“Respiro”
e “spirito” hanno la stessa origine etimologica. Ecco perché la prima forma di
meditazione – che è spiritualità per eccellenza (da non confondere con la religione)
– è seguire il respiro. Seguire il respiro, esserne consapevoli, lasciarlo
calmare è dunque un’attività spirituale.
Non
si deve forzare il respiro (come si fa nello yoga): basta focalizzare l’attenzione
sulla respirazione, per esempio a livello di addome/pancia, di narici, di
polmoni o di naso. In tal caso la respirazione ha un proprio suono, che è il
primo mantra naturale.
Sembra
facile, ma non lo è: provate a calcolare per quanti secondi riuscite a seguire
il respiro senza distrarvi, senza che entrino in campo altri oggetti o altri
pensieri.
Ma,
comunque sia, seguire il respiro, lo calma. E, calmando il respiro, si calma lo
spirito.
E
la calma dello spirito è il portale non solo dell’organismo psicofisico, ma
anche della nostra trascuratissima anima, che può così affacciarsi spontaneamente,
senza che la nostra solita violenza dei pensieri e degli stati d’animo la
faccia ritrarre di nuovo.
Se
non sapete come fare, svolgete prima un lavoro faticoso (per esempio correre),
in modo che il cuore si metta a battere più forte del normale e poi fermatevi
ad osservare come il respiro si calmi a poco a poco.
Questo
processo di acquietamento riporta in primo piano anche la vostra anima, che non
è un concetto astratto, ma qualcosa di molto reale. Il cammino della
spiritualità è anche quello della salute psicofisica, dell’equilibrio, della
quiete e del recupero della propria anima, sempre bistrattata. E il cammino del recupero della proprio anima è il cammino del risanamento e del progresso spirituale.
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