Non
è che Buddha, Leopardi, Schopenhauer o Platone (nel mito della caverna) siano
pessimisti. Vedono chiaramente che gli uomini sono per lo più infelici, perché
sono schiavi, perché sono condizionati da leggi non benevoli ma feroci.
E
tuttavia credono di poter raggiungere la felicità. Sono dunque illusi.
Potranno
trovare brevi scampoli di felicità, ma non una felicità duratura.
Sono
illusi perché la vita ha bisogno di illusioni e di droghe per andare avanti.
Se
gli uomini vedessero la vita così com’è nella sua brutalità, non avrebbero più
la volontà di vivere. È quello che succede
nelle nostre società occidentali, dove ci si riproduce molto meno. La sovrappopolazione
è altrove: nelle società del terzo mondo, dove non c’è tempo per riflettere. Ma
più si riflette, più si sviluppa una vera consapevolezza del nostro stato, meno
ci si riproduce. Cadono sempre di più le illusioni.
È
per questo che nella storia si alternano periodi di luce e periodi di oscurantismo,
corsi e ricorsi storici. Quando incominciano a cadere le illusioni, la vita,
che è astuta, crea dittatori e nuove guerre, in modo che si smetta di pensare.
E ritorna l’oscurantismo politico e religioso.
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