mercoledì 6 dicembre 2017

Un insolito silenzio

Ogni domanda deve avere la sua risposta: questo è il criterio cui siamo abituati. Anche le nostre conversazioni seguono uno schema del genere: non ci dev’essere un vuoto. Tu parli, io interloquisco; tu fai un’affermazione, io contraddico. Se ti incontro devo dirti “ciao!”, se ti lascio devo dirti “arrivederci!”, se siamo in due dobbiamo parlarci…non possiamo lasciare spazi vuoti.
Queste sono le convenzioni umane. Ma sappiamo anche che ci sono domande che non hanno risposte e che ci sono rapporti che avvengono al di là delle parole e delle regole dell’educazione o della sintassi.
Esiste dunque il silenzio – un silenzio che è gravido di incertezze, al di là delle regole e delle convenzioni, al di là del senso e del non-senso.
Non è detto che il senso debba ridursi ad un significato circoscritto. Ed è proprio lì che traspare l’oltre.
“Potrò mai incontrare qualcuno con cui comunicare senza parole?” si domandava Chuang-tzu.
In realtà succede spesso. Si può comunicare anche in silenzio.
Ma si può parlare del silenzio?
È quello che sto facendo adesso. Lo evoco. Ma non so che cosa percepisca chi mi legge. Percepisce il silenzio o si limita a pensare, cioè a rispondere e a conversare mentalmente?
Esistono tante forme di silenzio, e quasi tutte vengono annullate dal rumore, esteriore e metale.
Ma c’è un silenzio che può essere percepito anche in mezzo alle peggiori forme di rumore, esteriore e mentale.
Si tratta appunto del silenzio interiore, oltre i suoni e le chiacchiere esteriori e mentali.
Questo è il campo della meditazione.

Quando trovate questo silenzio, siete in meditazione.

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