mercoledì 29 aprile 2020

La vita eterna


Quando uno muore, esiste forse ancora per se stesso?
Ora, noi ci disperiamo se una persona cara perde la vita e non ha più coscienza di sé. E vorremmo che ci fosse un’altra vita, un altro piano di esistenza dove ci fossero altre opportunità di essere felici (o di essere puniti). Se però la vita potesse continuare all’infinito sotto una forma o l’altra, non riusciremmo mai a liberarci della sofferenza, della parte maligna dell’essere.
Anche nel linguaggio comune, di un morto si dice: “ ‘Ha smesso di soffrire’, oppure ‘ha raggiunto la pace’ ”. Ma, se uno ha smesso di soffrire, perché mai dovremmo augurargli di continuare a farlo in un’altra vita, che potrebbe essere sì paradisiaca ma anche infernale (o entrambe le cose)?
Se esiste uno stato eterno, non può essere un’esistenza con nascita e morte, con un ego, con una coscienza, con il tempo e con lo spazio. Non si può riposare in pace finché c’è un’esistenza di questo genere.
Se dunque pensiamo che un’anima sia andata in cielo o si reincarni, non è del suo bene che ci preoccupiamo, ma del nostro bene, del nostro dolore, del nostro bisogno, della nostra mancanza.

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