giovedì 30 aprile 2020

Metafisica


Il mondo è come un grande sogno collettivo, non molto dissimile da quelli che facciamo di notte e che svaniscono il mattino. E in questo sogno ci sono due convinzioni illusorie: che siamo questo corpo e questo io, e che possiamo raggiungere nell’esistenza una condizione stabile di pace.
In realtà, per trovare una pace duratura, è necessario andare al di là tanto del corpo-mente quanto della stessa coscienza di essere. Allora non ci sarà nessun desiderio di essere felice perché non ci sarà nessun ego a soffrire, nessuna restrizione, nessuna strozzatura, nessun dualismo, nessuno che sogni.

mercoledì 29 aprile 2020

La vita eterna


Quando uno muore, esiste forse ancora per se stesso?
Ora, noi ci disperiamo se una persona cara perde la vita e non ha più coscienza di sé. E vorremmo che ci fosse un’altra vita, un altro piano di esistenza dove ci fossero altre opportunità di essere felici (o di essere puniti). Se però la vita potesse continuare all’infinito sotto una forma o l’altra, non riusciremmo mai a liberarci della sofferenza, della parte maligna dell’essere.
Anche nel linguaggio comune, di un morto si dice: “ ‘Ha smesso di soffrire’, oppure ‘ha raggiunto la pace’ ”. Ma, se uno ha smesso di soffrire, perché mai dovremmo augurargli di continuare a farlo in un’altra vita, che potrebbe essere sì paradisiaca ma anche infernale (o entrambe le cose)?
Se esiste uno stato eterno, non può essere un’esistenza con nascita e morte, con un ego, con una coscienza, con il tempo e con lo spazio. Non si può riposare in pace finché c’è un’esistenza di questo genere.
Se dunque pensiamo che un’anima sia andata in cielo o si reincarni, non è del suo bene che ci preoccupiamo, ma del nostro bene, del nostro dolore, del nostro bisogno, della nostra mancanza.

Il gioco delle coppie


Puro-impuro, alto-basso, bene-male, giusto-ingiusto, piacere-dolore… tutte queste coppie di opposti sono prodotti della mente (non solo umana). E noi viviamo in base a queste categorie, cercando quello che ci sembra positivo e gradevole ed evitando quello che ci sembra negativo e sgradevole. Ma è evidente che i due estremi di ogni coppia esistono l’uno in funzione dell’altro, e non sono assolutamente separabili.
Se prendiamo per esempio la coppia amore-odio, ogni amore è pronto a trasformarsi in odio quando scopriamo che l’altro ci tradisce o che ci condiziona pesantemente, e ogni odio nasconde un’invidia e dunque un’ammirazione profonda.
Ora, mentre l’uomo comune oscilla continuamente tra i due estremi senza mai trovare pace, il saggio tiene d’occhio l’insieme prendendo le distanze da entrambi. Questa è la saggezza. Non coinvolgersi troppo negli schieramenti contrapposti e guardare con distacco lo spettacolo del mondo che si rivela una specie di gioco, una commedia-tragedia, un sogno o una rappresentazione continuamente instabile.
Quando si cerca la pace e la stabilità, bisogna guardare oltre questo piano della realtà, contrassegnato da ego, da senso dell’essere e da coscienze, sempre divise e sempre in lotta contro le altre e interiormente.
Ogni individuo nasce da una coppia e porta sempre con sé un dualismo di base.

martedì 28 aprile 2020

Il Dio della vita


Se c’è un Creatore, è evidente che lavora solo all’ingrosso e che non si cura del singolo. Il suo scopo è portare avanti la vita, costi quel che costi. E, se per portarla avanti, deve sacrificare qualche individuo o anche tanti, non se ne preoccupa.
Siamo tutti semplici mezzi, vuoti a perdere, usati, strumentalizzati e infine scartati.
Questo è l’unico Dio che vediamo in azione: la prepotente forza della vita. L’altro Dio, quello compassionevole e paterno che dovrebbe curarsi di ciascuno di noi, è solo un nostro desiderio, un nostro sogno, una nostra illusione.

Santi inutili


In molte parti d’Italia esiste il culto di santi che in passato avrebbero fatto sparire questa o quella epidemia, e ogni anno si organizzano processioni con grandi assembramenti. Ma quest’anno tutto è vietato perché le processioni potrebbero diffondere il contagio.
Così si è scoperto che questi santi sono del tutto inutili, per non dire dannosi.
La religione è molto in ribasso.


domenica 26 aprile 2020

Il Disegno intelligente, ma non buono


Per i fisici, l’Universo sembra meravigliosamente ordinato e sembra rispettare leggi precise. E questo ci fa pensare a un superiore Disegno intelligente. Ma, a parte il fatto che la fisica quantistica ci dà un’immagine diversa che ci porta dal determinismo alla probabilità, le leggi morali non sembrano più così meravigliosamente ordinate e precise – e soprattutto giuste. Il disegno che vediamo in azione è quanto di più indifferente e feroce ci sia. Come succede in certi individui, l’intelligenza non è accompagnata dalla carità.
Il che è paradossale se si pensa che il Dio delle religioni dovrebbe essere colui che premia il buono e castiga il cattivo. Ma in questo mondo vediamo spesso il contrario: è il più forte e il più spietato che ha la meglio.
Se il mondo fosse governato da un Principio etico superiore, sarebbe facile stornare da noi certe incomprensibili sofferenze: basterebbe comportarsi bene e rispettare tutte le leggi morali. Ma non è affatto così: anche il migliore di noi viene colpito. Questo significa che il mondo non è sorretto da un principio etico e che le cose avvengono in base a un principio deterministico su cui il bene e il male non hanno alcuna possibilità di intervenire.
Insomma il cosiddetto creato sarà intelligente, ma non ha niente a che fare con il bene e il male così come li intendiamo noi.

Realtà e rappresentazione


Noi tutti sappiamo di esistere e di dover morire – ecco due cose certe. E sappiamo, benché in modo confuso, chi siamo. Abbiamo cioè la convinzione di avere un certo corpo e una certa personalità.
Ma che cos’è quest’ultima convinzione se non un’idea? Non è sicuramente qualcosa di solido e di permanente. È un’idea che abbiamo di noi stessi, magari parziale, magari sbagliata. È un’interpretazione.
La verità è che noi stessi siamo per noi stessi un’immagine, una rappresentazione. A volte ci sembra di essere una certa cosa e altre volte ci sembra di essere qualcos’altro. Ma non possiamo dire quale sia l’immagine vera.
Miliardi di immagini, miliardi di forme, miliardi di persone, miliardi di io, miliardi di rappresentazioni, miliardi di maschere… sul vasto palcoscenico della vita.
Ma chi è che assume queste forme, chi è il soggetto ultimo?
Non può essere un semplice soggetto, uno fra i tanti che possono essere pensati e oggettivati. E non può essere esistente come esiste adesso una persona. È qualcosa al di fuori dello spazio-tempo, al di fuori di questo terribile mondo condizionato e violento, al di là d’ogni immagine o rappresentazione.
La domanda da porsi è allora questa: chi è ciò che indossa le maschere della vita, della persona che nasce e che muore? A questo ciò dobbiamo aderire, non alle sue rappresentazioni teatrali.

sabato 25 aprile 2020

La fame di vita


Tutti ci rendiamo conto che la fame di vita è la forza più potente del mondo. Ogni essere vivente risponde a questo istinto: vuole riprodursi e vuole vivere il più a lungo possibile. Ma le forme di vita sono state messe in conflitto fra di loro, con il risultato che la vita di una dipende dalla distruzione dell’altra o delle altre.
Quindi la fame di vita ha una sua carica distruttiva. Se non viene controllata finisce per annientare gli altri esseri, il pianeta e gli individui stessi.
Sì, c’è qualcosa di altamente negativo nell’esistenza – non è solo il frutto di una Forza benigna. Come si dice, non è tutto oro quel che riluce.
Gli stessi esseri umani, dopo aver semidistrutto la Terra, ora sognano di andare a fare lo stesso trattamento su qualche altro pianeta.
Il fatto è che la fame d’essere si confonde con la fame di acquisire. L’ “io sono” si trasforma nell’ “io ho” e… voglio avere sempre di più.
Dire “io sono un corpo” è come dire “io ho un corpo”, come se si trattasse di una proprietà, da conservare e allargare, come se si trattasse di un conto in banca. La vita risponde alla logica dell’acquisizione e del possesso, al meccanismo dell’ego e dell’egoismo, alla schiavitù del bisogno e del desiderio.
C’è qualcosa di male in questo? Purtroppo sì. Il mondo non è stato fatto per i puri di cuore.
Io non faccio filosofia. Io osservo.

giovedì 23 aprile 2020

Chi conosce il conoscitore?


Quando le cose ti vanno bene, provi una sensazione di conforto; quando ti vanno male, provi una sensazione di dolore e sofferenza. Per un po’ sei sereno e subito dopo sei confuso. Raramente sei felice, più spesso sei infelice o angosciato. E così sempre: su e giù.
Ma di che cosa si tratta? Di sensazioni. Tu ti identifichi con un fascio di sensazioni altalenanti, impalpabili, effimere, transitorie, cangianti. Troppo poco per costruire un nucleo solido e permanente. E, infatti, non sai chi sei, quale sia la tua vera identità.
La verità è che non sai chi sei, un po’ l’uno e un po’ l’altro.
Ma chi è colui che non lo sa?
Ebbene sei proprio colui che non sai di essere, quello di cui non sei cosciente. Tu sei la consapevolezza di questo. E non puoi farne un oggetto di conoscenza razionale.

Questione di virus


Ce la prendiamo con i virus, che ci sembrano e sono distruttivi. Ma noi chi siamo?
Adesso che gli uomini sono fermi per l’epidemia di un virus, gli animali ricompaiono nelle nostre città, le acque diventano più chiare e l’aria è più pulita.
Chi è il peggior virus di questa Terra?

Fuochi d'artificio


In campo spirituale, spesso parliamo di “ottenere qualcosa,” di “seguire una via” o di “raggiungere una meta.” Ma, secondo l’Advaita Vedanta, la verità è che ciò che cerchiamo lo abbiamo già e che il percorso è solo apparente.
L’idea che esista una via nasce dalla nostra concezione dello spazio-tempo. Ogni cosa, per noi, ha un’estensione, un percorso, una durata.
Evidentemente, il punto Alfa originale, senza spazio e senza tempo, si è espanso di colpo, creando le varie vie, i destini. Ma, se ritornassimo alla sorgente, scopriremmo che i percorsi e le mete sono solo fenomeni ottici, illusioni mentali. Basta smettere di pensare e di essere coscienti e non esiste più niente.
Se la vita fosse reale, non avrebbe né un inizio né una fine, né una nascita né una morte, né un percorso né una meta. E invece appare e scompare, dunque è come un fuoco d’artificio che s’innalza brevemente e poi ricade e si spegne, pronta per un’altro effetto illusorio.

martedì 21 aprile 2020

La formica divina


In questi tempi di sciagure mondiali, non ci sarebbe bisogno di dimostrare l’inesistenza di un qualsiasi Dio protettore, ma gli illusi non si arrendono. È per questo che in Oriente si dice che il mondo è dominato da Maya, la dea dell’illusione.
Ed ecco la pubblicità televisiva degli evangelici americani che sostengono che basta affidarsi a Gesù per vedere risolti tutti i problemi, oppure quel sindaco siciliano che affida il proprio Comune alla protezione del Crocifisso, oppure certi politici (come Salvini) che affidano l’Italia al “beato cuore di Maria” (che evidentemente non ha funzionato).
Gli ignoranti, gli illusi, i sottomessi, i superstiziosi e i prevaricatori non mancano mai. Vorrebbero essere protetti da qualche entità esterna che immaginano come un potente di questo mondo, con i suoi favoriti, i suoi privilegiati e i suoi raccomandati (degli altri chi se ne frega).
Negli esseri umani, l’invenzione di Dio rivela un problema di potere (anzi di impotenza) e una grande presunzione. Il problema di potere nasce dal fatto che, se tu sei protetto o favorito da un Dio del genere, sei a tua volta un potente (e un privilegiato) su queste Terra. E la presunzione nasce dal fatto che ti senti a tua volta un essere speciale. I padri della Chiesa orientale dicevano che “Dio si è fatto uomo perché l’uomo si facesse Dio”. Ecco il punto.
L’uomo si illude di avere un rapporto privilegiato con il Dio che si è inventato. Pensate alla Bibbia dove Dio crea l’uomo a coronamento della creazione, perché domini e sottometta tutti gli altri esseri. E pensiamo al mito cristiano dove Dio manda suo “Figlio” sulla Terra per aiutare gli uomini.
Ciò che è evidente è la velleità del’uomo di essere nientepopodimeno che il figlio e l’erede di Dio. Nulla di più infondato. Come spiega Edward Wilson ne Le origini profonde delle società umane, Raffaello Cortina Editore, queste ultime sono “il frutto di meccanismi evolutivi simili a quelli alla base delle società animali, prime fra tutte quella delle formiche.”
È vero che l’uomo ha sviluppato “un linguaggio simbolico astratto che consente un eccezionale coordinamento fra gli individui,” ma non per questo siamo esseri speciali; “siamo come tutti gli altri viventi, solo frutto di circostanze fortuite.”
Siamo stati avvantaggiati dall’avere agili mani da primate che si sono liberate dal camminare eretti e che hanno potuto usare oggetti. Inoltre, avendo ereditato il cervello delle scimmie sociali, eravamo predisposti per la comunicazione e la decifrazione delle emozioni e intenzioni altrui.
Ma non basta questo per dire che siamo esseri speciali che hanno un rapporto privilegiato con Dio.
Il problema è che abbiamo di Dio una limitatissima idea antropomorfa. E che siamo terrorizzati dalla nostra piccolezza, fragilità e incapacità.

domenica 19 aprile 2020

Gli intrusi dell'Universo


Ci siamo cullati nell’illusione di essere creature privilegiate, figli di una specie di Dio Padre che avrebbe creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, stabilendo con noi un rapporto speciale. Peccato che di tutto questo non ci sia traccia. Lo vediamo nei momenti dei disastri o delle epidemie. Non c’è nessun Dio che si faccia vivo ad aiutarci.
La verità è che siamo noi che abbiamo immaginato questo tipo di Dio, a nostra immagine e somiglianza, nella speranza di avere una protezione ultraterrena. Creando questa immagine di Dio, abbiamo anche creato un mondo illusorio che, alla prova dei fatti, rivela dinamiche spietate e indifferenti.
In ogni momento possiamo essere assaliti da malattie e altre sciagure da cui nessun Dio può salvarci. I salvatori non ci sono se non nella nostra immaginazione.
Questo mondo non ha altro fondamento oltre alla nostra mente. E inutilmente invochiamo una protezione dall’alto.
Se non ci credete, provate a chiedere a Dio di inviarci un vaccino per il coronavirus, non fra un anno, ma adesso. Un vero Padre lo farebbe. Ma un fantoccio no.
È una rivoluzione copernicana. Non solo non siamo esseri privilegiati, voluti e protetti da un Dio, ma siamo esseri avventizi, contingenti, effimeri, che possono contare solo su se stessi, sul proprio misero potere.
Lo abbiamo sempre saputo, ma lo abbiamo sempre respinto.
E tuttavia un potere ce l’avremmo se non perdessimo tempo a venerare dei, a costruire chiese e a invocare aiuti esterni. Poiché il mondo nasce con la nostra coscienza, ed ha un carattere illusorio, come una specie di film, è possibile cambiarlo. Proprio come è possibile cambiare un film o un brutto sogno.
Ma è necessario assumere una nuova consapevolezza. Noi non siamo, in fondo, questo mondo. Noi possiamo osservarlo recuperando il nostro statuto di Testimoni e modificando lo spettacolo.

sabato 18 aprile 2020

Gli avvertimenti della natura


Ciò che ci dice l’attuale epidemia è che siamo troppi su questo pianeta, è che ci siamo troppo affollati in determinate aree. Dobbiamo dunque diminuirci, sfoltirci.
Se non lo facciamo con le buone, ci penserà la natura con le cattive. E, se non lo capiamo, sono pronte altre catastrofi, come l’innalzamento dei mari, la desertificazione o altre epidemie.
Dobbiamo dunque fermare la sovrappopolazione. Non seguire gli inviti pseudo-divini a “crescere e a moltiplicarci” indefinitamente. Da una parte la natura ci spinge a riprodurci, ma dall’altra è pronta a punirci se esageriamo.
Ci sono limiti. E li abbiamo raggiunti.
Ma esiste una lezione più importante ancora, dal sapore sgradevole. Sì, in fondo, noi esseri umani siamo degli intrusi - ricordiamocelo sempre.
Altro che figli di Dio! Siamo qui di straforo, su false basi.

La perfezione


Noi siamo convinti che il nostro io con la relativa sensazione di essere sia la base di tutto. La prima cosa che dice il Dio biblico è: “Io sono colui che è, io sono”. Questo è in effetti il fondamento della nostra civiltà, anzi del nostro piano di realtà. Senza io, senza coscienza – pensiamo -, non c’è nulla, né in cielo né in terra.
Ma su questo nulla dobbiamo ragionare, La realtà senza l’io cosciente non è l’annientamento; è come il mare senza le onde – la pace assoluta. Lì non c’è né felicità né infelicità, nessuna coppia di opposti, nessun dualismo, non c’è nascita, non c’è morte, non c’è tempo, non c’è spazio, non c’è oggetto, non c’è soggetto, non c’è inizio, non c’è fine…
Secondo i nostri criteri, è il nulla.
Ma non è quel “tutto in tutti” di cui parla san Paolo, cioè la realtà ultima?
Forse, questo Vuoto sconfinato, che ci circonda e ci permea, è la Perfezione. E l’Universo manifesto con il suo ego cosciente ne è una degenerazione.

venerdì 17 aprile 2020

Un amore sbagliato


I più sono coinvolti al cento per cento in quel che fanno, pensano e sentono. Non sospettano di non essere solidi, di non essere autentici, di essere pupazzi condizionati, di sprecare il proprio tempo e le proprie energie vitali per qualcosa di falso e di illusorio.
È un po’ come l’amore per una persona sbagliata. Ce ne accorgiamo troppo tardi che sprechiamo le nostre risorse.

Il Dio di questo mondo


Se credete che il Dio di questo mondo sia quello che si adora nelle chiese, vi sbagliate di grosso. Non è per lui che si sacrifica la vita e si spendono quasi tutte le proprie energie. Non è lui che viene per primo nella scala delle priorità.
Il vero Dio è il denaro.
Innanzitutto il Dio Denaro è qualcosa che ti permette di avere quasi tutto, mentre quell’altro Dio, quello delle chiese, ha un ben misero potere e non ti permette di mangiare, di comprare e di possedere cose e persone. Quando si tratta di scegliere tra la salute e il denaro, per lo più gli uomini scelgono il denaro. Guardate in certe lavorazioni mortali o anche adesso in questa epidemia: tutto si può fermare, ma non il circuito del guadagno. Preferiamo sacrificare migliaia di vite piuttosto che chiudere le attività remunerative.
Questo sì che è il Dio dell’esistenza.
Ci vuole potere. Un Dio senza potere, un Dio che non ti consente di guadagnare denaro, non conta niente.
Inutilmente i profeti del passato ci spingevano a venerare il Dio degli altari.
Questo ti dà un potere concreto, costi quel che costi. Quell’altro niente.

giovedì 16 aprile 2020

L'altro mondo


All’inizio della nostra esistenza, tutti i nostri valori, i nostri principi, le nostre idee e le nostre fedi sono conoscenze acquisite, frutto dell’educazione, del sentito dire e del condizionamento familiare e sociale. Ma ci vuole tempo per farci delle nostre opinioni. Infatti, dobbiamo compiere un’opera di selezione e di verifica, che in realtà dura tutta la vita.
In genere sono le esperienze dirette quelle che ci permettono di fare una simile verifica. Questo è vero, questo non è vero, questo è fondato, questo è infondato, questo è verosimile, questo è incredibile…
C’è qualcuno, però, che non compie mai tale operazione e continua a utilizzare le idee che gli sono state date dagli altri. Di fatto non acquisisce mai una propria autenticità. Ed è un tradizionalista, un conformista.
Ci sono poi dei campi in cui è ancora più difficile farsi delle opinioni personali. Uno di questi è certamente la religione, dove ci vengono raccontate un sacco di belle storie. Ma chissà se sono vere.
In meditazione non è così. Qui bisogna verificare di persona, perché non si tratta di credere o di venerare. Qui dobbiamo fare delle esperienze dirette (non necessariamente eccezionali o mistiche). Se parliamo di pace, un po’ di pace dobbiamo provarla; se parliamo di illuminazione, un po’ di luce dobbiamo percepirla, se parliamo di trascendenza, un po’ di universalità dobbiamo avvertirla, e così via.
Il problema è che è difficile sbarazzarsi del proprio modo di pensare, delle idee acquisite. Ed è ancora più difficile capire che tutto il nostro modo di pensare è condizionato da una mente dualistica, da una mente cioè che ragiona solo in termini di contrapposizione: bene-male, assoluto-relativo, inizio-fine, peccato-redenzione, vero-falso, Dio-Diavolo, io-altro, ecc.
Quando capisci questo, entri in un altro mondo, dove le cose sono complesse e sfuggenti, dove ci può essere per esempio una visione universale senza per questo escludere una certa individualità, e viceversa. Uscendo dal mondo mentale dei concetti ben definiti, cui siamo abituati, si entra appunto in un altro mondo. Che non è né un paradiso né un inferno. Ma un altro mondo.

martedì 14 aprile 2020

Trinità, dualità, ambiguità


La furba pensata teologica del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo assomiglia al gioco delle tre carte con cui i lestofanti imbrogliano gli ingenui. Per certi versi, è anche il gioco del poliziotto buono e del poliziotto cattivo.
E, poiché lo Spirito Santo, ai più non dice nulla, ecco introdurre in questo terzetto omosessuale la figura femminile della Vergine Maria – una vera e propria assunzione non in cielo, ma nella strategia teologica.
Così, a seconda dei momenti, salta fuori il Figlio buono, il Padre autoritario o la Madre compassionevole. Insomma, ce n’è per tutti. E, come in ogni terzetto che si rispetti, ecco che salta anche fuori il quarto incomodo: Satana, il Diavolo.
Trinità, dualità, gioco delle tre carte, ambiguità, comunque una presa in giro… tutte facce di uno stesso errore ed orrore teologico.

La tecnica spirituale


In estrema sintesi, la tecnica spirituale, ossia la meditazione, è una sola: avvertire l’ “io sono”, il senso di essere al di là del corpo e della mente. Io so di essere… non questo o quello, non qui o là, non maschio o femmina, non giovane o vecchio, non vivo o morto… Io so di essere e basta.
Perché nel momento in cui so di essere e basta, ciò che sente non è più l’io empirico, ma lo spirito stesso.
In quel momento non sono né soggetto né oggetto, ma ciò che è prima di tale divisione. In quel momento non sono il corpo, non sono la mente – tutte entità che si sono formate e sovrapposte a poco a poco.
Dunque, non si tratta di un’operazione mentale, di un concetto, ma di un’identificazione, di un’immedesimazione, di un ritorno alla natura originale.
In quel momento, non mi manca nulla.
Si tratta di una meditazione che è già illuminazione, acquisibile qui e ora per brevi istanti o per periodi più lunghi. La meta è quella di acquisirla per tutta la vita.
Non sono né corpo né mente… Sono, sono stato e sarò. Mai nato, mai morto.
Morirà il corpo, morirà la mente. Ma io non muoio.
Non si tratta però solo di pensarlo. Dobbiamo farne esperienza.

lunedì 13 aprile 2020

La strana coppia: il Padre e il Figlio


Mentre il presunto Figlio predica l’amore e la carità verso i poveri e i deboli, il Padre si accanisce proprio su costoro.
Noi non ce ne stupiamo perché sappiamo che così funziona il mondo, dove il più debole finisce sempre mangiato dal forte. Così funziona ogni legge evolutiva… stabilita evidentemente non dal Figlio ma dal Padre. Per esempio, anche in questa epidemia il povero, il debole, il malato e il vecchio devono morire per primi.
La spietatezza del Padre si conferma in ogni occasione, a dimostrazione che il Figlio non è stato ascoltato e deve intervenire, semmai, in seconda battuta.
Ma perché il Padre e il Figlio non si intendono una volta per tutte? Che cos’è questo gioco delle parti? Uno dei tanti inganni cui siamo sottoposti.
Tutti questi grandi santi sono passati, ma il mondo va sempre nello stesso modo, feroce e indifferente.
Certamente siamo tutti vittime di una grande illusione. Il Figlio, cioè l’Uomo, deve provvedere a contenere la violenza paterna. Ma non ha grandi poteri e deve ancora e sempre essere crocifisso. È inutile pregare. La legge è quella istituita dal Padre. E finché non cambia quella...

domenica 12 aprile 2020

La resurrezione


Perché risorgere? Questo presuppone che tu sia morto. Ma può il trascendente morire?
Se un essere è divino, come può nascere e come può morire? Tutt’al più recita una parte.
Non hai bisogno di risorgere. Devi piuttosto cancellare ciò che si è sovrapposto all’eterno e ti fa credere di dover morire dopo che sei nato.
In realtà, tu, il vero tu, la tua parte eterna, non può morire, perché non è nemmeno nata.
Ciò che nasce e muore è una rappresentazione, un sogno, una fantasia, un’immagine, un insieme di concetti, una fede che devi lasciar cadere. Eh, sì, perché ci sono fedi completamente sbagliate.
Lascia cadere la maschera per scoprire il volto, quello che sta sotto e prima.
C’è una parte di te che non è mai nata perché non è mai morta, perché non può morire. Non a caso si chiama eterno, immortale, noumeno… È con quella che ti devi identificare, non con una forma-mente-io che appare e scompare.
Non puoi perdere ciò che eterno; puoi solo mettergli sopra un rivestimento mutevole e contingente: il corpo, la mente, la coscienza empirica. Ma ciò che sta prima, ciò che sta alla base, non è toccato dalle alterne vicende del nascere e del morire.

sabato 11 aprile 2020

Il Dio sbagliato


Il simbolo del cristianesimo è un uomo crocefisso e i rituali della Pasqua cristiana ci parlano sempre di sofferenza, ripetendoci che la vita è una via crucis.
Ma, se la vita è una via crucis (e non può non esserlo perché è una finzione), perché adorare il Dio che l’avrebbe creata?
Sembra un po’ la sindrome di Stoccolma, in cui la vittima finisce per ammirare ed essere solidale con il carnefice.
Pare incredibile, ma c’è ancora chi va a pregare questo Dio sadomasochista chiedendogli… che cosa? Forse di essere risparmiato.
Ma nessuno sarà risparmiato. Neppure Gesù è stato risparmiato.
Dunque, l’universo non può essere nato da un Dio del genere né da una Supermente, ma è una specie di salto o di fluttuazione cosmica. Se tu te ne rendi conto, non devi né sottometterti a qualche fantastico Signore né alla stessa manifestazione cosmica che ha dato vita allo spazio-tempo e alla coscienza. Non ti devi identificare con ciò che agisce, che pensa e che parla, ma con ciò che c’era prima e che ci sarà dopo.


venerdì 10 aprile 2020

Cani di paglia


Chi mette al mondo la vita, mette al mondo la morte – entrambe una grande sofferenza. Si nasce soffrendo e si muore soffrendo: vuoi che nel mezzo sia tutto bello? Se l’avessi saputo prima di nascere, forse non l’avresti accettato.
Ma la verità è che nessuno ti ha chiesto niente. I tuoi genitori non ci hanno pensato. Si sono uniti ubbidendo ad un impulso del tutto irrazionale, guidati dal piacere, ossia lo zuccherino che si dà all’elefante per farlo ubbidire. Hanno semplicemente seguito il loro desiderio, il loro istinto, ciò che voleva la forza vitale, il domatore.
Sono poche le persone che dicono: “No, non voglio mettere al mondo uno che comunque dovrà nascere e morire, uno che comunque dovrà invecchiare, ammalarsi e soffrire”. Si segue il corso della vita, non si pensa, ci si lascia andare, si vuole fare ad altri ciò che è stato fatto a noi.
Siamo tutti caduti in una trappola: abbiamo creduto che la vita ci ispirasse saggiamente, che facesse gli interessi degli esseri viventi. Non ci è venuto il dubbio che noi fossimo dei giocattoli o semplici animali da allevamento. Ora, le pecore possono essere allevate con amore dal pastore, ma non vengono allevate nel loro interesse, vengono allevate nell’interesse del pastore. Questo deve essere chiaro: non è la vita che serve noi, siamo noi che serviamo la vita.
E, alla fine, dovremmo veramente tutti chiederci: ma ne vale la pena?
Chi siamo veramente noi? Siamo questi organismi psicosomatici, voluti dalla natura, o siamo coloro che sanno vedere se stessi e trarre le loro conclusioni? Siamo giocattoli per il divertimento altrui o cerchiamo la nostra autonomia, la nostra libertà?
Quello che è certo è che ci hanno imprigionati in un corpo e in un mondo che non è il nostro, che non è noi. La nostra vera identità sta altrove, al di là del nascere e del morire.

giovedì 9 aprile 2020

Essere il Testimone


Porsi in uno stato di testimonianza significa non essere toccati dalle vicende dell’io fenomenico, con il suo corpo e la sua mente. Già nella Mundaka-upanishad si accenna a due begli uccelli, intimi amici, che stanno appollaiati sullo stesso albero e, mentre l’uno si nutre dei frutti dolci e amari di questo albero della vita, l’altro contempla distaccato.
Con questa immagine si allude ai due stati o alle due dimensioni dell’uomo: da una parte l’ego completamente coinvolto che fruisce dell’esperienza del mondo e dall’altra il Sé che immoto osserva le azioni del primo senza farsene catturare.
Questo discorso delinea anche l’atteggiamento contemplativo, in cui il soggetto ferma il proprio coinvolgimento e lo osserva - osserva se stesso come attore.
Ora, finché l’uomo si fa trascinare nel mondo, è soggetto al piacere e al dolore, alla vittorie e alla sconfitta, alla gioia e all’infelicità – e soprattutto al ciclo del nascere e del morire. Quando invece si fa Testimone distaccato, non solo esce dall’elemento negativo di ogni antinomia, ma raggiunge la propria identità ultima, quella che non appartiene più al mondo bensì all’eterno.
Ognuno di noi, se dotato di consapevolezza e introspezione, può addestrarsi a questo continuo trascorrere fra coinvolgimento e non coinvolgimento, solidificando sempre più la parte non mortale di sé.

lunedì 6 aprile 2020

La fonte dell'infelicità


“Penso, dunque sono” diceva Cartesio – e aveva ragione: senza pensiero, senza coscienza, non sapremmo di essere. Ma che cosa succede quando non pensiamo?
Eh, sì, perché non è che stiamo tutto il giorno a pensare… e a pensare di essere. Quando per esempio dormiamo, dove finisce il nostro pensiero? E nel sonno profondo senza sogni? E quando ci fanno un’anestesia? E tra un pensiero e l’altro?
Dobbiamo dunque notare che il nostro stesso essere, il nostro pensare e la nostra consapevolezza hanno per lo meno una struttura discontinua: sono un po’ sono attivi e un po’ no.
Ma c’è un altro aspetto da notare. L’essere presenti e coscienti non ci dà affatto la felicità. Anzi, sono numerosi i momenti di insoddisfazione, di mancanza, di desiderio, di sofferenza.
Per dirla tutta, quando ci troviamo nel sonno profondo non soffriamo affatto, non abbiamo problemi e anzi ci riposiamo. Esattamente come succedeva prima di nascere. Avevamo problemi prima di venire all’essere?
Il fatto è che noi non nasciamo da soli - qualcuno ci fa nascere: per un attimo di piacere, una montagna di sofferenza. Certo, ci saranno anche le gioie – ma fatevi un po’ i vostri conti. Com’è il bilancio? Valeva la pena?
Perché c’è da aggiungere che lo stato dell’essere è per sua natura instabile, precario, transitorio, davvero difficile da tollerare. Gli uomini si agitano da mane a sera perché sono tormentati, perché non sono felici da nessuna parte, perché sono sempre insoddisfatti. L’essere non è il regno della felicità.
Penso, dunque sono… dunque sono infelice.
Con questo, noi non proponiamo la ricerca della felicità – che è di per sé impossibile se non per brevi attimi. Noi proponiamo la ricerca di uno stato che sia al di là del piacere e della sofferenza, della gioia e dell’infelicità. Qualcosa che ricorda lo stato che precede la venuta all’essere o il sonno profondo.

domenica 5 aprile 2020

Il dito di Dio


In questi giorni di epidemia, i nostri governanti hanno deciso che, per tener buone le persone, bisogna dare la stura alle solite cerimonie religiose: messe papali, rosari, prediche, ecc. Tutta roba che è già stata adoperata in passato per non far vedere alla gente ciò che è evidente: che in questo mondo non c’è nessun Dio, nessuna Provvidenza. Tutto avviene meccanicamente, freddamente, indifferentemente. Se c’è un virus mortale, farà il suo corso, ucciderà migliaia o milioni di persone e poi un bel giorno finirà. È sempre andata così. Dov’è Dio? Dov’è la Provvidenza. Dov’è il Disegno intelligente? Ma lo stesso succede con i terremoti e con tutti gli altri disastri naturali. In passato ci sono stati fenomeni spaventosi, come la caduta di meteoriti, che hanno cambiato il clima e ucciso milioni di esseri viventi.
Credete che, se arrivasse un nuovo meteorite, spunterebbe il dito di Dio a deviarne il corso?
Ma l’illusione, Maya, domina il nostro mondo e la gente vuole credere, vuole disperatamente credere che qualcuno vegli su di loro.
Così s’immagina un Principio del bene (Dio) e un Principio del male (Satana, il Diavolo, ecc.). Sono millenni che si va avanti con queste stupidaggini. E non ci si accorge che una simile contrapposizione è solo mentale. Nella realtà i due sono inseparabili e complementari. Come il male è semplicemente l’altra faccia del bene, così il bene è l’altra faccia del male.
Non ha dunque senso fare le processioni per evocare un ipotetico Principio del bene. Se lo faceste, attacchereste l’epidemia a tanti altri.
È evidente, invece, che bisogna isolarsi, raccogliere le proprie forze e cercare scientificamente e psicologicamente una soluzione al problema. Farebbe di più un vaccino che non tutti i miracoli, le lacrime e i sanguinamenti della Madonna.

Gli altri mondi


Coloro che hanno qualche fede immaginano, una volta morti, di spostarsi da qualche altra parte, in qualche nuovo corpo o presso qualche Dio; coloro che non hanno nessuna fede, immaginano di finire nel nulla. Ma dovrebbero riconoscere che questo “nulla” è ciò da cui ha avuto origine il tutto, e quindi non può trattarsi di un semplice annientamento.
Piuttosto è un rientro in ciò da cui ci eravamo allontanati per emergere in questa dimensione che non è, tutto sommato, un granché. E in qualunque altra dimensione dovessimo finire (paradisi, purgatori, buchi neri, mondi vari, altri universi, ecc.) sarebbe sempre più o meno insoddisfacente e contemplerebbe la morte.
Molto meglio, allora, non desiderare di finire in nessun’altra manifestazione o dimensione fisica, che sarebbe comunque un altro tentativo fallito, un’altra limitazione, un altro confinamento. Perché questa tendenza ad autolimitarsi… anziché restare nell’illimitato, senza forma e senza ego?
Non è questo il peccato originale?

sabato 4 aprile 2020

Come pregare


Vito Mancuso ricorda su Repubblica che il verbo pregare viene dal latino precari, da cui anche l’aggettivo “precario”. Già partiamo male: in effetti chi prega si sente precario e cerca qualcosa cui aggrapparsi o, magari, il senso della vita. Chi prega un “Dio” in cui crede o vuole credere è certo uno che sta male e cerca aiuto o luce.
Ma, poiché siamo tutti precari in questo mondo (e anche il mondo), non è detto che preghino soltanto i credenti. A dirla tutta, prega non solo colui che si rivolge a un Dio (qualunque Dio), ma chiunque s’interroghi sul senso della vita, perché cerca una spiegazione, una logica, un’origine, un senso. “Pregare” diceva Wittgenstein “è pensare al senso della vita.”
Insomma i filosofi o gli agnostici sarebbero più religiosi dei bigotti che pregano meccanicamente.
Più in generale, dunque, qualunque interrogante, qualunque ricercatore, anche l’ateo, è uno che prega. Inoltre, il verbo pensare viene a sua volta da pesare. Chi pondera, pesa.
In conclusione, tutti pregano, tutti pesano, tutti si sentono precari, e chi non ha verità preconcette ma cerca prega ancora più seriamente di chi corre il rischio di rivolgersi a un idolo della propria mente.
Contrariamente a quanto si crede, cercare e interrogarsi sono la preghiera più autentica. E il punto di partenza non può che essere il proprio essere… precari.
Perché siamo qui e perché dobbiamo sparire? E che cosa significa sparire? È la fine di tutto o l’inizio di tutto – quell’inizio dell’essere che si era incagliato in un esserci, in un corpo, in un ego, in una coscienza ristretta?
Se questo non è pregare, che altro sarebbe pregare? Chiedere un favore a un potente?
Ma questo potente chi è? Un Dio o ciò che precede anche tutti gli Iddii?

venerdì 3 aprile 2020

L'identità che permane


Tutti abbiamo un’identità personale, un’individualità – e sono tutte diverse. Ma quanto durano?
Per il tempo che siamo in questo mondo, ci identifichiamo con un corpo, con una mente e con una coscienza. Però sappiamo che tutto questo non durerà a lungo. E non mi riferisco solo alla morte. In realtà, ogni giorno, quando ci addormentiamo, la nostra identità sparisce. Anche l’uomo più potente si dimentica chi era da sveglio. Ma questo oblio è molto importante: è ciò che gli permette di riposarsi.
Finché infatti siamo svegli e consapevoli della nostra identità, non smettiamo un attimo di avere bisogni e desideri; e quindi siamo tesi e insoddisfatti. Tutto ciò che è legato al tempo e all’individualità è legato anche all’infelicità. Chi si sente separato dalle cose, ha bisogno di tutto. Anche se è ricco, è un indigente.
Che cosa può essere dunque un’identità permanente? Non certo qualcosa di legato allo spazio-tempo, al corpo, alla mente, alla coscienza e al senso di essere degli individui. Il senso dell’ “io sono” dura tutta la vita, ma poi scompare. Ed è inutile cercare di immaginarci che cosa c’è dopo – sarebbero idee, fantasie, concetti.
La verità sta ben oltre. Oltre l’individualità, oltre l’ego separato. Oltre i desideri. E il primo desiderio è quello di essere.
Se ci concentriamo su questo primario senso di essere, esso stesso cadrà. E saremo in ciò che è permanente.

mercoledì 1 aprile 2020

Tenere le distanze


“Chi l’avrebbe detto che la cura degli altri sarebbe consistita nel tenerli lontani?” si domandava Massimo Bucchi sul ‘Venerdì’ di Repubblica. In effetti, abbiamo esagerato nell’assembrarci, nello stare vicini, nel calpestarci i piedi. Le nostre città, viste dall’alto, sembrano grandi e spaventosi formicai.
Ora la nuova parola d’ordine è “tenere le distanze”, isolarsi, considerare con sospetto anche un parente o un amico – il contagio può venire da chiunque.
È chiaro che ci siamo scordati di alcune buone norme, la prima delle quali è evitare la sovrappopolazione, la folla, la calca. Starsi addosso l’uno sull’altro è sbagliato sia per motivi igienici sia per motivi psicologici. Dobbiamo lasciare spazi vuoti non solo per respirare ma anche per non soffocarci in senso spirituale. Dall’assembramento, dalla massa, non viene mai niente di buono. Ognuno deve avere il proprio spazio, altrimenti, come in una prigione troppo affollata, vedrà l’altro come un nemico.
Anche se gli uomini hanno una provenienza e un destino comune, non sono né api né formiche. Sono individui che cercano il loro spazio. E comprimerli è un errore.
Lo spazio è come il tempo, ed entrambi sono costitutivi della coscienza. Non c’è coscienza nella massa, non c’è intelligenza.
Createvi il vostro spazio per vedere più chiaramente. Le società di massa creano solo confusione e, come si vede, malattie contagiose. La mente deve essere libera e spaziosa per capire.