giovedì 9 aprile 2020

Essere il Testimone


Porsi in uno stato di testimonianza significa non essere toccati dalle vicende dell’io fenomenico, con il suo corpo e la sua mente. Già nella Mundaka-upanishad si accenna a due begli uccelli, intimi amici, che stanno appollaiati sullo stesso albero e, mentre l’uno si nutre dei frutti dolci e amari di questo albero della vita, l’altro contempla distaccato.
Con questa immagine si allude ai due stati o alle due dimensioni dell’uomo: da una parte l’ego completamente coinvolto che fruisce dell’esperienza del mondo e dall’altra il Sé che immoto osserva le azioni del primo senza farsene catturare.
Questo discorso delinea anche l’atteggiamento contemplativo, in cui il soggetto ferma il proprio coinvolgimento e lo osserva - osserva se stesso come attore.
Ora, finché l’uomo si fa trascinare nel mondo, è soggetto al piacere e al dolore, alla vittorie e alla sconfitta, alla gioia e all’infelicità – e soprattutto al ciclo del nascere e del morire. Quando invece si fa Testimone distaccato, non solo esce dall’elemento negativo di ogni antinomia, ma raggiunge la propria identità ultima, quella che non appartiene più al mondo bensì all’eterno.
Ognuno di noi, se dotato di consapevolezza e introspezione, può addestrarsi a questo continuo trascorrere fra coinvolgimento e non coinvolgimento, solidificando sempre più la parte non mortale di sé.

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