo chiamarla natura ultima o natura prima, stato originale o stato finale. Ma non è una questione di prima e di dopo, di primo o di ultimo. È al di là delle parole e del tempo.

Questo dualismo, questa contraddizione, è inevitabile, perché usiamo le parole e i concetti che, per conoscere, devono dividere e contrapporre.

Lasciar andare

La morte, come fine della tensione che ci sorregge e ci tortura, è l’illuminazione, la grande liberazione. Ma ci dobbiamo allenare in vita a lasciar andare.

Ogni forma di abbandono della tensione, di rilassamento, di spossessamento, è l’ingresso di un fiotto di luce.

Preghiera e meditazione

La preghiera è un omaggio al potere. Che cosa c’è di religioso in questo? Tanti hanno la tendenza a genuflettersi davanti al potere.
Ma non è un atto particolarmente spirituale: è servilismo. Rientra fra le strategie, poco nobili, di sopravvivenza.

La meditazione, invece, non ha bisogno di nessuna sottomissione; anzi, cerca di esplicitare tutte le potenzialità dell’individuo.

lunedì 28 settembre 2015

Trascendere le parole

Bibbia, Vangeli, Corano, Bhagavad Gita, Yogasutra, Tantra, Dhammapada… le religioni degli uomini sono ancora le religioni del libro, delle parole, dei pezzi di carta.
La nostra religione è al di là delle parole.

Il paradosso è tutto qui: usare le parole per trascendere le parole.

La scuola dell'intuizione

Dobbiamo superare sia il dualismo della mente, che deve contrapporre per conoscere, sia i concetti.
Le cose dobbiamo sentirle, avvertirle, intuirle, al di là della mente razionale.

Questo è l’unico modo per superare i condizionamenti della mente attuale.

Il campo delle possibilità

Noi pensiamo sempre che le cose debbano avere un creatore, ma in realtà esse dipendono - per il loro apparire, per il loro scomparire e per le loro modalità di svolgimento - da un sistema di interrelazioni. Non c’è un unico ente che le crea, ma un insieme di tanti enti che le determinano.
C’è come un campo di possibilità, che non deve creare, ma si limita a manifestare.
Paragoniamolo ad uno specchio che non si limita a riflettere le cose, ma le proietta traendole da sé, senza uno sforzo deliberato.

Ognuno di noi è un riflesso in quello specchio e contemporaneamente lo specchio.

Osservare le reazioni

Se all’improvviso nella sala dove ci troviamo compare un uomo nudo, le reazioni delle persone possono essere le più diverse: sorpresa, ira, scandalo, indignazione, divertimento, curiosità, ecc.
Le reazioni dipendono dalla diversità delle persone, dalla loro precedenti esperienze, dal carattere, dal vissuto, dalla psicologia, dalla cultura, ecc.
Alle varie situazioni, insomma, non corrisponde una risposta univoca, codificata, automatica, obbligata. Non siamo cani di Pavlov.
Noi stessi possiamo avere reazioni diverse da un momento all’altro e in conseguenza di quanto abbiamo capito, veduto e lavorato su noi stessi.

L’uomo può cambiare le proprie reazioni se riesce ad avvertire le proprie sensazioni e le proprie emozioni. Se svolge questo lavoro di conoscenza e di autoconoscenza, la prossima volta potrà reagire in modo diverso, non rispondendo in modo automatico e favorendo il proprio processo di crescita.

domenica 27 settembre 2015

La spiritualità del sesso

Una grande colpa delle religioni di massa, oltre a quella di aver reso la religione uno strumento di sottomissione e di omaggio al potere, è quella di aver distrutto la spiritualità del sesso, riducendolo a semplice strumento di riproduzione.
C’è molto di più. Per esempio, nel sesso tantrico, l’uomo e la donna diventano le due polarità fondamentali, e quindi le due divinità di sesso opposto, che si uniscono per sperimentare il profondo senso estatico della vita. I due perdono la separazione, annullano io e pensieri e trascendono. Quale altra esperienza può dare tanto?
Gli antichi maestri tibetani avevano una compagna, non erano casti sacerdoti. Ed anche i loro dei erano concepiti a coppie.
La divinità generatrice veniva rappresentata da una vera unione sessuale e spirituale (yab-yum) trail principio maschile e il principio femminile, proprio come nel taoismo cinese (yang-yin).
Anche nella religione egizia esisteva una coppia divina (Osiride, Iside), con tanto di figlio (Horus). Lo stesso avveniva nella religione greco-romana, dove gli dei avevano non solo consorti, ma anche amanti.
Ma in un piccolo paese del Vicino Oriente, Israele, esisteva una religione in cui Dio era concepito come un maschio dominante, senza controparte femminile. Purtroppo, questa civiltà scrisse un grande libro, la Bibbia, che ebbe un’influenza decisiva sia sul cristianesimo sia sull’islam. E così si affermò l’idea di un Dio triste e solitario.
Il cattolicesimo, erede del paganesimo, avvertì la mancanza di una presenza femminile nell’immagine della divinità, e, allora, tardivamente, introdusse una figura materna (la Vergine Maria, la Madonna) che fu molto venerata. Ma questa figura non ha niente a che fare con il sesso e l’erotismo. Era solo vergine e solo madre.
Naturalmente, concepire la divinità come esclusivamente maschile e patriarcale ha importanti conseguenze negative sullo status della donna.
       Ecco perché, nella nuova spiritualità che sta nascendo, è necessario vedere nell’unione sessuale (paritetica) del maschile e del femminile un basilare fondamento, oltre che una tecnica di meditazione.

Il sesso tantrico non ha scopo riproduttivo, ma spirituale. Vuole far sperimentare l’unità fondamentale degli opposti, il senso di pienezza e di completezza dello stato originario, vuole riconciliare e superare il dualismo, vuole dare un assaggio d’illuminazione.

Come in un mosaico

Scrivo tanti piccoli pezzi, che corrispondono ad altrettanti pensieri, intuizioni ed esperienze. Ma, proprio come in un mosaico, il senso è nel collegamento tra le varie tessere. E questo, tra analisi e sintesi, è il più difficile da capire.

sabato 26 settembre 2015

L'odio

Tutti sappiamo che cosa sia l’odio. È una forma di avversione verso qualcuno o qualcosa, che suscita emozioni forti di rabbia, di collera, di disgusto, di ira, di irrigidimento, di allontanamento, di separazione.
Ma forse non ci rendiamo conto che ne esiste una forma interiore, una forma repressa, nascosta, disconosciuta, che suscita emozioni come la paura, l’angoscia, l’ansia, la disperazione, la dissociazione, il senso di colpa, il rimorso…
Si tratta di un’energia che, nella sua forma più negativa, finisce per paralizzare e devastare l’anima di chi la prova.
Purtroppo, è una delle due forze che tiene in piedi il mondo: attrazione e repulsione, amore e odio, che sono come le due facce di una stessa medaglia.
Ecco perché ogni invito ad amare è destinato a suscitare il suo contrario e, quindi, a fallire.
Anche Gesù provava avversione verso i farisei e i sacerdoti.
Non è vero che l’odio si possa vincere con l’amore. Inevitabilmente l’uno porta all’altro.
L’odio ha molto in comune con l’amore, proprio perché è una forma di fissazione, di ossessione. Nell’odio e nell’amore pensiamo continuamente ad una persona e ne diventiamo dipendenti: non siamo liberi.
La via migliore non è dunque costringere ad amare (cosa del resto impossibile), ma riconoscere che l’odio-amore è un tutt’uno. E prendere le distanze da entrambi.
Certo, per far questo, è necessario “ultraumanizzarsi”, ossia lasciare andare la nostra vecchia struttura duale e passare allo stadio successivo dell’evoluzione.


I conservatori

Possiamo fermare la crescita? Possiamo fermare il tempo? Possiamo fermare l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza, la vecchiaia? Possiamo fermare la morte?
Possiamo fermare il moto della Terra e delle stelle? Possiamo fermare il divenire cosmico?
Che senso hanno dunque i conservatori? Tutto deve cambiare, andare avanti e rinnovarsi.
I conservatori saranno sempre sconfitti.
In Italia, tra i più conservatori, ci sono i leghisti, che in questi giorni vorrebbero impedire alle scuole lombarde di insegnare la teoria del “gender”.
Vorrebbero negare la verità scientifica: che in ogni uomo si trova una donna e che in ogni donna si trova un uomo. Vorrebbero che esistessero solo maschi-maschi e femmine-femmine (tutte caricature). Vorrebbero negare l’evidenza, vorrebbero ritornare a idee ottocentesche. Vorrebbero che la famiglia fosse quella dell’antichità. Vorrebbero creare muri e discriminazioni.

Insomma, lottano contro i mulini a vento delle loro stesse ossessioni.

venerdì 25 settembre 2015

Lo sguardo dell'astronauta

Se l’astronauta di un pianeta più evoluto del nostro si mettesse ad osservare la nostra Terra e scoprisse che proprio ieri, alla Mecca, sono morti più di settecento fedeli musulmani durante il rito della “lapidazione di Satana”, un mito riferito niente di meno che ad Abramo (una figura leggendaria), penserebbe: “Come sono arretrati. Quanta strada hanno ancora da fare…Morire per un mito…”.
Ecco, ogni tanto anche noi dovremmo adottare lo sguardo dell’astronauta per vedere a che punto di follia sono giunti gli uomini.

Lo sguardo dell’astronauta è lo sguardo del Testimone, che osserva tutto con distacco e imparzialità, da una distanza incolmabile. 

Il senso della vita

Potremmo dare migliaia di definizioni del senso della vita e potremmo scrivere sull’argomento migliaia di opere. Ma non proveremmo comunque il senso della vita. Che va sperimentato direttamente, non pensato.
Ognuno deve fare la propria esperienza. E tutti possiamo farla quando, per esempio, dopo una giornata di pioggia e maltempo, una mattina ci svegliamo e troviamo il sole che splende nell’aria resa limpida dalla perturbazione.

“Della vita
l’essenza è questa:
un’alba di sole
dopo una notte
di tempesta.”

Naturalmente, anche quando piove, anche quando il tempo è brutto, anche quando la cose ci vanno male, la vita dispiega uno dei suoi sensi. Ma non potremmo apprezzarli se non avessimo una visione complessiva e, soprattutto, un’esperienza  positiva del senso della vita, al di là delle parole.
Abbiamo tutti questa possibilità, senza altre ragioni, senza necessità di risorse, senza che si debba fare qualcosa, senza dover compiere imprese eccezionali, senza dover spiegare, senza dover essere particolarmente acuti.

Quando un fiore sboccia o il sole compare o tramonta, la vita dispiega tutto il suo senso.
Non c'è bisogno di nulla. Anzi, ogni cosa in più disturba.

giovedì 24 settembre 2015

La spaziosità


Se versiamo un cucchiaino di petrolio in un bicchiere, l’acqua sarà irrimediabilmente inquinata. Ma se versiamo lo stesso cucchiaino nel mare, l’inquinante si disperderà senza pregiudicare l’ambiente.

Che cosa voglio dire?

Che la vastità del contenitore determina se l’inquinamento sarà più o meno grave. Sarà gravissimo in un piccolo contenitore, ma quasi insignificante in una grande contenitore.

Il contenitore è la nostra mente. Se la mente è piccola e ristretta, i danni provocati dagli inquinanti (le ingiurie del mondo, nonché l’odio, la paura, l’egoismo, l’arrivismo…) saranno notevoli; ma se la mente è ampia e spaziosa, saranno minimi.

Come si fa ad avere una mente spaziosa? Bisogna volare alto, non limitarsi a pensare ai propri problemi, vedersi come parti del tutto, innalzarsi al di sopra del proprio ego, fare il silenzio mentale. Allora gli attacchi provenienti dall’esterno e dall’interno potranno essere neutralizzati. In caso contrario rimarranno dentro di noi e provocheranno danni incalcolabili, arrestando la nostra evoluzione.

mercoledì 23 settembre 2015

La gioia di fondo

Di solito, il nostro amore e quindi la nostra felicità sono condizionati. “Ti amerò se mi amerai… Ti amerò se ti comporterai in un certo modo…” Dunque, il nostro amore e la nostra felicità dipenderanno da qualcun altro. Questo è l’amore passionale e romantico. È come una banderuola al vento e, in ogni momento, può lasciar posto alla mancanza, al tradimento, all’abbandono, alla sofferenza. Sempre legato a sentimenti di reciprocità e di possesso è sempre minacciato dalla paura della perdita.
Ma c’è un amore-felicità che non dipende da alcuna condizione, che non è legato al desiderio, che non vuole cambiare persone e cose, che non cerca un contraccambio.
Scaturisce spontaneamente dal fondamento dell’essere, si applica a tutto, non fa distinzioni, non pretende niente.
Il nostro stato fondamentale è intrinsecamente felice perché ha una natura luminosa, aperta, comprensiva. Siamo noi che lo oscuriamo attraverso mille pretese, mille pensieri e mille sentimenti negativi.

Ma non è qualcosa che si trovi come un oggetto. Solo se smettiamo di interferire con le nostre attività mentali, possiamo recuperarlo.

martedì 22 settembre 2015

La felicità incondizionata

Nella vita abituale, la felicità è legata ad occasioni, incontri, colpi di fortuna, amori, successi, vincite… tutti eventi esterni, in mancanza dei quali ci sentiamo insoddisfatti, mancanti di qualcosa.
Solo la meditazione è in grado di darci una felicità che non è legata a niente, che non dipende da nessuno, che non è condizionata da circostanze particolari. In ogni momento possiamo essere leggeri e trasparenti, felici perché siamo penamente presenti, felici perché dimoriamo nella chiara luce dell’essere.

Questo è l’unico modo per essere felici in modo incondizionato.

Tra nulla e tutto

In certi momenti ci sentiamo spazzatura, persone senza valore, microbi insignificanti, nullità. In altri momenti ci sentiamo tutto.
Ma questo sentirsi tutto non significa gonfiare il nostro ego; significa piuttosto sentirsi collegati al tutto, parti del tutto, microcosmi completi cui non manca nulla.
Sembrano due poli opposti, due situazioni che si escludono a vicenda. Ma, se approfondiamo, anche essere nulla è penetrare in una aperta vastità infinita che può essere tutto.

La logica non ci aiuta; il cuore sì.

Prestare attenzione

Quando parliamo di presenza mentale parliamo di prestare attenzione: alle cose, agli eventi, alle persone, a noi stessi, al fondo assoluto del tutto.
Ma ci sono vari modi e vari livelli di attenzione. Nella vita normale siamo mezzi attenti e mezzi addormentati, qualche volta di più e qualche volta di meno. Se dobbiamo attraversare una strada trafficata, stiamo ben attenti; ma se dobbiamo guardare la televisione, possiamo andare in catalessi.
L’attenzione di cui parliamo è qualcosa di diverso. Un conto è prestare attenzione all’impiegato di banca e un conto è prestare attenzione alla persona di cui siamo innamorati. Qui non perdiamo niente, qui assorbiamo ogni vibrazione, conscia e inconscia.
L’esempio dell’amore non è casuale. Infatti, prestare attenzione è una forma di interesse e di amore.

Essere attenti, essere presenti, è essere pienamente vivi. Ed essere pienamente vivi è essere completi, felici, non mancanti di nulla. 

lunedì 21 settembre 2015

Integrità

Essere integri non significa volere il bene e rifiutare il male, anche perché bene e male si alimentano a vicenda e non sono separabili.
Oltretutto, anche con le migliori intenzioni, non riusciremmo a controllare l’inevitabile alternanza di bene e male.
Allora essere integri significa essere interi, cioè vedere l’insieme di bene e male e porsi prima della loro divisione, della loro interminabile, ineliminabile e irrefrenabile lotta.

Non dobbiamo scegliere il bene, ma vedere l’insieme. Solo così siamo integri.

La conservazione della calma

Oggi siamo bombardati da notizie che arrivano da ogni parte del mondo. E i mass media, per far colpo, per vendere di più, per catturare l’attenzione della gente, scelgono e accentuano le cattive notizie, le sciagure, le disgrazie, i delitti, i crimini. Il risultato è che ci sembra di vivere in un gran brutto mondo e veniamo colpiti da stress.
Se ci rifugiassimo in un paesino e non ascoltassimo radio e televisioni e non navigassimo in rete, ignoreremmo questo diluvio di notizie. E saremmo più sereni.
Non potendo però isolarci dal mondo, dobbiamo in qualche modo corazzarci contro questo bombardamento, stando più attenti alla nostra vita concreta, al momento presente, alla conservazione della calma. Dobbiamo imparare ad apprendere senza farci prendere da crisi di panico e di pessimismo.

E dobbiamo pensare che questo processo di globalizzazione è qualcosa di positivo in quanto segna la nascita di una coscienza mondiale.

Le colpe dei popoli

Per liberarci di Assad, stiamo distruggendo la Siria; per liberarci di Gheddafi, abbiamo distrutto la Libia; per liberarci di Hitler, abbiamo distrutto la Germania; per liberarci di Mussolini, abbiamo distrutto l’Italia…
Quando un popolo cade o si consegna nelle mani di un dittatore o di un autocrate, sarà impossibile liberarlo se non distruggendo gran parte dello stesso popolo. Per liberarci di uno di questi despoti, di un solo uomo, dobbiamo mettere a ferro e a fuoco l’intero paese.
Ma il problema è che il popolo è il primo responsabile. Perché si è fatto sedurre, perché si è affidato ad un accentratore, ad un prepotente, ad uno che si credeva un Padreterno insostituibile. In Italia, per liberarci di Berlusconi, abbiamo subito i danni economici di una guerra durata vent’anni, e ancora oggi paghiamo.

La colpa è dei popoli che non sanno ragionare con la propria testa, di una cultura che non apprezza l’autonomia di giudizio del singolo e che cerca la salvezza in un solo uomo. La colpa è collettiva e si paga collettivamente.

Il matrimonio

Il matrimonio è un tentativo di dare ordine al caos, ingabbiando i sentimenti.

Per fortuna, un tentativo fallito.

domenica 20 settembre 2015

Il controllo dell'energia

Il controllo dell’energia individuale è fondamentale.
Noi siamo solidificazioni temporanee di energia, che diventa autoconsapevole. Non si può far niente senza energia, ma di solito la utilizziamo in modo convenzionale e limitato e seguiamo percorsi già segnati.
Si può percepire l’energia come calore corporeo, come sensazione di benessere, come consapevolezza, come potere personale, come orgasmo…
Attraverso la meditazione, e certe pratiche di Tantra Yoga, possiamo far aumentare l’energia in maniera deliberata, potenziando le nostre capacità e possibilità.
Se ci limitiamo infatti a compiere solo sforzi mentali, potremo trasformarci solo lentamente. Potenziando l’energia, possiamo invece avere cambiamenti veloci e miglioramenti sia sul piano fisico sia sul piano mentale.

Utili sono le pratiche sessuali per il risveglio della Kundalini. Qui la sessualità (senza orgasmo) viene impiegata per aumentare la nostra energia e per favorire la realizzazione della non dualità.

Libertà dagli attaccamenti

Quando diciamo che il mondo non è che apparenza instabile e cangiante, che gli enti sono effimeri e transeunti, che niente ha un’essenza a se stante e che i fenomeni sono sostanzialmente vacuità, non vogliamo indurre al pessimismo e alla passività, ma ad un salutare distacco dai legami e dalle vicende del mondo, ad una gioiosa libertà dall’attaccamento – anche a se stessi.

sabato 19 settembre 2015

L'insoddisfazione

Dobbiamo stare attenti ai nostri disagi, al nostro senso d’insoddisfazione. Perché forse stiamo barattando la vita con il denaro, il successo o la sicurezza.

La meraviglia

Durante un tramonto che illumina il cielo di mille colori. Quando entri in una stanza e la trovi arrossata come da un incendio. Prima dell’alba, quando è ancora buio e tutto è fermo, ma gli uccelli incominciano a cantare…

La contemplazione della natura è sempre un grande koan. Ha un significato che trascende dualità e causalità.
Quando si medita o si contempla, bisogna fare il più possibile il vuoto dei pensieri, perché, quando si incomincia a pensare o a interpretare l’esperienza, finisce l’effetto meraviglia.

L'arte della contemplazione

Non si può predisporre la meraviglia. È un contraddizione in termini.
Ma l’arte della contemplazione consiste proprio in questa impresa impossibile. E in tal senso assomiglia molto all’ispirazione e all’attività artistica.

L’attività artistica è spontanea, ma ogni artista mette a punto determinate “tecniche” e sa riconoscere lo stato d’animo e il momento adatto all’ ispirazione.

Saper guardare

Guardare è molto difficile. Quasi nessuno riesce a guardare a lungo ciò che è troppo grande (o troppo piccolo) per i propri occhi.

venerdì 18 settembre 2015

Corpi di luce


Quando parliamo di sviluppo della consapevolezza, non ci riferiamo solo allo sviluppo della coscienza nella propria vita quotidiana, ad una maggior comprensione di chi si è e di che cosa si fa, ma anche ad una consapevolezza più fondamentale: che tutte le cose sono apparenze, cangianti, effimere e temporanee, che la realtà ha una dimensione più profonda e nascosta, che esiste un rapporto fra il microcosmo dell’individuo e il macrocosmo, che realizzando noi stessi realizziamo la natura essenziale dell’universo,che la divisione fra interno ed esterno è puramente convenzionale, che la dualità è un’illusione, che è possibile vedere se stessi come un gioco di energie, che è possibile cogliere sia lo stato primordiale privo di condizionamenti sia la saggezza che porta alla liberazione.

Però la consapevolezza di cui parliamo non può essere un semplice fatto intellettuale, una scoperta della mente, ma deve essere una vera e propria trasformazione.

Il mondo materiale è la solidificazione di un’energia libera e potente che può assumere qualsiasi forma e configurazione, ma che noi costringiamo in un piccolo corpo e in un piccolo destino. Attraverso lo sviluppo della consapevolezza, attraverso la pratica di una costante consapevolezza, attraverso l’impegno della nostra stessa energia, noi dobbiamo subire una trasformazione che è una liberazione dai vincoli, dai confini e dai condizionamenti e che sfocia in una liberazione non solo della nostra mente ma anche del nostro corpo.

Il corpo è in realtà la solidificazione di un’unica energia, un’energia che ad un certo punto perde il proprio confinamento e si trasforma in luce.

Gestire la consapevolezza è gestire la propria energia, che è parte dell’energia del tutto.
L'illuminazione non è solo un termine metaforico, ma indica una trasformazione concreta della propria energia.

giovedì 17 settembre 2015

La finestra della contemplazione


La finestra è stata inventata per guardare fuori da un ambiente chiuso ed è il luogo privilegiato della contemplazione domestica. Ma, a ben vedere, i nostri occhi sono come finestre attraverso cui guardiamo fuori dal nostro corpo. Gli occhi e anche gli altri organi di senso.
In fondo, il nostro essere è una finestra aperta nell’universo, una finestra attraverso cui noi guardiamo l’universo e l’universo guarda noi. Perché, come indica il termine stesso uni-verso (“l’universo si volta verso se stesso”), senza questo atto di auto-contemplazione, niente esisterebbe.
L’universo si auto-crea osservandosi, guardandosi, contemplandosi, ovvero essendo consapevole di sé.
Scopo dell’uomo è sviluppare questa consapevolezza in un quadro di calma e di chiarezza, dando così il suo contributo all’evoluzione del mondo.
Questo sviluppo della consapevolezza è la meditazione.
La differenza tra meditazione e contemplazione è che la prima è più concentrata sulle esperienze interiori, mentre la seconda è più rivolta al mondo esterno (benché questa differenziazione tra interno ed esterno sia sempre relativa).
Contemplare è guardare con interesse, meraviglia e stupore, dove il rapimento nasce dall’impossibilità di inquadrare le cose viste nelle categorie abituali. È qualcosa che eccede il senso comune, basato su dualismo e causalità. Qual è il senso di un tramonto spettacolare, del cielo stellato sopra di noi, di un’opera d’arte, del mare, di una montagna o della persona di cui ci siamo innamorati? Contempliamo incantati ed estatici, al di là di ogni possibile razionalizzazione.

mercoledì 16 settembre 2015

Sperimentare la morte

Ogni tanto bisognerebbe rischiare di morire (malattie, incidenti…) per riuscire a capire i veri valori della vita. Che non stanno né nel lavoro né nella ricchezza né nel successo, ma negli affetti profondi, nel mangiare, nel respirare, nel far l’amore, nel contemplare le meraviglie della natura.
Bisognerebbe rischiare di morire per capire quale sia l’essenza del vivere.

Ma siccome rischiare di morire è pericoloso, meglio ricorrere alla meditazione che è un modo sperimentale per morire al mondo e a se stessi senza perdere la vita.

Il raccoglimento

A un maestro zen fu domandato: “Qual è l’insegnamento?”
Lui rispose: “Chiedilo alla luna nel cielo”.

In realtà l’insegnamento esiste fin dalle origini nel proprio spirito. Ecco perché, per trovarlo, è necessario raccogliersi.

Le prove dell'esistenza di Dio

Non possono esistere prove dell’esistenza di Dio perché, come ci insegna il metodo scientifico, nessun ragionamento, di per sé, può provare l’esistenza di qualcosa. Può solo ipotizzarla. Ma la vera prova, la dimostrazione decisiva, resta l’esperienza. E di Dio non c’è esperienza.

Il senso del presente

La meditazione è sempre situata nel presente, qui ed ora; ecco perché non può essere rivolta né al passato né al futuro.
Come diceva il fisico J. A. Wheeler, “il passato è una teoria: non esiste se non nelle cronache del presente.” E lo stesso per il futuro.

Il passato è una ricostruzione che facciamo nel presente; e il futuro è una proiezione che facciamo ancora nel presente.

martedì 15 settembre 2015

L'accoglienza


È logico che Gesù accusasse suo “Padre” quando capì che non lo avrebbe aiutato. “Dio mio, Dio, perché mi hai abbandonato?”

È logico che nel 1978 Papa Montini rimproverasse Dio nella sua commemorazione funebre di Aldo Moro. “Non l’hai salvato!”

Per chi crede che tutto sia deciso e sorvegliato da un Dio, anche i mancati interventi appaiono tradimenti. Quanti pregano Dio per avere questa o quella grazia? E quanti la ottengono?

Ma se non credete in Dio – in questa immagine di Dio -, non potete prendervela con lui. Allora, dovete cambiare la vostra comprensione delle cose. Non c’è una volontà che debba imporsi dall’esterno. C’è una volontà nelle cose che voi non avete capito.

Dunque, siete voi che dovete capirla e agire di conseguenza.

E che cosa dovete fare, innanzitutto, per cogliere il senso delle cose? Dovete raccogliervi. Dovete ascoltare e osservare come si svolgono gli avvenimenti.

Se non vi raccogliete, coglierete solo luoghi comuni, come quello di un Dio protettore. E non vi farete accoglienti… della verità.

Le buone intenzioni


Il Papa dice: “Se un convento lavora come un hotel deve pagare l’ICI!” Noi l’abbiamo sempre detto: è una questione di buon senso. Di fatto, molte proprietà della Chiesa (che ha il più grande patrimonio immobiliare italiano) evadono il fisco.

Bisogna ammettere che questo Papa dice esattamente quello uno vorrebbe sentirsi dire.

Peccato alle parole non seguano i fatti. Francesco è come un generale che sbraita ogni giorno ordini di cui il suo esercito se ne frega.

Ma, per i vari mass media, pare che la Chiesa si stia rivoluzionando. Non è così. Sono solo buone intenzioni… di cui è lastricata la via dell’inferno.

lunedì 14 settembre 2015

La trascendenza

Quando parliamo di trascendenza, non ci riferiamo a ciò le religioni chiamano Dio, ma a un livello più profondo e più elevato della normale comprensione mentale.
Si tratta di trascendere la mente con il suo abituale dualismo e la sua tendenza a vedere tutte le cose come enti anziché come processi.
Poiché tutto ciò che diciamo non è Dio, quando ci si chiede: “Credi o non credi in Dio”, è come se dicessimo: “Credi o non credi in una certa immagine di Dio, un Dio definito?”
Un Dio definito non è certo Dio.
Spesso, per credere a un Dio delle religioni, rinunciamo a comprendere la cose con la nostra testa, adottando un pregiudizio, una proiezione antropomorfa. Dobbiamo andare al di là.

Scrive Platone nel Teeteto: “La mente [del filosofo] vola, come dice Pindaro, ovunque, e ora s’immerge nelle profondità della terra, ora ne misura la superficie e ora si solleva in cielo per contemplarvi il corso degli astri.”

Universalizzarsi

Universalizzati con la meditazione! Non pensare ai tuoi problemi individuali. Alza lo sguardo. Guarda il mondo e gli uomini come li guarderebbe un dio dall’alto, vedendo tutta la loro piccolezza, ma anche la loro importanza. E tu fra gli altri.

Disancorati dal tuo io psicologico per universalizzarti ed essenzializzarti. Come diceva Meister Eckhart, “l’uomo interiore sfugge sempre in modo spirituale al suo esser proprio.”

domenica 13 settembre 2015

Fedi pericolanti

Una gru crolla alla Mecca sulla Grande Moschea: uccide almeno 107 persone, alcune delle quali stavano pregando, e ne ferisce 238.
I fedeli delle varie religioni sostengono che Dio vuole una certa religione e certi luoghi di culto. Ma è la realtà che li smentisce. Nessuna chiesa, nessun tempio, nessun fedele riceve una speciale protezione. Eppure, se sei nella tua chiesa e stai pregando il tuo Dio, dovresti avere almeno un minimo di considerazione. Ma non è così che funzionano le cose.

Non è questa la pietra d’inciampo su cui cadono le varie fedi?

L'infinito

L’infinito non è un oggetto, ma un sentimento.

Nessuno potrà mai avere come oggetto di conoscenza l’infinito. Potrà però contemplarlo.
Un animale non ha un'idea di che cosa sia l'infinito. L'uomo sì.

Nel presente

Che cosa significa stare qui nel presente, ora, se non stare su un istantaneo ponte che si stende fra passato e futuro? Con uno sguardo si abbraccia l'insieme.

Il benessere

Il nostro stare bene spesso non dipende dalle circostanze, ma dall’immagine che abbiamo di esse – e di noi in esse.
È la mente che valuta e, valutando, ci dice se le circostanze sono gradevoli o sgradevoli, piacevoli o spiacevoli.

Proviamo a guardare le cose senza emettere giudizi di gradimento o meno. Questa è la particolare virtù contemplativa che chiamiamo equanimità.

Parti del tutto

Non siamo soggetti che contemplano ciò che accade, ma siamo quel “ciò che accade”, il quale ha una certa autoconsapevolezza.
Non siamo un io separato cui accade un’esperienza, ma l’esperienza stessa che è autoconsapevole. È questa autoconsapevolezza che crea l’apparenza della separazione, che divide in due l’esperienza stessa, creando il soggetto e l'oggetto.

Non è facile capire questa osservazione. Ma proviamo a spostare il focus dell’attenzione dall’io al più ampio processo che sta avvenendo. Sentiamoci parte del tutto. Universalizziamoci.

sabato 12 settembre 2015

La spirtualità del futuro

Per favorire l’evoluzione dell’uomo, individualmente e collettivamente, non c’è altra via che lo sviluppo della consapevolezza. Ne conoscete un’altra?

E dunque la nuova spiritualità non potrà più basarsi sull’imposizione e sull’obbedienza acritica ai presunti comandamenti di un despota universale, rappresentato e mediato da qualche figura terrena, ma non potrà che fondarsi sulla meditazione, intesa come una pratica per lo sviluppo intensivo della consapevolezza, come un metodo intenzionale di prestare attenzione, come una tecnica per abbreviare i tempi dell’evoluzione.

La vecchia religione

È la religione tutta esteriore delle caste sacerdotali professionali, delle chiese sfarzose, delle opere d’arte che devono colpire l’immaginazione, dei giubilei affaristici, dei Principi della Chiesa, dei Papi dittatori, uomini di potere, ricchi e politici, dei preti che si arrogano il potere di assolvere i peccati… tutte cose che non hanno niente a che fare né con l’interiorità né con la coscienza.

La religione che non vuole e non può che i fedeli sviluppino una propria consapevolezza, una propria capacità di giudizio; ma vuole imporre dogmi e il culto della personalità.

I due volti del cristianesimo

Il Papa che invita tutte le parrocchie ad accogliere un profugo e un parroco del savonese che dichiara: “Migranti qui? Piuttosto brucio la parrocchia!”. I due volti del cristianesimo.

Quale sarà il volto maggioritario di questa vecchia religione non più al passo dei tempi?

venerdì 11 settembre 2015

L'evoluzione della coscienza

È stata data la notizia della scoperta di ominidi risalenti a due milioni di anni fa. Sono brutti, poco più che scimmie, ma già più evoluti degli altri animali.
Chi medita, chi pratica la consapevolezza e la presenza mentale, e non vede risultati apparenti, pensi che anche un solo attimo di assenza di odio, desiderio, avidità e illusione, solo un momento di questo nirvana, è un importante mattone dell’evoluzione dell’umanità verso uno stadio in cui gli uomini saranno più saggi e più nobili.
La meditazione può essere intesa come la volontà intenzionale di prestare attenzione. L’ominide di due milioni di anni fa non avrebbe neppure capito di che cosa stiamo parlando. Noi sì.

Anche da questo si misura il salto evolutivo e il suo lento ma continuo avanzamento.

La spinta fondamentale

Come mai non impariamo nulla dalle guerre? Come mai continuiamo a distruggere, a uccidere e a violentare, oggi come ieri? Come mai esseri così intelligenti, capaci di costruire computer e astronavi, non sono capaci di capire la nocività della violenza?
Proprio perché sono sospinti da una forza che li sovrasta. E una forza non può essere dolce.
La forza dell’evoluzione, la forza creatrice, la forza conquistatrice, la forza sessuale… anche l’intelligenza parte da questa forza. Anche per essere buoni ci vuole forza.
Senza forza, senza violenza, senza conflitto, senza guerra, senza “male”, l’uomo non sarebbe mai emerso dal magma indistinto del divenire.
Ancora una volta ci confrontiamo con l’impossibilità dell’esistenza di un Creatore perfetto.

Ciò che è male, in realtà è l’espressione di una spinta evolutiva che non è gentile, che non è bonaria, ma già prevede la violenza come sua forza fondamentale.

Il robot uomo

Se io costruisco un robot che ha una difetto, la colpa è mia, non sua. Sono io che l’ho fatto male.
Lo stesso è il rapporto tra il presunto Creatore e l’uomo. Se l’uomo ha dei difetti, la colpa è del costruttore.
Certo, per costruirlo libero, deve avere la possibilità di sbagliare. Ma, comunque, questa possibilità di sbagliare gliela dà il costruttore, è già nella mente del costruttore. Infatti, io posso costruire una macchina che non sbaglia; magari può rompersi, ma non può andare contro le regole che gli ho dato.
Ecco perché la possibilità di fare il male contrasta con l’idea di un Creatore perfetto. Il male è già nel Creatore. Il che è evidente se esaminiamo il procedere delle leggi evolutive, con la loro violenza e ingiustizia.
Naturalmente possiamo pensare che il cosiddetto "male" sia in realtà una necessità e che male e bene siano semplicemente le due facce di una stessa medaglia.
Tutto questo ci porta a concludere che l’uomo non è stato costruito da un Dio perfetto, ma è un prodotto del cosmo.

Non è creato dal nulla. Coemerge

giovedì 10 settembre 2015

La trasmissione dell'identità

Per noi occidentali è praticamente impossibile accettare letteralmente le idee orientali sulla reincarnazione. L’ipotesi che ci sia un’anima che si reincarna da una vita all’altra, in assenza di prove, rimane puramente teorica.
Perfino il buddhismo accetta questa idea, ma lo fa con contrarietà. Il problema del buddhista, infatti, non è rinascere da una vita all’altra, ma smettere completamente di rinascere e liberarsi definitivamente. Verso che cosa? Nessuno può rispondere razionalmente. Il Buddha diceva che questo stato di nirvana, di estinzione, non era un nulla, ma pur sempre qualcosa. Comunque qualcosa che non è concepibile ora con questa nostra mente.
Ritorniamo quindi nel campo delle teorie.
Noi siamo ben ancorati al nostro io attuale, e siamo convinti che non rinasceremo. Tutt’al più crediamo vagamente ad un’altra vita, che si fonderebbe comunque sulla conservazione del senso dell’identità. Viviamo e lottiamo con questo nostro io e abbiamo una chiara sensazione di avere un’identità, bella o brutta che sia.
Siamo convinti che, anche in caso di reincarnazione, il fatto di non ricordarci le identità precedenti, invalidi ogni utilità, ogni credibilità.
Qualcosa però possiamo accettare. È evidente che qualcuno ci ha dato la vita: sono i nostri antenati, che indubbiamente ci hanno trasmesso qualcosa, non solo un patrimonio genetico, ma anche un insieme di doti psicologiche e intellettuali. Sappiamo di non essere nati dal nulla, ma da una catena ininterrotta di predecessori. Loro ci hanno consegnato l’io e noi a nostra volta lo trasmetteremo ai nostri successori. Ma l’io, di per sé, non sarà più lo stesso; sarà un altro, pur in una certa continuità. Sarà un individuo unico.
Resta la constatazione che siamo tutti imparentati, che siamo tutti variazioni di un sé che sembra avere una stessa origine. Quello che dunque è importante non è il fatto di essere o non essere reincarnazioni di qualcuno (in un certo senso lo siamo e non lo siamo), ma come riusciremo a raccogliere il testimone, a rielaborarlo, a migliorarlo e a trasmetterlo ad altri o ad un altro noi stesso. Ciò che conta è cosa facciamo ora e qui, in questo presente.

Tutto il resto è materia di riflessioni, di illazioni, di sensazioni, di fedi.

mercoledì 9 settembre 2015

Gli eternalisti

I saggi e gli illuminati di ogni tradizione concordano su un punto: che tanto male derivi dall’egoismo umano, dalla convinzione di essere un individuo che possiede cose e persone, che dice sempre “questo è mio”; e che le angosce nascano dalla certezza che tutto ciò – i possedimenti materiali e immateriali e lo stesso io – un giorno andrà perso.
Come è possibile rimediare a questo stato di cose, com’è possibile far uscire l’uomo dal suo egoismo?
Ci riescono meglio le dottrine che credono all’immortalità dell’ego (anima) o a quelle che mettono in discussione proprio la sua consistenza?
Se io dico che l’ego è eterno, come posso poi uscire dall’egocentrismo? Anche l’io verrà visto come un possesso. “Io sono mio, io possiedo un ego.”
Se invece dico che l’io è solo un nodo che emerge temporaneamente da una rete di condizioni, e che non ha uno statuto proprio, come posso sostenere che sia “mio”?
Niente è veramente “mio”, niente mi appartiene, niente è “io”. E non perché l’io sia nulla, ma perché è parte del tutto ed esiste in relazione con il resto del mondo. Il mio io non è solo il corpo e la mente, ma anche l’ambiente, gli altri, il cielo, il sole, la galassia e l’universo.
Parlare di “tutto” o di Dio – in quanto Essere separato – fa una grande differenza, perché il tutto non è distinto da me, mentre Dio…
Se rigettiamo la posizione degli eternalisti (che vedono enti eterni dappertutto), non dobbiamo neppure cadere nella posizione opposta dei nichilisti, per i quali non esiste niente.
No, le cose, gli individui, esistono, ma sono come le increspature dell’acqua o suoni che vibrano per qualche attimo nel concerto universale. Devono però finire. E dove finiscono?

Non nel nulla. Ma nel tutto. Il problema è che sono proprio le idee eternaliste (inevitabilmente egocentriche) che ci impediscono di abbattere le barriere e defluire nell’infinito.

martedì 8 settembre 2015

Riforme papali

Papa Francesco rende più rapide e meno costose le procedure per dichiarare la nullità dei matrimoni celebrati in Chiesa.

Ma la dottrina resta sempre la stessa: si può far fesso anche Dio.

La reattività come schiavitù

Mi domandano di approfondire il discorso sulla reattività.
La reattività consiste in schemi ripetitivi che ci portano a reagire sempre in un certo modo. Si tratta di meccanismi nati nell’infanzia e consolidati nel tempo – diciamo che sono ciò che costituisce il nostro io abituale, quei modelli di comportamento che, proprio perché ricorrono continuamente, ci danno l’idea di avere un nucleo solido come io. In realtà, è un nucleo di abitudini, spesso dannosi.
La reattività è utile quando si deve reagire istintivamente ad un problema, ad una minaccia, ad un pericolo; ma diventa un potente condizionamento quando si trasforma in uno schema che ci soffoca, che ci fa ripetere le risposte, che non ci permette di rinnovarci, che ci tiene ancorati al passato.
È un po’ come il problema dello stress: all’inizio la tensione e il senso di allarme nasce per difendersi da una vera minaccia, ma a poco a poco diventa una risposta sproporzionata a qualsiasi problema e quindi una sofferenza intollerabile, non più giustificata.
Ognuno sa quando questi schemi sono deleteri: quando per esempio sono reazioni date dall’odio, dall’invidia, dalla rabbia, dalla gelosia, dalla paura, dall’ansia, dal pessimismo, dalla timidezza, dall’aggressività, dall’irresponsabilità, dal desiderio, dall’infatuazione, dall’illusione, dal masochismo, dall’auto-critica ossessiva, dalla dipendenza, ecc. L’individuo non sa come liberarsene e continua a commettere azioni che lo danneggiano.
In realtà è come se fosse schiavo di qualcuno che lo comanda in tutto e per tutto, che lo controlla e gli dice che cosa fare.
Si tratta quindi di un problema di libertà. Dobbiamo uscire dalla coazione a ripetere.
Per liberarsi da queste reazioni ripetitive, la prima arma è esserne consapevoli. Non basta fare meditazione seduti su un cuscino; è necessario guardarsi muovere durante tutta la giornata e prender nota dei momenti in cui diamo risposte condizionate. Se per esempio, il nostro problema è la reazione rabbiosa, dobbiamo incominciare a cogliere tutti i momenti in cui cediamo ad essa. “Ecco, questa è la rabbia.”
Poi dobbiamo riflettere: perché arrabbiarsi? Ne vale la pena? Mi fa bene o mi fa male? Potevo rispondere in modo diverso, potevo restare calmo? Che cosa ha prodotto questa reazione? Ha risolto il problema o lo ha complicato e replicato?
Non è vero che siamo costretti a reagire sempre allo stesso modo.
Proviamo a porre una pausa, un’intercapedine, un intervallo… tra l’input e la reazione. Contiamo per esempio quatto o cinque respiri oppure ripetiamo mentalmente: “Ecco, questa è la rabbia.”
Ricordiamoci dei momenti in cui, durante la meditazione, raggiungiamo stati di calma. La respirazione rallenta, la tensione diminuisce, la pressione si abbassa, lo stress si riduce…
Domandiamoci: voglio essere padrone di me stesso o voglio che gli altri siano padroni di me? Perché di questo si tratta: di rientrare in se stessi dopo esserne “usciti”.Non a caso si dice: “Essere fuori di sé”.
Più in generale, la vera arma è la consapevolezza e il vero nemico è il nostro stato di condizionamento. L’io non è altro che un fascio di condizionamenti. Più condizionamenti eliminiamo, più ci avviciniamo alla meta della meditazione: la liberazione.

Liberarsi in senso meditativo significa liberarsi dei condizionamenti.

lunedì 7 settembre 2015

Diventare autonomi

Quando siamo piccoli, è confortante sapere che, anche se chiudiamo gli occhi o ci addormentiamo, i nostri genitori non spariranno, ma saranno ancora lì a sorvegliarci e ad aiutarci.
Però, quando più tardi capiamo che anche loro un giorno spariranno per sempre e non potranno più aiutarci, la cosa fondamentale non sarà credere che essi esistano ancora in qualche aldilà, ma che la nostra vita, il nostro benessere e il nostro equilibrio non dipendono più dall’esistenza fisica dei genitori, ma dalle nostre stesse mani.
Anzi, dei buoni genitori devono abituarci a questa eventualità e devono insegnarci ad essere autonomi. Se non lo facessero, sarebbero dei pessimi genitori e avrebbero generato dei figli incapaci e infelici.
I nostri Padri eterni e le nostre Madonne sono certamente proiezioni dei nostri genitori. E le religioni rendono un pessimo servizio all’umanità favorendo idee illusorie su queste figure. La cosa fondamentale non è credere in queste entità fantasmatiche, ma poter contare, nelle nostre vite, sulle nostre forze.

Insomma, credere in questi Iddii è un segno di mancata crescita. Gli uomini forti non si appoggiano su idee illusorie e guardano in faccia la realtà.

Dipendenze psicologiche

Se tutto ha una causa, allora non possiamo concludere che ci dev’essere una Causa prima: è un argomento auto-contraddittorio sul piano logico. Se tutto ha una causa, non può esserci una Causa prima.

Ma gli uomini hanno bisogno di un Dio anche sul piano psicologico, per sentirsi sicuri, seguiti e accuditi. È per questo che hanno bisogno di una psicoterapia che li liberi da questa dipendenza, che è deleteria come tutte le dipendenze.

domenica 6 settembre 2015

Il non-luogo della consapevolezza

Siamo continuamente bombardati da percezioni, sensazioni, emozioni, sentimenti, volizioni e pensieri di ogni tipo. Con questi strumenti ci sembra di cogliere la realtà, ma in effetti siamo noi a ricostruirla. Partendo dalle più semplici percezioni arriviamo a concepire “oggetti” che sono nostre esperienze. Non possiamo dunque dire che cosa ci sia “là fuori”, nel mondo, anche perché noi e il mondo siamo interconnessi e ci influenziamo a vicenda in mille modi.
Però ne siamo consapevoli. Questo è importante. La consapevolezza non è coinvolta nelle nostre percezioni. È qualcosa che sta al di sopra o al di sotto, sempre presente e sempre distaccata. Per sua natura è tranquilla, trasparente, non-coinvolta e chiara.

Se vogliamo quindi sfuggire alla sofferenza, alla tensione, alle interpretazioni, un posto in cui rifugiarci lo abbiamo sempre.

Il Legislatore

Se Dio fosse uno che dice: “Queste sono le mie leggi. Obbedite o vi punirò… Qui comando io!” non sarebbe nient’altro che un despota.
Ci sono le leggi. Ma nessun legislatore. È questo che va capito.
Com’è possibile? Tutto sembra avere una causa.
Ma il punto è proprio questo. Se tutto ha una causa, anche la cosiddetta “causa prima” non può esistere. Il processo è infinito.
In origine non c’è un essere, un ente, un agente, un soggetto… c’è un processo che è infinito, nel senso che non ha né capo né coda, né inizio né fine.
Dunque, è la domanda “che cos’è?” che non può cogliere l’oggetto, la “cosa”. Perché all’origine non c’è un ente.
È la nostra mente, che nel tentativo di inquadrare, reifica. È lei che cosifica ed entifica.
Lo vediamo bene nel concetto di io. Ci sembra di avere un io definito e separato. Ma non sappiamo dove incomincia e dove finisce, che cosa include e che cosa esclude. Se oggi è fresco, dopo un periodo di caldo spossante, e mi sento bene, vuol dire che il clima ha inciso su di me, vuol dire che il clima fa parte del mio io. In realtà il mio io arriva fin dove arrivano i miei sensi.
Dunque, neppure l’io è una cosa, un ente; ma un processo. Il mio io è una costruzione mentale, una “centrificazione” apparente e comunque temporanea. Una formazione provvisoria.



sabato 5 settembre 2015

Gestire la rabbia

Chi in ogni occasione perde la calma e si arrabbia è come una marionetta i cui fili sono tirati dagli altri. Non è padrone di se stesso, perde la testa, è “fuori di sé”. Dimostra che è condizionato dall’automatismo degli istinti.
Sbaglia chi reagisce alla rabbia con la rabbia. Di fronte alla rabbia, bisogna reagire con calma, pazienza e consapevolezza.
La meditazione ci insegna prima di tutto ad attendere qualche secondo, a chiederci: “Che sentimento si sta impadronendo di me?” e a mantenere l’equilibrio mentale.
Chi non si arrabbia di fronte ad una provocazione ottiene un triplice risultato. Rimane libero di scegliere la risposta migliore, conserva il proprio benessere e non aumenta l’aggressività altrui.

Una volta il Buddha fu insultato da un tizio che lo odiava. Lui rimase calmo. Poi spiegò: “Chi ti insulta con rabbia è come uno che ti getti della polvere contro vento: gli ritornerà addosso”.

Ateismo compassionevole

Di fronte a certi orrori nel mondo, qualcuno non crede a Dio per… salvargli la faccia.