Impermanenza significa che ogni cosa cambia, che niente resta lo stesso, che tutto è destinato a trasformarsi, in breve è la legge del divenire. Tutte le cose cambiano - e anche noi. Se guardiamo una foto di dieci anni fa, ci accorgiamo bene di quanto siamo cambiati. Ma anche internamente è avvenuto lo stesso processo - non siamo più gli stessi di dieci o venti anni fa. Nuove esperienze, nuove ferite, nuove delusioni, nuove gioie, nuovi dolori... ci hanno inevitabilmente cambiati. E invecchiando cambieremo ancora di più, fino al punto quasi di non riconoscerci. Certo, noi sappiamo di essere sempre la stessa persona, qualcosa di noi è rimasto fermo... ma non c'è da farsi illusioni. Per quanto si resista al cambiamento, alla fine, in un colpo solo, saremo spazzati via e di noi non rimarranno che ricordi nei sopravvissuti. Quanto a noi, quanto a ciò che siamo per noi stessi, non sappiamo se sopravviverà qualcosa, qualche nucleo puramente energetico o mentale o spirituale: forse tutto dipende da quanto la nostra essenza sia capace di resistere anche all'ultimo cambiamento. Quello che capita a noi, capita a tutte le cose e all'universo stesso, che cambia di continuo e che un giorno morirà anch'esso.
Di per sé, il cambiamento non porta necessariamente né a un miglioramento né ad un peggioramento delle cose. Alcune cose migliorano e altre peggiorano. Ma in ogni caso tutto è in continuo movimento.
Da una parte è triste pensare che tutto cambia e finisce. Ma, dall'altra parte, il cambiamento assicura il rinnovamento, l'evoluzione e anche la possibilità di miglioramento. Il mondo è fatto così, e non saremo noi a poter cambiare per ora questa legge.
sabato 31 dicembre 2011
venerdì 30 dicembre 2011
Tipi di meditazione
Esistono meditazioni lunghe e laboriose, e meditazioni brevi ma intense. Le prime richiedono forza, pazienza, determinazione e sofferenza (per esempio la Vipassana). Le seconde sfruttano l'ispirazione, lo stato d'animo, l'entusiasmo, la gioia o il dolore, e permettono di accedere rapidamente ad uno stato di coscienza più intenso del normale, ad una chiarezza e ad una lucidità eccezionali. Esistono poi le meditazioni analitiche che richiedono l'uso della riflessione per comprendere la natura del mondo e di noi stessi. E infine esistono meditazioni che rifiutano la ragione e il pensiero e tendono semplicemente a lasciare la mente a riposo, in uno stato di grande calma. Tutte queste categorie rientrano a buon diritto nel capitolo della meditazione, che come si vede è molto più sfaccettato di quanto si creda. Ognuno deve seguire quelle che più gli sono congeniali, ma l'una non esclude l'altra: tutt'altro, si completano a vicenda.
mercoledì 28 dicembre 2011
Shanti: l'imperturbabilità
L'imperturbabilità è il frutto e la prova che la meditazione è servita a qualcosa. Essere imperturbabili non significa non provare nulla, ma prendere le distanze dalle passioni più negative, quelle che ci sconvolgono, perché in tal caso non siamo che marionette in balia di istinti. La mente consapevole deve essere in grado di agire su emozioni, sentimenti e stati d'animo in modo da disinnescarli e riportarli ad una visione serena e trasparente. Naturalmente ogni emozione richiede una cura a sé. Ma l'approccio generale è lo stesso: essere consapevoli del sentimento che si è impadronito di noi, staccarlo da noi, guardarlo come se fosse di un altro e a poco a poco disinnescarlo. Con l'ira, per esempio, il processo è chiaro. Ognuno avrà una causa scatenante personale, ma tutti abbiamo la possibilità di accorgerci quando incomincia a montare - e abbiamo la possibilità di fare un passo indietro, prenderla in considerazione e staccarcene. Basta saper creare questo piccolo spazio, questo piccolo intervallo, per disinnescarla, per evitare lo scoppio. Questo non significa che la sua energianon sia utile in certi casi, ma significa che possiamo utilizzare la sua forza propulsiva per agire con energia, anziché essere agiti da essa. Lo stesso meccanismo vale per tutte le emozioni.
L'amore è un altro osso duro. Qui sembra che la ragione non abbia più gioco, ed è vero. Ma la consapevolezza non ne viene smontata, al contrario: anche la consapevolezza si nutre di amore, e sfodera il suo lato migliore proprio durante le tempeste emozionali. La consapevolezza è sempre attiva, pronta e fresca - basta questo. Basta questo per prendere atto dell'amore, magari per capire se è vero, per approfondirlo e per trasformarlo da una passione incontrollabile ad una calma forza che ci anima.
Anche la paura può essere "lavorata" nello stesso modo. Anche la paura della morte.
All'imperturbabilità ci si addestra attraverso la consapevolezza dei sentimenti, un metodo che automaticamente ne prende le distanze e utilizza solo la parte positiva, la carica vitale, lasciando perdere gli effetti negativi. Ovviamente non si tratta di un processo facile: ci vuole pazienza, capacità di osservazione e capacità di accettare le inevitabili sconfitte. Ma, a lungo andare, il nostro essere ne sarà trasformato. Noi usciremo dal binomio depressione/esaltazione e godremo di una imperturbabilità interiore che ci darà un'altra e un'alta qualità di vita.
Come si vede, nella meditazione rientrano numerose pratiche. E in questo caso si tratta di conoscere e affrontare le proprie emozioni e i propri sentimenti, togliendo loro il lato più sgradevole.
L'imperturbabilità non devitalizza le emozioni, ma ci offre una via per trasformare il caos mentale in una visione, come quando si guarda un paesaggio sconfinato in una limpida mattina.
Di questo noi abbiamo bisogno: di schiarirci la mente per sbarazzarci di ignoranza e confusione. Che altra umanità avremmo se solo simili metodi fossero adottati nelle famiglie e nelle scuole! Faremmo di colpo un salto evolutivo.
L'amore è un altro osso duro. Qui sembra che la ragione non abbia più gioco, ed è vero. Ma la consapevolezza non ne viene smontata, al contrario: anche la consapevolezza si nutre di amore, e sfodera il suo lato migliore proprio durante le tempeste emozionali. La consapevolezza è sempre attiva, pronta e fresca - basta questo. Basta questo per prendere atto dell'amore, magari per capire se è vero, per approfondirlo e per trasformarlo da una passione incontrollabile ad una calma forza che ci anima.
Anche la paura può essere "lavorata" nello stesso modo. Anche la paura della morte.
All'imperturbabilità ci si addestra attraverso la consapevolezza dei sentimenti, un metodo che automaticamente ne prende le distanze e utilizza solo la parte positiva, la carica vitale, lasciando perdere gli effetti negativi. Ovviamente non si tratta di un processo facile: ci vuole pazienza, capacità di osservazione e capacità di accettare le inevitabili sconfitte. Ma, a lungo andare, il nostro essere ne sarà trasformato. Noi usciremo dal binomio depressione/esaltazione e godremo di una imperturbabilità interiore che ci darà un'altra e un'alta qualità di vita.
Come si vede, nella meditazione rientrano numerose pratiche. E in questo caso si tratta di conoscere e affrontare le proprie emozioni e i propri sentimenti, togliendo loro il lato più sgradevole.
L'imperturbabilità non devitalizza le emozioni, ma ci offre una via per trasformare il caos mentale in una visione, come quando si guarda un paesaggio sconfinato in una limpida mattina.
Di questo noi abbiamo bisogno: di schiarirci la mente per sbarazzarci di ignoranza e confusione. Che altra umanità avremmo se solo simili metodi fossero adottati nelle famiglie e nelle scuole! Faremmo di colpo un salto evolutivo.
lunedì 26 dicembre 2011
Depressione e meditazione
Lo stato depressivo è senz'altro normale in un essere cosciente - e sottolineo la parola "cosciente". Perché essere coscienti significa innanzitutto essere consapevoli di dover morire e che tutto è destinato a questa stessa fine. Come non deprimersi, se ci si pensa? Ed è per questo che ci siamo immaginati fantomatici aldilà... droghe naturali per tirare avanti.
La soluzione migliore di questa malattia sarebbe quella di vivere pienamente, dando fondo a tutte le nostre possibilità, e morendo alla fine "sazi di anni e di vita". Ma non è così che succede. L'uomo moderno,tranne poche eccezioni, non riesce a vivere pienamente, perché è troppo condizionato da divieti e da abitudini sociali che tendono a comprimerlo, a reprimerlo e farne una pecora ubbidiente. Per questo la depressione si aggrava e sfocia in una grave malattia, che spesso, sotto una forma o l'altra, lo porta al suicidio.
Esiste anche un'altra soluzione, molto più radicale, che però comporta un percorso non comune e un lavoro su di sé cui non siamo abituati. È quella che ci viene dalla saggezza e dalle filosofie più profonde. Si tratta di raggiungere l'imperturbabilità, la lucidità, il distacco. Si tratta di eliminare, attraverso un lungo lavoro su di sé, gli attaccamenti non solo ai beni materiali, ma anche alle emozioni, alle persone, ai pensieri, alle ambizioni e anche a se stessi. In che modo? Osservando appunto, giorno dopo giorno, come tutte queste cose siano all'origine del nostro stato di sofferenza.
Noi non sappiamo farlo perché siamo convinti che rinunciare a tutti questi legami e alle emozioni sia rinunciare alla vita, sia ridursi ad uno stato vegetale. Ma non è così. La felicità non viene dal tumulto dei sentimenti ma da uno sguardo limpido e distaccato.
"Una mente imperturbabile,
che non va più alla ricerca
né di ciò che è bene né di ciò che è male."
(Dhammapada)
La soluzione migliore di questa malattia sarebbe quella di vivere pienamente, dando fondo a tutte le nostre possibilità, e morendo alla fine "sazi di anni e di vita". Ma non è così che succede. L'uomo moderno,tranne poche eccezioni, non riesce a vivere pienamente, perché è troppo condizionato da divieti e da abitudini sociali che tendono a comprimerlo, a reprimerlo e farne una pecora ubbidiente. Per questo la depressione si aggrava e sfocia in una grave malattia, che spesso, sotto una forma o l'altra, lo porta al suicidio.
Esiste anche un'altra soluzione, molto più radicale, che però comporta un percorso non comune e un lavoro su di sé cui non siamo abituati. È quella che ci viene dalla saggezza e dalle filosofie più profonde. Si tratta di raggiungere l'imperturbabilità, la lucidità, il distacco. Si tratta di eliminare, attraverso un lungo lavoro su di sé, gli attaccamenti non solo ai beni materiali, ma anche alle emozioni, alle persone, ai pensieri, alle ambizioni e anche a se stessi. In che modo? Osservando appunto, giorno dopo giorno, come tutte queste cose siano all'origine del nostro stato di sofferenza.
Noi non sappiamo farlo perché siamo convinti che rinunciare a tutti questi legami e alle emozioni sia rinunciare alla vita, sia ridursi ad uno stato vegetale. Ma non è così. La felicità non viene dal tumulto dei sentimenti ma da uno sguardo limpido e distaccato.
"Una mente imperturbabile,
che non va più alla ricerca
né di ciò che è bene né di ciò che è male."
(Dhammapada)
Squallore natalizio
Se volete rendervi conto della crisi morale e intellettuale in cui è precipitata l'Italia, date un'occhiata alla programmazione televisiva in questo periodo. Melensi filmetti natalizi, ripetuti ormai da decenni, il cui unico messaggio è un buonismo infantile e irreale. Il problema è che non c'è scampo: ormai nel nostro paese esiste un "pensiero" unico - anzi, un'ignoranza unica, quella che ci ha fatto precipitare nella crisi attuale.
Ignoranza, egoismo, vera e propria stupidità, mancanza di consapevolezza e di lucidità, mancanza di senso etico, fine degli ideali politici... rimane solo il tornaconto personale. Ecco perché il nostro panorama "culturale" è così squallido. È difficile sentire un discorso intelligente, non fazioso, non uniformato, non conformista. Questi ci dà l'idea della crisi, dalla quale non riusciamo a uscire proprio perché ci affidiamo a falsi valori intellettuali e religiosi.
D'altronde, la religione cattolica, quella che dovrebbe dare agli italiani almeno qualche valore morale, dà spettacolo quotidiano di una corruzione e di una banalità difficile da trovare altrove. Anzi, al di là dei predicozzi papali o di quelli steretipati dei preti dai loro pulpiti, la Chiesa dà il buon esempio cercando in tutti i modi di evadere le tasse sulle sue proprietà immobiliari e presentandoci spettacoli zuccherosi di edificazione religiosa, tutti falsi, tutti privi del minimo senso critico. Siamo ormai all'imbonimento per menti infantili. La sua realtà è un'altra: è per esempio quella dell'8 per mille che lucra dalle tasche delgi italiani (una tassa in più sulle nostre spalle) e quella di un don Verzé che ha portato il suo ospedale milanese alla bancarotta per megalomania e vita lussuosa, con aerei privati e piscine faraoniche. E lasciamo perdere il resto.
Ignoranza, egoismo, vera e propria stupidità, mancanza di consapevolezza e di lucidità, mancanza di senso etico, fine degli ideali politici... rimane solo il tornaconto personale. Ecco perché il nostro panorama "culturale" è così squallido. È difficile sentire un discorso intelligente, non fazioso, non uniformato, non conformista. Questi ci dà l'idea della crisi, dalla quale non riusciamo a uscire proprio perché ci affidiamo a falsi valori intellettuali e religiosi.
D'altronde, la religione cattolica, quella che dovrebbe dare agli italiani almeno qualche valore morale, dà spettacolo quotidiano di una corruzione e di una banalità difficile da trovare altrove. Anzi, al di là dei predicozzi papali o di quelli steretipati dei preti dai loro pulpiti, la Chiesa dà il buon esempio cercando in tutti i modi di evadere le tasse sulle sue proprietà immobiliari e presentandoci spettacoli zuccherosi di edificazione religiosa, tutti falsi, tutti privi del minimo senso critico. Siamo ormai all'imbonimento per menti infantili. La sua realtà è un'altra: è per esempio quella dell'8 per mille che lucra dalle tasche delgi italiani (una tassa in più sulle nostre spalle) e quella di un don Verzé che ha portato il suo ospedale milanese alla bancarotta per megalomania e vita lussuosa, con aerei privati e piscine faraoniche. E lasciamo perdere il resto.
Merci religiose
Natale - festa dei commercianti. Non tirerò fuori la trita accusa rivolta agli ebrei, ma resta il fatto che l'ebreo Gesù infarcisce le sua parabole di talenti da moltiplicare, di banchieri che fanno i conti, di buoni amministratori e di mercanti... insomma c'è già tutto il nascente capitalismo. Quell'uomo aveva una mentalità da economista. Ed eccola qua la civiltà cristiana in tutto il suo splendore, dove non a caso campeggia il Dio denaro! Comprate, vendete, fate bene i conti, pagate tasse, incassate interessi... insomma arricchitevi o impoveritevi: questo è il risultato di duemila anni di cristianesimo. Anche l'aldilà, per i buoni cristiani è un buon investimento. Siate buoni, siate obbedienti, e Dio nell'aldilà ve ne renderà merito. Insomma, più o meno come alimentare un conto in banca - con gli interessi s'intende. Però, attenti, perché i banchieri fanno i loro affari in genere a vostre spese, come si vede anche oggi. E molti scappano con l'incasso.
domenica 25 dicembre 2011
Natale cristiano
A Natale i cristiani celebrano la discesa sulla terra di Dio. Secondo loro, Dio si sarebbe trasformato in un uomo o avrebbe dato vita a un altro se stesso, il "figlio", per salvare gli uomini da un fantomatico peccato originale. Un antichissimo mito, preesistente al cristianesimo, di chiara marca pagana. Ecco perché il cristianesimo non è che l'ultimo atto del paganesimo. Ecco perché il cristianesimo rientra ancora nella vecchia religione dei sacrifici. Che cosa si celebra durante le messe se non il sacrificio di Dio stesso? D'altra parte, tutte le precedenti "alleanze" di Dio con l'uomo sono miseramente fallite. E anche quest'ultimo intervento divino non è servito a nulla. Non sarebbe ora di liberarci dei miti infantili per passare una spiritualità più progredita?
Il messaggio di Gesù, entro certi limiti, può essere accettato. Ma il messaggio dei cristiani, che fanno di un uomo un dio, è certamente infondato.
Se poi alla credenza nell'incarnazione di Dio aggiungiamo il culto delle Madonna e dei santi, ci rendiamo conto che il cristianesimo è semplicemente l'erede del paganesimo.
Il messaggio di Gesù, entro certi limiti, può essere accettato. Ma il messaggio dei cristiani, che fanno di un uomo un dio, è certamente infondato.
Se poi alla credenza nell'incarnazione di Dio aggiungiamo il culto delle Madonna e dei santi, ci rendiamo conto che il cristianesimo è semplicemente l'erede del paganesimo.
sabato 24 dicembre 2011
Meditazione informale
Esiste una meditazione formale, che segue un certo metodo e che si ricollega a qualche tradizione spirituale, ed esiste una meditazione più comune e diffusa, che consiste nello starsene soli e in silenzio e nel riflettere su se stessi e sul mondo. Un utile metodo è quello di rivisitare la propria giornata e la propria vita: che cosa ho fatto o che cosa non ho fatto, che errori ho commesso, dove sto andando, sono corente con me stesso, sono veramente me stesso...? Che cosa mi manca per realizzarmi? Che cosa dovrei fare? Quali sono le cose che contano veramente nell'esistenza? Che bilancio posso fare? e così via. Qui è il soggetto che esamina se stesso, che fa i conti con se stesso, che elabora le proprie esperienze e che si analizza. Possiamo anche andare da qualche psicoanalista, per un confronto, ma resta il fatto che siamo noi che dobbiamo fare il lavoro di autoconoscenza, perché siamo noi che ci conosciamo meglio. Come sono fatto? Qual è stata la mia storia fin qui? Che errori ho commesso, che ingiustizie ho subito? Come mi sono comportato con questa o quella persona? Quali sono le mie colpe? Quali sono le colpe della società in cui mi trovo? Perché quella certa cosa non è andata bene - ho sbagliato io o non potevo fare altrimenti? Come è fatto il mondo? Come è fatta la vita? È compatibile con un Dio? E con che quale Dio? È possibile che esista un'anima? Può esistere una vita dopo la morte?...
Ecco alcune delle domande che ci possiamo porre durante questo tipo di meditazione informale - domande cui d'altronde hanno cercato di rispondere le filosofie e le religioni. Ma io non vi invito a trovare risposte e soluzioni razionali. Tenete piuttosto le domande dentro di voi, come se si trattasse di cullare un bambino. Tenetele nel fondo di voi stessi. Forse la risposta non arriverà mai. Forse molti dubbi resteranno. Ma voi avrete comunque fatto il vostro dovere di esseri umani dotati di coscienza. Sarete maturati, sarete più consapevoli. Qualunque cosa facciamo, pensiamo o sentiamo cambia lo stato del nostro essere e del mondo. Anche se la nostra vita non durerà che un batttito di ciglia, quel battito di ciglia avrà cambiato per sempre l'universo. Dunque, abbiamo tutti una nostra piccola o grande responsabilità. Ed è meglio esserne consapevoli. È la consapevolezza che fa la differenza tra un uomo e l'altro.
Ecco alcune delle domande che ci possiamo porre durante questo tipo di meditazione informale - domande cui d'altronde hanno cercato di rispondere le filosofie e le religioni. Ma io non vi invito a trovare risposte e soluzioni razionali. Tenete piuttosto le domande dentro di voi, come se si trattasse di cullare un bambino. Tenetele nel fondo di voi stessi. Forse la risposta non arriverà mai. Forse molti dubbi resteranno. Ma voi avrete comunque fatto il vostro dovere di esseri umani dotati di coscienza. Sarete maturati, sarete più consapevoli. Qualunque cosa facciamo, pensiamo o sentiamo cambia lo stato del nostro essere e del mondo. Anche se la nostra vita non durerà che un batttito di ciglia, quel battito di ciglia avrà cambiato per sempre l'universo. Dunque, abbiamo tutti una nostra piccola o grande responsabilità. Ed è meglio esserne consapevoli. È la consapevolezza che fa la differenza tra un uomo e l'altro.
giovedì 22 dicembre 2011
Metodo sperimentale
Lasciamo perdere i miti e le fedi. Anche in campo spirituale, basiamoci sul metodo sperimentale. Se una cosa ci è utile e ci fa bene, pratichiamola. Se un'affermazione è indimostrabile è solo materia di argomentazioni. Dobbiamo meditare non per fede, ma perché ci piace e ci fa bene. Tutto il resto è opinabile. La meditazione deve rientrare nel metodo sperimentale. Non va fatta per fede o per raggiungere chissà che cosa. Va praticata se e perché ci fa bene. Potete credere a quello che volete, alla religione che preferite. Ma, alla fine, ciò che resta è ciò che vi aiuta a vivere meglio qui e ora. Ecco perché non ha senso sottoporsi a faticose o noiose sedute, a esercizi penosi. Va fatto ciò che ci ispira, ciò che ci piace, non ciò che qualcuno ci prescrive in base a qualche teoria. Seguite l'istinto, seguite il cuore. Ascoltate il corpo, ascoltate lo spirito: loro sanno ciò di cui avete bisogno, loro sono i veri maestri. La meditazione deve essere un piacere, non una penitenza.
lunedì 19 dicembre 2011
Il vuoto mentale
Talvolta in meditazione si invita a fare il vuoto mentale, ossia a ridurre al minimo pensieri, emozioni, ricordi, ecc. Questo aiuta a ripulire, a calmare e a decondizionare la mente. Questo aiuta a vedere meglio se stessi e gli altri, a osservare con uno sguardo limpido il grande spettacolo del mondo, a capire più cose. Ma fare il vuoto mentale non significa che si deve diventare distaccati e indifferenti all vita del mondo. Al contrario: ripulire e chiarificare la mente deve servire a impegnarsi meglio nella vita. Se cerchiamo di migliorare noi stessi e gli altri con una mente confusa, facciamo come quel cieco che cercò di aiutare un altro cieco - finirono entrambi nel burrone.
venerdì 16 dicembre 2011
Lo spettacolo dell'ira
Ormai è diventato di moda infarcire gli spettacoli televisivi di individui irascibili che fanno a gara per litigare, gridare e insultare. Politici e personaggi televisivi. In realtà la persona facile all'ira sarebbe da curare, non da mostrare come un trofeo. Osservate bene. L'individuo irascibile non è in grado di ragionare tranquillamente, non riesce ad eccettare contraddittori e critiche. Potete anche calcolare il tempo prima che esploda. Si arrabbia, diventa rosso, tira fuori una voce da tacchino, non riesce più a ragionare e, non avendo più argomenti, prende a offendere e ad insultare. Queste persone, prive di autocontrollo, non dovrebbero essere esibite, ma allontanate. Sono la dimostrazione vivente di quanto nelle nostre società manchi un'educazione alla calma, alla discussione pacata, alla chiarezza, alla razionalità. Perfino i preti sono gonfi d'ira e poco ci manca che maledicano chi non la pensa come loro, chi osa criticarli. Questi spettacoli dovrebbero essere eliminati, queste esibizioni delle nature più volgari dovrebbero essere bandite dalla televisione. Chi dà in esandescenze non dovrebbe più essere invitato. Così si potrebbe incominciare a diffondere una cultura differente, non quella attuale della prevaricazione. Si crede che solo urlando si possa avere la meglio. Non si è convinti che l'equilibrio e la calma siano grandi virtù. Eppure questi individui irascibili hanno evidentemente problemi psicologici, hanno problemi di carattere. Nessuno ha mai spiegato loro che è necessario prendere un po' di tempo, raffreddare la testa e non cedere all'impulsività? Chi è senza autocontrollo, senza consapevolezza di sé, perde la testa e diventa una semplice marionetta controllata da impulsi primitivi. Ecco, queste persone dovrebbero essere rieducate attraverso corsi di consapevolezza: si guardino, si vergognino e si controllino. Siano indotte ad essere consapevoli di questo loro difetto. Ma non siano esibite in televisione.
domenica 11 dicembre 2011
Droghe religiose
Nella prossima vita, gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi? Chi è che dice queste sciocchezze? Chi è che illude così gli uomini? Certamente uno che fa gli interessi dei primi. Sono questi sogni ad occhi aperti che hanno rovinato il mondo, che hanno impedito un'opera di rivendicazione della giustizia su questa terra, ora. Sono queste idee che hanno impedito alla gente di ribellarsi. Se i profeti avessero detto la verità - che c'è un'unica vita e che non avremo altre possibilità di cambiare le cose - forse gli uomini non avrebbero accettato così passivamente le ingiustizie dei ricchi, forse si sarebbero finalmente svegliati! Sì, le religioni, con il loro fantastico aldilà, hanno contribuito a perpetuare le disuguagianze sociali. Siamo consapevoli qui ed ora, rivendichiamo qui ed ora la giustizia. O sarà troppo tardi.
Oltretutto, secondo la teologia cristiana, l'aldilà verrà costituito solo alla fine dei tempi dopo il ritorno del Cristo. Dunque, non c' ancora - non vi illudete.
Oltretutto, secondo la teologia cristiana, l'aldilà verrà costituito solo alla fine dei tempi dopo il ritorno del Cristo. Dunque, non c' ancora - non vi illudete.
giovedì 8 dicembre 2011
Infantilismo religioso
Oggi la Chiesa cattolica celebra il mito dell'immacolata concezione di Maria, ossia il fatto che sia nata senza il peccato generale In realtà, quello che celebra è proprio il fatto che Maria sia rimasta vergine nonostante il concepimento e il parto. Come dire: una donna che non è mai cresciuta, una donna-bambina, una madre che non ha conosciuto il rapporto sessuale. Ma questo non è sano. Tutte le donne sono per un certo periodo della loro vita vergini, ma se lo rimangono anche dopo, vuol dire che avevano dei problemi: vuol dire che non si sono sviluppate, che non sono cresciute, che sono rimaste ad uno stadio infantile del loro sviluppo. E questo conferma quello che ripeto stesso: che il cristianesimo è una religione di uno stadio infantile dell'umanità, con papà eterni, madri vergini e figli santi. E poiché anche le altre religioni che dominano il mondo sono più o meno allo stesso stadio di infantilismo, c'è da chiedersi quando mai la spiritualità passerà ad uno stadio successivo - quello dell'uomo finalmente cresciuto.
Amore e odio
Che cos'è l'amore? L'amore è la forza fondamentale che unisce e l'odio è la forza fondamentale che divide. Ma bisogna considerarli insieme. Noi esaltiamo e cantiamo l'amore, e ci dimentichiamo di esaltare anche la forza opposta. Diciamo: se non ci fosse l'amore, niente nascerebbe; d'accordo, ma anche se non ci fosse l'odio niente potrebbe esistere. Noi nasciamo da un atto d'amore, ma senza la forza di divisione non potremmo mai maturare. Dio è amore? State tranquilli: è anche odio. Prendiamo l'universo - senza una forza di divisione, non sarebbe mai nato e non potrebbe continuare a svilupparsi. Non è così che si spiega il Big Bang? Una forza che si odia, che non può più contenersi, che non può più sopportarsi e che, perciò, esplode e si frammenta, si allontana da se stessa. Mettete sugli altari anche il Dio Odio.
mercoledì 7 dicembre 2011
Rilassamento chimico
Qualcuno mi chiede se è possibile usare sostanze chimiche per rilassarsi. La risposta è: sì, è possibile, ma bisogna stare attenti. È possibile perché in effetti queste sostanze aiutano a rilassare il corpo e la mente... anche se un po' intontiscono. Ma bisogna stare attenti perché possono dare dipendenza, e questo è male per chi cerca sollievo, relax e liberazione. In ogni caso, ciò che è utile in queste esperienze di rilassamento chimico è capire come ci si può sentire quando ci si trova in uno stato di quiete, quando cade lo stato abituale di tensione che ci sorregge. Capire che c'è un'altra via. D'altronde ogni emozione, ogni stato mentale ha un suo risvolto chimico, naturale.
Dialettica
Alla fine i giusti trionferanno? Il bene trionferà sul male? Non diciamo sciocchezze... tipiche d'altronde di chi non sa vedere la realtà così com'è e ricorre a un vacuo sentimentalismo religioso. Non vinceranno i giusti. No, ma nemmeno i cattivi. Perché il mondo è fatto per mantenersi dialetticamente in equilibrio fra due opposti. Per l'eternità.
venerdì 2 dicembre 2011
Il senso della morte
Alla fine dovremo rinunciare a tutto: agli amici, agli amori, ai conoscenti, alle proprietà, alle case, ai beni terreni, ai soldi, agli oggetti cari, ai vestiti, al corpo, ecc. Questo è il senso dell'ultimo atto della vita: la perdita di tutto. Con la morte dobbiamo lasciare tutto, anche quella proprietà più preziosa che chiamiamo "io". Tutto ciò che abbiamo accumulato, tutto ciò per cui abbiamo sofferto, tutto ciò che abbiamo amato, tutto ciò cui siamo stati attaccati fino all'ultimo, dovrà essere abbandonato. Questo ci dice alcune verità inoppugnabili: primo, che la vita è qualcosa di temporaneo; anche se vivremo cento o più anni sarà sempre qualcosa di breve; dunque non c'è tempo da perdere: quello che dobbiamo fare, dobbiamo farlo subito - mai rimandare le cose essenziali, mai accumulare più del necessario. Secondo, niente è veramente nostro: tutto ci viene per così dire prestato e poi ripreso, perfino il nostro io. Con la morte non saremo più noi stessi. Che cosa saremo? Non "saremo", appunto. E dove andremo? Da nessuna parte, appunto. Infatti l'unica "parte" era questa. E, allora, perché vivere? In realtà nessuno ci ha chiesto se volevamo venire al mondo: sono le forze dell'universo che ci hanno messo temporaneamente qui. E che alla fine ci riprendono. Non voglio sembrare pessimista. Questa è la realtà. Forse vorrete sentire parlare di reincarnazione o di paradisi, e io non voglio escludere niente. Ma si tratta di articoli di fede - nessuno può provare niente. La saggezza ci suggerisce di non fuggire nei mondi della fantasia, ma di accettare la realtà per quello che è. E a considerare che proprio questa brevità della vita ci rende ancora più prezioso ogni istante che viviamo. Se esiste qualcosa che ci sopravvive, il senso della morte ci dice che è l'essenza delle nostre esperienze, depurata da tutto il superfluo. E dunque l'imperativo non è accumulare, ma spogliarsi sempre di più.
lunedì 28 novembre 2011
L'inquinamento dello spirito
Noi uomini abbiamo ridotto la natura ad un immondezzaio. Dopo averla sfruttata fino in fondo tagliando foreste, attingendo acqua, contaminando sorgenti e fiumi, inquinando l'aria, estraendo petrolio e minerali, ecco che la usiamo per buttarci i nostri rifiuti. Perfino sulle montagne o nel profondo degli oceani troviamo le nostre immondizie. Perfino l'aria delle nostre città è irrespirabile. Ma ci siamo dimenticati di una cosa fondamentale: che noi siamo parte della natura, che siamo natura; e quindi il modo in cui trattiamo la natura esterna è indicativo del modo in cui trattiamo la natura interna, la nostra mente, il nostro spirito. Stiamo segando il ramo su cui viviamo. Ecco perché siamo confusi e non possiamo fermarci un attimo a riflettere, a meditare, a contemplare. Non abbiamo rispetto né della natura esterna nè della nostra stessa natura, che attingono alla stessa fonte. L'inquinamento materiale non è che un riflesso di un inquinamento mentale. E il risultato è sotto i nostri occhi. Un mondo devastato, in cui tutti stanno male. Chi è che ha incominciato questa folle corsa dominata solo dagli imperativi economici? Forse non siamo la creatura più evoluta del mondo, forse siamo un errore, una variabile impazzita... della natura. Nei momenti di crisi bisogna fermarsi, fare il punto della situazione e poi riprendere con un ritmo diverso, con una nuova consapevolezza. Ma non può nascere un mondo nuovo se non ci si ferma a meditare.
domenica 27 novembre 2011
I totalitari
Di fronte ai totalitarismi la Chiesa è sempre stata pavida, in tutta la sua storia. Lo conferma ogni studio. Come scrive lo spagnolo Miguel Dalmau in La notte del Diavolo (Gremese ed.), "quel che accadde con Pio XII ai tempi del nazismo è accaduto in tutte le dittature dei paesi cattolici, per esempio in America Latina. La spada e la croce non sopravvivono separate". Ma non si tratta soltanto di pavidità, è qualcosa di ben più grave: di tratta di consonanza fra regimi totalitari. Nel DNA della Chiesa non c'è né libertà né democrazia, ma la dittatura. Non propugna la religione del Capo Supremo, del Padrone Assoluto? Dunque... La disgrazia italiana, la sua vocazione per il fascismo, sta tutta qui: nell'essere la sede della Chiesa.
lunedì 21 novembre 2011
Il problema di Dio
Da una parte c'è la teologia tradizionale che ci parla di un Dio onnipotente che sarebbe anche Bontà e Amore, e dall'altra parte c'è la constatazione che l'universo da lui creato è un'immane macelleria in cui tutti divorano tutti, in cui tutti combattono tutti e in cui gli esseri viventi sono specie di cavie da laboratorio, destinate comunque ad essere sacrificate per il progresso generale. Date un'occhiata all'Africa o a certi paesi del terzo mondo, dove milioni di bambini muoiono di fame e di malattie, dove si muore giovani e dove chi comanda è semplicemente l'individuo più feroce. Questa è la storia del mondo. I conti non tornano. Come può un Dio così buono creare un mondo così violento e concepire un meccanismo infernale come quello dell'evoluzione, dove i più deboli finiscono ammazzati? Chiunque di noi, se potesse concepire e creare un mondo per i propri figli, lo farebbe migliore - non questa specie di teatro di guerra. Ma forse siamo noi che abbiamo messo il carro davanti ai buoi, e all'origine non c'è affatto un Dio come quello immaginato dai teologi. C'è piuttosto un'oscura forza confusa che cerca faticosamente, dolorosamente, di venire alla luce. Dunque, Dio non sarebbe all'inizio, ma alla fine. Dio deve ancora nascere. E può nascere solo da uno sviluppo ulteriore della nostra consapevolezza. C'è ancora un salto evolutivo da compiere.
domenica 20 novembre 2011
Conversioni celebri
Certe conversioni di personaggi della politica o dello spettacolo, che poi ne fanno ostentazione nelle interviste televisive o giornalistiche, non mi convincono. Soprattutto se vengono presentate come un ritorno alla tradizione. Non ci vedo spiritualità, profondità, autenticità. Loro forse sono sinceri, ma non si rendono conto di continuare a recitare una parte, prima quella dei trasgressivi e ora quella delle pecorelle che tornano all'ovile. Come diceva Schopenhauer, "le religioni come le lucciole, per splendere, hanno bisogno dell'oscurità". I preti si fregano le mani perché per loro è tutta pubblicità, e anche quei personaggi si fanno pubblicità. Ma, da individui supeficiali, che lavorano per lo spettacolo, ossia per l'esteriorità, non sanno che cosa sia la vera religione. Come sosteneva Spinoza, "per il volgo religione significa tributare un grande onore al clero". Troppo poco, anzi niente. Gesù li conosceva bene... quelli che, quando fanno l'elemosina, "suonano la tromba davanti a sé", quelli che, quando pregano "stanno ritti nelle sinagoghe o agli angoli delle piazze per farsi vedere dagli uomini" (Mt 6). E consigliava: "Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo in segreto...". Tutto un altro stile.
venerdì 18 novembre 2011
Vecchiaia e saggezza
Invecchiare è perdere, diminuire, disfarsi, alleggerirsi, restringersi, ecc. Ogni giorno diminuiscono le forze, ogni giorno si perde qualcosa.
Ma anche la saggezza segue lo stesso percorso. Non è un accumulare, ma un disfarsi dei fardelli e dei condizionamenti culturali, sociali e psicologici. Lo conferma Lao-tzu quando dice: "Chi segue la via del mondo guadagna ogni giorno, chi segue la via del Tao perde ogni giorno". Lo conferma Gesù quando dice: "Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece l'avrà perduta la salverà... il più grande tra voi diventi come il più piccolo... chi è il più piccolo tra voi questi è il grande... se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso".
Saggio non è dunque chi accumula beni, nozioni o forza egoica, ma colui che si alleggerisce, colui che lascia andare a poco a poco ogni avere, ogni idea di possesso. Perché questo è il senso dell'ultima parte della vita: disfarsi a poco a poco di ogni cosa, fino a perdere quell'ultima "proprietà" che è il proprio ego.
Se la saggezza è la via che porta all'illuminazione, allora la vecchiaia è il momento più favorevole per giungere ad una chiara visione di noi stessi, delle persone e del mondo.
Ma anche la saggezza segue lo stesso percorso. Non è un accumulare, ma un disfarsi dei fardelli e dei condizionamenti culturali, sociali e psicologici. Lo conferma Lao-tzu quando dice: "Chi segue la via del mondo guadagna ogni giorno, chi segue la via del Tao perde ogni giorno". Lo conferma Gesù quando dice: "Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece l'avrà perduta la salverà... il più grande tra voi diventi come il più piccolo... chi è il più piccolo tra voi questi è il grande... se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso".
Saggio non è dunque chi accumula beni, nozioni o forza egoica, ma colui che si alleggerisce, colui che lascia andare a poco a poco ogni avere, ogni idea di possesso. Perché questo è il senso dell'ultima parte della vita: disfarsi a poco a poco di ogni cosa, fino a perdere quell'ultima "proprietà" che è il proprio ego.
Se la saggezza è la via che porta all'illuminazione, allora la vecchiaia è il momento più favorevole per giungere ad una chiara visione di noi stessi, delle persone e del mondo.
venerdì 11 novembre 2011
Le vie dello spirito
"Ispirazione" è una parola molto vicina a respirazione e dunque a spirito. Questo significa che c'è ispirazione solo quando c'è spiritualità. E lo stato di spiritualità si identifica con uno stato di quiete anche fisico. In tedesco "respiro", Atmen, proviene dal sanscrito Atman, che è l'anima individuale. In greco spirito si dice pneuma, ma pneuma indica anche il vento.
Respirare, spirare, soffiare... nella Bibbia si dice che Dio, per creare l'uomo, "soffiò" nelle sue narici "l'alito della vita". E nel Nuovo Testamento si dice che lo spirito è come il vento, che soffia dove vuole. Nelle Upanishad, il soffio vitale, il prana, è identificato con il respiro, il soffio e il principio vitale dell'universo (l'Atman), ed è un riflesso del Brahman, ossia del divino.
"Entusiasmo" è un termine che in greco significa "essere ispirati in Dio". Questo significa che la vitalità, la creatività, la calma, la concentrazione, il benessere e la spinta vitale sono considerati qualcosa di divino, in tutte le culture.
Quando si è nello spirito e nel divino si è sulla strada giusta. Quando invece mancano ispirazione ed entusiasmo si è in crisi, si è depressi, non si progredisce.
Allora domandiamoci ogni giorno: c'è ispirazione e c'è entusiasmo nella mia esistenza? Non a caso in italiano si dice "essere su di spirito" o "essere giù di spirito" per indicare se siamo vitali, creativi e tonici o al contrario negativi e depressi.
Naturalmente, se le cose vanno male, se accadono fatti spiacevoli o drammatici, non si può essere su di spirito. Ma si può comunque essere spirituali, perché possiamo capire verità che non potremmo capire in nessun altro modo. Questo dà un senso agli alti e bassi della vita, e alla sofferenza stessa.
L'importante è non perdere di vista il nostro stato d'animo, fare continuamente un esame di coscienza. Il che è un altro aspetto della meditazione come spiritualità. Tutto torna. Tutte le strade portano da un'unica parte... se si è consapevoli.
Respirare, spirare, soffiare... nella Bibbia si dice che Dio, per creare l'uomo, "soffiò" nelle sue narici "l'alito della vita". E nel Nuovo Testamento si dice che lo spirito è come il vento, che soffia dove vuole. Nelle Upanishad, il soffio vitale, il prana, è identificato con il respiro, il soffio e il principio vitale dell'universo (l'Atman), ed è un riflesso del Brahman, ossia del divino.
"Entusiasmo" è un termine che in greco significa "essere ispirati in Dio". Questo significa che la vitalità, la creatività, la calma, la concentrazione, il benessere e la spinta vitale sono considerati qualcosa di divino, in tutte le culture.
Quando si è nello spirito e nel divino si è sulla strada giusta. Quando invece mancano ispirazione ed entusiasmo si è in crisi, si è depressi, non si progredisce.
Allora domandiamoci ogni giorno: c'è ispirazione e c'è entusiasmo nella mia esistenza? Non a caso in italiano si dice "essere su di spirito" o "essere giù di spirito" per indicare se siamo vitali, creativi e tonici o al contrario negativi e depressi.
Naturalmente, se le cose vanno male, se accadono fatti spiacevoli o drammatici, non si può essere su di spirito. Ma si può comunque essere spirituali, perché possiamo capire verità che non potremmo capire in nessun altro modo. Questo dà un senso agli alti e bassi della vita, e alla sofferenza stessa.
L'importante è non perdere di vista il nostro stato d'animo, fare continuamente un esame di coscienza. Il che è un altro aspetto della meditazione come spiritualità. Tutto torna. Tutte le strade portano da un'unica parte... se si è consapevoli.
domenica 6 novembre 2011
L'io e Dio
Le religioni che dominano il mondo - cristianesimo, islam e giudaismo - sono vecchie e tragicamente obsolete, perché incatenano le coscienze dei loro credenti a idee superate. Ed è anche per questo che l'umanità fa così fatica a progredire. La convinzione più superata è naturalmente quella di Dio, intesa come una persona cui ci si possa rivolgere per chiedere aiuto. Ma se questo aiuto esistesse il mondo non sarebbe così pieno di orrori, di guerre e di sofferenze. In sostanza, quando l'uomo non sa più a chi rivolgersi ecco che pensa a un Dio, perché così gli è stato insegnato. In tal modo, credenti e non credenti sono indotti a rivolgersi ad una specie di padrone o padre supremo che avrebbe il potere di sovvertire le leggi naturali, le sue stesse leggi. Idea quanto mai ingenua e soprattutto fallace. Tutti coloro che si rivolgono a Dio nei momenti di difficoltà grave non sviluppano alcun tipo di spiritualità. Pregano qualcuno, e basta. Con questo noi non voglio dire che Dio non esiste, ma che non è affatto una persona esterna a noi. Non è qualcosa di diverso dalla nostra più profonda interiorità. Ecco il punto. Dio non si trova in qualche posto fra le nuvole, come sembrano credere i fedeli delle religioni. Non si trova né qui né là. In tal senso Dio è solo una scorciatoia, una semplificazione. Nessuna religione, per quanto superficiale, spinge a credere che basti una preghiera qualsiasi per "comunicare" con Dio. Tutte precisano che ci vogliono concentrazione e attenzione. Salvo poi non svilupparle affatto nella vita di tutti i giorni. Solo la cultura della meditazione ci indica la strada della concentrazione e dell'attenzione per cercare di "comunicare", anzi di sintonizzarsi, con questo Dio - inteso come Essere. L'Essere non è una persona, non è nè un padre né una madre, non è un padrone. E si trova non in qualche iperuranio, ma dappertutto. E soprattutto "dentro" di noi. Quindi la maniera più diretta per entrare in contatto con esso è fare silenzio nella mente, raccogliersi, concentrarsi e cogliere il nostro stesso Essere. Infatti il nostro Essere è parte dell'Essere. E questo Essere non c'è bisogno di pregarlo, perché sa già ciò di cui abbiamo bisogno. Se per esempio mi concentro sul mio respiro, lo percepisco, lo sento, i miei pensieri "profani" si arrestano, io mi raccolgo, mi interiorizzo e sciolgo il mio Essere individuale nell'Essere universale. E' così che comunico con il Tutto senza bisogno di pregare un Padrone, senza commettere l'errore di dividere l'io da Dio. Ogni tanto qualcuno parla di guarigioni miracolose, ma, a parte il fatto che molti guariscono da strani mali anche senza pregare Dio, ci si dimentica sempre di dire lo stato d'animo in cui si è pregato Dio - lo stato d'animo di chi si sente in punto di morte. Non è insomma lo stato d'animo di chi dice la sua preghierina serale. E' lo stato d'animo di chi esclude tutto il resto e penetra nella propria anima. Lo stato d'animo... dell'anima.
mercoledì 2 novembre 2011
Illuminarsi
Quando si parla di meditazione, molti credono che si tratti di astrarsi dalle faccende del mondo. E questo è vero per il tempo in cui si medita. Ma lo scopo è in realtà un veder più chiaro (a questo si riferisce la parola "illuminazione"). Si fa tacere la mente non per rincretinirsi, ma per liberarsi dai condizionamenti... e per vedere con più chiarezza se stessi, gli altri e il mondo. Il meditante non è dunque affatto uno che si isola dal mondo. E' una persona che, vedendo più chiaro, è in grado di agire e di giudicare in tutti i campi dell'esistenza compiendo meno errori degli altri. Questo significa anche che parliamo di un processo, non di uno stato fisso.
Il regno dei cieli
Non c'è solo l'Oriente a dare indicazioni. Tutti i mistici hanno qualcosa in comune. Per esempio, Gesù ha detto: "Il regno di Dio non viene in modo che si possa osservare. Nessuno potrà dire 'eccolo qui' o 'eccolo là', perché il regno di Dio è già in mezzo a voi" (Lc 17, 20-21). La frase è stata variamente interpretata. I più materialisti hanno detto che Gesù si riferiva a se stesso, ossia al Redentore; ma in tal senso egli apparirebbe troppo presuntuoso. Altri hanno detto che Gesù si riferiva a quello stato di felicità che è sempre dentro di noi e che può essere recuperato (con la meditazione) astraendosi dalle preoccupazioni e occupazioni quotidiane. In effetti questo "regno dei cieli", questo stato di gioia dell'essere, è sempre dentro di noi ed è sempre in mezzo a noi nel senso che è uno stato mediano tra gli estremi. Un senso di benessere, come quando si contempla, senza pensieri, un bel tramonto o la distesa del mare, la pioggia o il vento, un fiume o una montagna, ecc. Momenti di liberazione dalle tensioni (e dalle sofferenze) del mondo. Non a caso, nella cultura della meditazione, si utilizza la metafora del cielo sgombro dalle nuvole. Lo spazio interiore è esattamente il regno dei cieli.
Peccato che i seguaci di Gesù non l'abbiano capito e abbiano interpretato tutto in senso materialistico. Il regno dei cieli sarebbe il paradiso ultraterreno e Gesù sarebbe il figlio di Dio. Ma anche un mistico musulmano come al-Hallag disse: "Io sono Dio" intendendo riferirsi al fatto che in ogni uomo alberga il divino, il regno dei cieli appunto. Mai ridurre la spiritualità a religione.
Peccato che i seguaci di Gesù non l'abbiano capito e abbiano interpretato tutto in senso materialistico. Il regno dei cieli sarebbe il paradiso ultraterreno e Gesù sarebbe il figlio di Dio. Ma anche un mistico musulmano come al-Hallag disse: "Io sono Dio" intendendo riferirsi al fatto che in ogni uomo alberga il divino, il regno dei cieli appunto. Mai ridurre la spiritualità a religione.
martedì 1 novembre 2011
Le anime morte
E' morto James Hillman, lo psicoanalista americano che sosteneva che gli uomini moderni hanno perso l'anima perché non pensano più con il cuore ma concepiscono ogni relazione in termini di interesse, di profitto, di convenienza e di utilità. Forse il colpo di grazia glielo ha dato il degrado dell'attuale capitalismo, per cui i valori si riducono a uno solo: il valore del denaro che ognuno riesce ad arraffare, costi quel che costi; un capitalismo selvaggio in cui pochi speculatori mettono sul lastrico milioni di individui per fare più soldi, incuranti delle conseguenze.
venerdì 28 ottobre 2011
Stranieri nel mondo
Nei campi di concentramento nazisti sopravviveva solo chi si sentiva al di fuori, al di sopra di quella situazione terribile, solo chi non si identificava con l'odio, con la violenza e con lo stato di costrizione che venivano imposti su tutti, solo chi riusciva a vedere uno sprazzo di cielo pur in mezzo a quelle tenebre, solo che aveva la capacità di sognare, di sperare, di astrarsi o di mirare in alto... nonostante tutto. Ma lo stesso succede nel mondo che in fondo è un campo di concentramento solo più grande, solo più confortevole. Ad esso sopravviverà chi si sente al di sopra, chi non smette di tendere ad un'altra dimensione, chi percepisce di vivere nel mondo ma di non essere del mondo, chi sa di essere qualcosa di più, chi cura la propria anima e la consolida. Non a caso Platone pensava nel mito della caverna che gli uomini vivessero in una specie di prigione nella quale potevano vedere solo ombre della realtà. Comunque, a poco a poco, ci si può avvicinare all'uscita della caverna, rivedere la luce e contemplare il cielo... purché si mantenga viva la capacità di vedere al di sopra e al di fuori della prigione e ci si alleni a disidentificarsi da questi quattro muri. La meditazione ha proprio questo scopo: percepire che si è qualcosa di più, che al proprio centro c'è il centro dell'essere e che è possibile uscire dalla prigionia mantenendo desta l'attenzione. Non c'è altra via. Non c'è nessun salvatore. Ci siamo solo noi.
lunedì 24 ottobre 2011
Viva la Grecia
Faccio un discorso culturale, non economico. Non è possibile che la Grecia sia buttata fuori dall'Europa. Gli ometti e le donnette che governano l'Europa lo sanno questo? Sanno che senza la Grecia non ci sarebbe stata l'Europa? Ho l'impressione che l'attuale crisi mondiale sia provocata dall'aver dato la supremazia al denaro. Il Dio denaro. Ormai i valori di questo capitalismo selvaggio e autodistruttivo sono solo valori numerari. Se vogliamo superare la crisi, buttiamo fuori piuttosto gli economisti e i finanzieri e mettiamo al loro posto gli uomini di cultura.
Le radici della felicità
Le radici della felicità non sono fuori di noi, negli avvenimenti fortunati che possono capitarci. Perché per un po' potremo gioire, ma poi nuovi avvenimenti, ci riporteranno in basso. Le difficoltà non mancheranno mai. Se dunque faremo affidamento sulle cose esterne, dovremo vivere sempre come in un'altalena, e certe avversità potrebbero distruggerci. Tutta la saggezza del mondo converge su un unico punto: la fonte della felicità, che nessun avvenimento esterno potrà cancellare, è dentro di noi, nel profondo del nostro essere. E' questa fonte che dobbiamo scoprire e curare; su di essa potremo avere il controllo. Ecco perché meditare.
domenica 23 ottobre 2011
Come foglie
Morto Gheddafi. Non aveva neanche tentato di fuggire dal suo paese. Pensava di essere insostituibile e invincibile; non aveva consapevolezza che la cosa più importante è la vita, non il potere. Il meno che si possa dire è che aveva presunto troppo da se stesso. Non si rendeva conto di essere lui il più grande ostacolo allo sviluppo del suo paese. Che sia di lezione ai palloni gonfiati di casa nostra, che si credono insostituibili, uomini della Provvidenza, unti da Dio. Nei nostri ruoli sociali, tutti siamo sostituibili. Solo il nucleo dell'essere personale è individuale e unico. Anche il più grande potente è importante quanto una foglia.
venerdì 21 ottobre 2011
Perché meditare?
Ogni tanto qualche lettore mi domanda: ma a che cosa serve la meditazione? Ed evidentemente non ha mai provato a meditare o si aspettava risultati miracolistici. Ora, al di là dei benefici spirituali (che però non interessano tutti), la risposta terra terra è la seguente: serve a potenziare calma e chiarezza . Non costa nulla, non ha bisogno di nessun maestro e non porta via molto tempo. La calma nasce dalla posizione ferma che si deve assumere nella meditazione e dalla necessità di tranquillizzare il corpo e la mente; e la chiarezza della mente nasce dallo scopo dichiato della meditazione: l'illuminazione. Lasciando perdere la mitologia e la mistica, il termine "illuminazione" sta a indicare proprio lo schiarimento della mente, il vedere le cose come in una mattina serena, l'improvvisa liberazione del cielo dalle nuvole che lo coprivano. Si ottiene allora uno stato di benessere. Calma, chiarezza e benessere permettono di vivere meglio e soprattutto di capire più se stessi, gli altri e il mondo; sono fattori che sviluppano la consapevolezza.
domenica 16 ottobre 2011
Gli effetti nefasti della Chiesa
Hans Kung, nel suo ultimo libro Salviamo la Chiesa (Rizzoli), sostiene che la Chiesa cattolica sta attraversando la sua crisi più grave dai tempi della Riforma luterana; e il motivo è la sua struttura monarchica, che impedisce ogni rinnovamento. Infatti, dopo aver affossato il Concilio, i due ultimi papi si sono arroccati nei dogmi e nella tradizioni più oscurantiste senza più tener conto delle esigenze dei fedeli e nascondendo deliberatamente scandali come quello della pedofilia. Concordo e aggiungo che sull'Italia - l'unico paese al mondo che ha ceduto parte della sua sovranità alla Chiesa - questa Controriforma di sapore medievale ha avuto effetti nefasti, non solo sulle innumerevoli leggi sociali che sono state stoppate e che avrebbero ammodernato il paese, ma anche sull'ultimo regime politico, che dalla Chiesa prende esempio per esercitare impunemente forme di neofascismo, in dispregio anch'essi delle esigenze dei cittadini. Proprio come nel ventennio fascista, nel ventennio berlusconiano la Chiesa ha benedetto e appoggiato il regime, e ha osannato l'uomo della Provvidenza. Uno di questi osannatori era don Verzé, un altro uomo della Provvidenza che è finito fallito. Più volte ha dichiarato la sua amicizia e il suo appoggio a Berlusconi. Io però, a differenza di Hans Kung, ritengo che questa sia semplicemente la Chiesa cattolica, un'istituzione che non può essere in nessun modo salvata. Il suo autoritarismo, il suo totalitarismo è costituzionale. Non è bastato un papa come Giovanni XXIII a salvarla. E infatti lui è stato subito dimenticato. Era l'eccezione, non la regola.
sabato 15 ottobre 2011
Respiro e spirito
Di solito quando si incomincia a meditare si parte dalla consapevolezza del respiro. Il respiro infatti ci accompagna tutta la vita e, quando siamo morti, si dice che siamo "spirati". Il respiro è vita, quando si ferma è morte. Inoltre segue tutte le nostre emozioni: se siamo agitati è agitato; se siamo tranquilli è calmo; se siamo nervosi è irregolare; se siamo ansiosi ci stringe il petto; se siamo gioiosi si allarga, e così via. Portare l'attenzione al respiro è dunque un modo per diventare consapevoli dei nostri stati d'animo. E calmare il respiro, renderlo lento, regolare e profondo, quasi impercettibile, significa portare la mente nel suo stato più meditativo. Un piccolo trucco: prima di mettervi a osservare il respiro, fate qualche movimento di ginnastica o muovetevi un po', in modo da accelerarlo. A quel punto fermatevi e seguite il processo con cui il respiro si calma. Vedrete che anche la mente si calmerà. Quando la mente-respiro si sarà calmata, la vostra visione delle cose sarà più chiara... il che è una forma di piccola illuminazione.
Non ci dimentichiamo che le parole "respiro" e "spirito" hanno la stessa origine etimologica. In altri termini si è sempre saputo istintivamente che l'essenza della vita è nello stesso tempo il respiro e lo spirito. In India si chiama prana. Chi dunque affonda nelle profondità del respiro affonda nelle profondità dello spirito.
Non ci dimentichiamo che le parole "respiro" e "spirito" hanno la stessa origine etimologica. In altri termini si è sempre saputo istintivamente che l'essenza della vita è nello stesso tempo il respiro e lo spirito. In India si chiama prana. Chi dunque affonda nelle profondità del respiro affonda nelle profondità dello spirito.
venerdì 14 ottobre 2011
Il peccato del cristianesimo
Come raccontano gli Atti degli apostoli, quando san Paolo arrivò ad Atene cercò di diffondere la sua fede discutendo anche con filosofi epicurei e stoici, e fu invitato ad esporre la sua dottrina all'Areopago. Qui trovò un'ara con l'iscrizione "Al Dio ignoto" e subito si lanciò a proclamare che lui Dio lo conosceva e sapeva chi era - era un uomo, morto sulla croce. Gli intellettuali dell'epoca si misero a deriderlo e lo presero per un ciarlatano. Come poteva Dio, che è infinito e inconoscibile, presentarsi sotto forma di uomo? Era certamente un'assurdità. Ma non potevano prevedere che quell'assurdità sarebbe prevalsa sull'idea di un Dio trascendente. Come mai? In effetti si trattava di una riduzione antropomorfa, ovvero di un desiderio di deificarsi - se Dio si fa uomo, l'uomo è Dio. Ebbe così inizio la grande opera di distruzione della trascenza operata dal cristianesimo. E ormai oggi, nei popoli cristiani o ex-cristiani, non è più possibile pensare a Dio. La teologia stessa è incapace di concepire la trascendenza. In verità, quel "Dio ignoto" era tale solo perché veniva considerato inconoscibile. Era una forma di rispetto per Dio stesso. Ma la mente ristretta di san Paolo non poteva capirlo. Lui non poteva concepire niente al di là dei suoi piccoli limiti. La volgarità teologica avrebbe avuto la prevalenza. La moneta cattiva avrebbe cacciato la moneta buona.
Felicità e serenità
Un mio libro che è stato scritto nel 1997 e che continua a essere ristampato s'intitola L'arte della serenità. Insomma non un best-seller ma un long-seller, come dice l'Editore. L'avevo intitolato così, e non L'arte della felicità, perché mi pareva troppo pretenzioso voler scrivere addirittura un manuale sul come essere felici. Chi può darci dei consigli sul come essere felici? E come fare a essere felici senza essere anche infelici? La saggezza infatti ci spinge a cercare, più che un sentimento passionale come la felicità, uno stato d'animo più pacato, la serenità. La felicità non è controllabile e dipende in gran parte da circostanze esterne. La serenità invece è qualcosa su cui si può lavorare. Inoltre, quando le cose ci vanno male, è possibile essere sereni, ma non è possibile essere felici. Forse la serenità è un poco più grigia, ma in tempi duri è un bene prezioso. Certo, la felicità è un'altra cosa, però ha un grande difetto. Quando se ne va - e in genere dura poco - lascia una grande sofferenza. Nel mondo duale in cui viviamo raggiungere un picco significa prima o poi dover discendere in un baratro. Meglio allora tenersi a mezza altezza, né troppo esaltati né troppo depressi. Una via di mezzo. Questa è la serenità: la capacità di barcamenarsi tra gli opposti, mantenere l'equilibrio. Il che non significa respingere la felicità quando arriva; significa piuttosto non perdere il senso della realtà. E già questo è uno strumento per non perdersi.
domenica 9 ottobre 2011
Spaccio legale
Domenica mattina. Alla radio, prima le omelie papali e poi lo sport. Insomma, l'oppio dei popoli nelle sue due versioni: religiosa e laica. La legge se la prende con la droga distribuita nelle strade e si dimentica di questo duplice oppio, ben più pericoloso, perché instupidisce senza farsene accorgere. E così il gregge segue mansueto: ha assicurato il divertimento su questa terra e la sopravvivenza nell'aldilà. Non deve più preoccuparsi di niente: basta che segua i pastori della Chiesa e dello Stato. Nessuno deve fare più il minimo sforzo, nessuno deve più pensare, nessuno deve più cercare; basta che segua la corrente - il rincretinimento è sicuro. Lo sfruttamento anche. In tal modo la gente perde la sua occasione, l'unica che ha per essere se stessa.
venerdì 7 ottobre 2011
La saggezza di Steve Jobs
Del fondatore della Apple, morto ieri, ricordo alcune frasi di un discorso tenuto nel 2005 all'Università di Stanford che risentono della cultura orientale degli anni '70. Sono in realtà i principi da seguire in ogni tempo per una vita realizzata:
"Il vostro tempo è limitato, ragion per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, il che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra vita interiore. E, cosa più importante di tutti, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario."
"Il vostro tempo è limitato, ragion per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, il che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra vita interiore. E, cosa più importante di tutti, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario."
L'arte della felicità
Scrive il Dalai Lama: "Per essere veramente felici in modo duraturo è necessario riconoscere innanzi tutto la realtà della sofferenza. Forse all'inizio è deprimente, ma alla lunga ci si guadagna" (OM, Mondadori, 20009). E' dunque necessario partire col piede giusto: non pretendere che un qualsiasi stato d'animo sia durevole, nel bene e nel male. Ma poi bisogna intervenire attivamente per evitare di cadere in balia di stati depressivi o comunque negativi. C'è gente infatti che - incredibile a dirsi - si coltiva con costanza la sofferenza; vuole in un certo senso soffrire più del necessario.
Bisogna infatti rendersi conto che gran parte della nostra infelicità nasce dalla mente. Al di là dei desideri fondamentali (il cibo, il sesso, ecc.), esistono numerosi desideri che sono semplicemente indotti da ambizioni inutili o sbagliate. Pensate all'uomo più ricco d'Italia che avrebbe tutto per godersi la vita, ma che vuole essere un grande statista e che, per questo motivo, si amarreggia la vita tutti i giorni. Forse quest'uomo è convinto che la felicità sia nel potere, nel dominio, nel far fare agli altri quel che vuole lui. Poveretto - intanto anche lui è schiavo della sua smania di potere, e sta male.
No, c'è una felicità elementare, comune a tutti, al ricco e al povero, che consiste nell'assaporare la gioia fondamentale del vivere che è dato da cose semplici e alla portata di tutti, come una giornata di sole dopo un periodo di maltempo, superare una malattia, scampare a un pericolo, essere sani, un'alba, un tramonto, una pioggia dopo la siccità, amare, crescere, imparare, leggere un bel libro, vedere un bel film, dormire quando si è stanchi, bere acqua quando si è assetati, fare un bagno in mare, passeggiare in un bosco, ecc.
Anche nella meditazione c'è al fondo una felicità: essere consapevoli di essere. Infatti nella teologia orientale, il principio di tutto viene definito sat-cit-ananda, ch significa "essere-coscienza-gioia". Il fondamento è dunque un'inestricabile connessione tra l'essere, l'essere consapevoli e l'essere felici. L'essere è di per sé una gioia, e chiunque ne sia consapevole viene inestito da questa luce.
Bisogna infatti rendersi conto che gran parte della nostra infelicità nasce dalla mente. Al di là dei desideri fondamentali (il cibo, il sesso, ecc.), esistono numerosi desideri che sono semplicemente indotti da ambizioni inutili o sbagliate. Pensate all'uomo più ricco d'Italia che avrebbe tutto per godersi la vita, ma che vuole essere un grande statista e che, per questo motivo, si amarreggia la vita tutti i giorni. Forse quest'uomo è convinto che la felicità sia nel potere, nel dominio, nel far fare agli altri quel che vuole lui. Poveretto - intanto anche lui è schiavo della sua smania di potere, e sta male.
No, c'è una felicità elementare, comune a tutti, al ricco e al povero, che consiste nell'assaporare la gioia fondamentale del vivere che è dato da cose semplici e alla portata di tutti, come una giornata di sole dopo un periodo di maltempo, superare una malattia, scampare a un pericolo, essere sani, un'alba, un tramonto, una pioggia dopo la siccità, amare, crescere, imparare, leggere un bel libro, vedere un bel film, dormire quando si è stanchi, bere acqua quando si è assetati, fare un bagno in mare, passeggiare in un bosco, ecc.
Anche nella meditazione c'è al fondo una felicità: essere consapevoli di essere. Infatti nella teologia orientale, il principio di tutto viene definito sat-cit-ananda, ch significa "essere-coscienza-gioia". Il fondamento è dunque un'inestricabile connessione tra l'essere, l'essere consapevoli e l'essere felici. L'essere è di per sé una gioia, e chiunque ne sia consapevole viene inestito da questa luce.
mercoledì 5 ottobre 2011
Meditazione e benessere
Ormai anche la scienza dimostra l'effetto positivo che le emozioni hanno sulla mente e sul corpo, nonché l'inestricabile connessione tra i due. Così qualunque cosa, anche un bicchiere di acqua zuccherata, può diventare un principio di benessere e di guarigione. Anche un canto, un suono o un simbolo possono diventare catalizzatori delle nostre energie - cosa che gli sciamani di un tempo sapevano molto bene. Ecco perché è bene coltivare le emozioni o le passioni positive. Una volta si parlava di "pensiero positivo", ma il termine pensiero non rende l'idea. Non è la mente razionale che deve lavorare: è tutto il nostro essere. Non basta ripetersi delle frasi positive; bisogna saper utilizzare le emozioni più interiori.
Tutto sommato, la meditazione, in quanto sviluppo della consapevolezza, al di fuori della mente razionale, segue lo stesso percorso. La consapevolezza infatti di cui parliamo è una forma di concentrazione o di attenzione verso quell'essere profondo che è la fonte del benessere e della gioia. Se così non fosse, l'essere, e quindi la vita, non esisterebbero... perché non avrebbero alcun vantaggio ad esistere. Con questo si risponde ad un'antica domanda della filosofia: perché c'è l'essere? perché il mondo esiste?
Ma noi non facciamo filosofia. Noi cerchiamo stati d'animo profondi che coincidono con le motivazioni fondamentali della vita... e della morte.
Tutto sommato, la meditazione, in quanto sviluppo della consapevolezza, al di fuori della mente razionale, segue lo stesso percorso. La consapevolezza infatti di cui parliamo è una forma di concentrazione o di attenzione verso quell'essere profondo che è la fonte del benessere e della gioia. Se così non fosse, l'essere, e quindi la vita, non esisterebbero... perché non avrebbero alcun vantaggio ad esistere. Con questo si risponde ad un'antica domanda della filosofia: perché c'è l'essere? perché il mondo esiste?
Ma noi non facciamo filosofia. Noi cerchiamo stati d'animo profondi che coincidono con le motivazioni fondamentali della vita... e della morte.
domenica 2 ottobre 2011
Le sette
Quando sento parlare di sette, mi colpisce sempre il gran numero di persone che sono pronte a farsi plagiare: evidentemente alleviamo un gran numero di psicolabili che sono disponibili a seguire il primo imbonitore che passa. E mi viene in mente che non esiste una differenza tra piccole sette e grandi sette: tutte hanno il loro santone, tutte predicano l'obbedienza,la fede e la sottomissione e tutte spillano soldi in una maniera o nell'altra. Certi movimenti ecclesiali o certi ordini religiosi della "setta maggiore", la Chiesa cristiana, si comportano esattamente come le sette minori: fanno di tutto per condizionare i loro adepti e farsi finanziare da loro. Il fatto è che non c'è da noi l'esaltazione del valore dell'autonomia mentale, la rivendicazione orgogliosa delle libertà di coscienza, l'abitudine a pensare con la propria testa e l'addestramento a giudicare da soli. C'è invece l'esaltazione dei valori del gregge: seguire il capo, il leader (anche politico), fidarsi ciecamente di lui, sacrificarsi per lui e non fare mai domande scomode. C'è dunque tutto un sistema educativo che spinge molte, troppe persone, a consegnarsi nella mani degli sfruttatori.
venerdì 30 settembre 2011
La morte incivile
Ora sappiamo come si muore oggi in Italia grazie alle leggi clericali approvate dal Parlamento. Ce lo racconta la compagna di Walter Bonatti, Rossana Podestà, in un'intervista su Repubblica del 30 settembre 2011. Lo scalatore aveva un cancro al pancreas incurabile. Per mancanza di posti altrove, fu portato in una "clinica privata religiosa, tutta marmi e stucchi". Errore: i due non erano sposati. Walter stava sempre peggio, respirava a fatica e fu portato in una stanza dove fu impedito l'ingresso alla compagna. Su un lettino rantolava, si dibatteva, scalciava, chiedeva aiuto, non riusciva a respirare e chiamava Rossana. Ma la compagna di una vita fu tenuta a lungo fuori perché non era la moglie. Lei chiese che gli dessero la morfina. Non fu fatto, perché aveva la pressione troppo bassa e rischiava di morire. Avete capito? Un uomo in stato terminale rischiava di morire..."Non lo sa, signora, che c'è una legge? Chi è lei per violarla? Lo sa, quest'uomo, che lei lo vuole uccidere? E lei non è neanche la moglie. Esca dalla rianimazione" le disse un medico... cattolicissimo. Così Walter fu lasciato solo a rantolare senza morfina. Dopo qualche ora, dopo molte insistenze, fu permesso a Rossana di entrare nella camera. E trovò il suo compagno morto. Ecco come si muore oggi in Italia grazie alle leggi volute dai cattolici e dalla loro religione così piena di amore e di pietà.
domenica 25 settembre 2011
Scienza e fede
E' noto che scienza e fede non hanno niente in comune. D'altronde, se di ciò che affermano le religioni si potesse dimostrare qualcosa non ci sarebbe bisogno della... fede. Ma è soprattutto il metodo che è diverso. La scienza è umile: cerca la verità sapendo che ciò che trova non è mai definitivo e sarà superato. La fede afferma con arroganza che i dogmi concepiti migliaia di anni fa siano sempre validi. La scienza è il meglio di ciò che ha concepito l'umanità, la religione è il peggio. La prima è sperimentale e sottoposta a verifica, la seconda è apodittica, dogmatica, assiomatica e crede di possedere la verità rivelata. Le religioni si sono sempre fatte la guerra, la scienza mai.
Il CERN di Ginevra è un esempio illustre della ricerca scientifica. In quei laboratori lavorano fianco a fianco israeliani e palestinesi, americani e iraniani, tutti uniti da uno stesso obietttivo, tutti pronti a rivedere ciò che scoprono, e nessuno pensa ai miserabili conflitti ideologici e religiosi dei loro rispettivi paesi.
L'umanità potrà essere unificata solo in nome della scienza. mai della fede. Eppure le nostre società danno molta più importanza e molti più soldi alle religioni che alla scienza. Un segno inequivocabile che la gran massa delle popolazioni non è in grado di pensare con la propria testa e vuole essere guidata da qualche messia, con conseguenze disastrose per la democrazia. Finché l'umanità non uscirà dallo stato di minorità, dal desiderio di dipendere ancora dalla madre o dal padre , finché non diventerà essa stessa maggiorenne e non assumerà sulle proprie spalle la responsabilità di vivere e di decidere, ci troveremo in uno stadio infantile, con uomini-bambini che si fanno dominare.
Il CERN di Ginevra è un esempio illustre della ricerca scientifica. In quei laboratori lavorano fianco a fianco israeliani e palestinesi, americani e iraniani, tutti uniti da uno stesso obietttivo, tutti pronti a rivedere ciò che scoprono, e nessuno pensa ai miserabili conflitti ideologici e religiosi dei loro rispettivi paesi.
L'umanità potrà essere unificata solo in nome della scienza. mai della fede. Eppure le nostre società danno molta più importanza e molti più soldi alle religioni che alla scienza. Un segno inequivocabile che la gran massa delle popolazioni non è in grado di pensare con la propria testa e vuole essere guidata da qualche messia, con conseguenze disastrose per la democrazia. Finché l'umanità non uscirà dallo stato di minorità, dal desiderio di dipendere ancora dalla madre o dal padre , finché non diventerà essa stessa maggiorenne e non assumerà sulle proprie spalle la responsabilità di vivere e di decidere, ci troveremo in uno stadio infantile, con uomini-bambini che si fanno dominare.
Religione ed economia
Non mi riferisco ai soldi che ci costano le religioni e alla loro pretesa di essere mantenute dallo Stato che odiano, ma al fatto che alla loro base si trovi un principio economico: l'equilibrio del dare e dell'avere. Tutte le religioni infatti partono dal presupposto che le azioni umane verranno giudicate da qualche Dio che stabilirà una specie di partita doppia, dove da una parte ci saranno le azioni positive e dall'altra parte le azioni negative. Poi si farà il bilancio, e chi non ha messo da parte abbastanza, chi non ha alimentato il proprio conto corrente, verrà irrimediabilmente punito. Il principio dell'economia - d'altronde ben espresso da Gesù quando dice nei Vangeli: "A chi ha sarà dato sempre di più e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha". Insomma è la mentalità economico-finanziaria che vediamo in azione in questi giorni. Non a caso, sempre Gesù utilizza spesso parabole a base di soldi (talenti), di banchieri e di mercanti. Per lui il regno di Dio può essere paragonato ad un mercante, a un banchiere o a un saggio amministratore che chiede ai suoi di render conto di come hanno investito il denaro loro affidato. E chi non lo avrà fatto rendere... sarà punito. Insomma la religione così concepita è soltanto un sottoprodotto della mente economica, pur illudendosi di essere qualcosa di spirituale. Se l'umanità è ridotta in uno stato miserevole, se la nostra vita è determinata dai soldi che abbiamo, se preti e papi sono degli affaristi, lo dobbiamo proprio a queste religioni della partita doppia. In Italia, a capo di una nota fondazione bancaria si trova direttamente una suora! E nessuno se ne meraviglia. Non c'era bisogno del protestantesimo per risvegliare lo spirito del capitalismo: c'era già tutto nei Vangeli.
venerdì 23 settembre 2011
Attenzione e pensiero dualistico
Esiste o non esiste Dio? Esiste o non esiste l'anima? Esiste o non esiste l'aldilà?
E' possibile rispondere a queste domande. Ma la risposta non può essere espressa né con le parole né con i pensieri. Se lo fosse, non sarebbe la realtà ultima, al di là della mente dualistica.
La mente di "Dio" non è affatto la mente umana.
Questo significa che alla realtà ultima non possono attingere le teologie (giochi mentali), ma soltanto una mente che tace e che si fa pura presenza.
Ecco che cos'è la meditazione.
Può essere disperante non poter esprimere ciò che si coglie. Ma il cerchio piccolo non può comprendere il cerchio grande. La rana nel pozzo non può sapere che cosa sia il mare.
E' possibile rispondere a queste domande. Ma la risposta non può essere espressa né con le parole né con i pensieri. Se lo fosse, non sarebbe la realtà ultima, al di là della mente dualistica.
La mente di "Dio" non è affatto la mente umana.
Questo significa che alla realtà ultima non possono attingere le teologie (giochi mentali), ma soltanto una mente che tace e che si fa pura presenza.
Ecco che cos'è la meditazione.
Può essere disperante non poter esprimere ciò che si coglie. Ma il cerchio piccolo non può comprendere il cerchio grande. La rana nel pozzo non può sapere che cosa sia il mare.
domenica 18 settembre 2011
Decidere per sé
Coloro che negano il diritto ad esprimere le proprie volontà nel testamento biologico o comunque nella fine della vita o nel corso di qualche malattia terminale, sostengono che chi si trova in cattive condizioni di salute, magari vecchio, abbandonato e depresso, non è in grado di valutare obiettivamente il suo stato ed è "condizionato" da fattori psicologici ed esterni; di conseguenza è meglio che decida per lui un terzo, il medico. Ma si tratta di un argomento capzioso per negare il diritto alla libertà di scelta. Infatti, chi può mai essere obiettivo quando si tratta di prendere decisioni in momenti delicati? Nessuno è mai obiettivo: siamo tutti condizionati dai nostri stati d'animo e dall'ambiente esterno. Chi vota per un partito è obiettivo? E' solo la sua opinione. Chi decide di sposarsi è obiettivo? Chi decide di fare un figlio è obiettivo? Chi abbraccia una fede non è condizionato da chi gli sta intorno? Eppure nessuno gli contesta il diritto a decidere. Chi non vuole il testamento biologico non è spinto da motivazioni religiose o da ideologie?
L'uomo è questo - è un essere che deve decidere continuamente in maniera del tutto soggettiva. Certo, qualcuno può aiutarlo. Ma chi ci assicura che anche chi lo aiuta sia obiettivo o non sia condizionato? In ogni caso la decisione ultima non può che essere del soggetto stesso.
Piuttosto sarebbe opportuno che ci si abitui a sviluppare un atteggiamento consapevole. Ma a questa cultura delle consapevolezza si oppongono proprio coloro che negano al singolo il diritto di scegliere, il diritto di pensare con la propria testa.
L'uomo è questo - è un essere che deve decidere continuamente in maniera del tutto soggettiva. Certo, qualcuno può aiutarlo. Ma chi ci assicura che anche chi lo aiuta sia obiettivo o non sia condizionato? In ogni caso la decisione ultima non può che essere del soggetto stesso.
Piuttosto sarebbe opportuno che ci si abitui a sviluppare un atteggiamento consapevole. Ma a questa cultura delle consapevolezza si oppongono proprio coloro che negano al singolo il diritto di scegliere, il diritto di pensare con la propria testa.
venerdì 16 settembre 2011
Crimini religiosi
Le vittime della pedofilia dei preti cattolici chiedono alla Corte Internazionale dell'Aja di arrestare il papa per "crimini contro l'umanità". Naturalmente non vedremo mai il papa in galera. Ma un processo alla Chiesa per "crimini contro l'umanità" dovrebbe veramente essere aperto, per discutere non solo del crimine della pedofilia, a lungo nascosto, ma per tutte le persecuzioni, le conquiste e i genocidi avvenuti nel corso e in nome del cristianesimo. Intere popolazioni sono state conquistate e sterminate da gente che portava la croce e che si giustificava dicendo che voleva diffondere il messaggio cristiano. E tutta la storia della Chiesa è una vicenda di persecuzioni... contro i pagani, contro gli ebrei, contro i musulmani, contro le donne emancipate, contro il libero pensiero, contro chiunque dissentisse dai dogmi, ecc.). Sono questi i crimini contro l'umanità, ammessi d'altronde dal papa precedente.
giovedì 15 settembre 2011
I ritardatari della storia
C'è ancora qualcuno che crede che il problema religioso si riduca a domandarsi se esiste o non esiste Dio. Noi invece pensiamo che consista nel chiedersi se siamo o non siamo consapevoli. Due diverse concezioni del "religioso".
Credere in Dio significa in realtà credere che esista un Padrone supremo, il Creatore e Giudice ultimo. E' l'istinto del cane fedele, che cerca il capobranco cui sottomettersi.
Il cane è un animale che ha bisogno che il mondo sia inquadrato in precise gerarchie e che ci sia chi comandi. Così è anche per i credenti in Dio. In loro prevale l'istinto gerarchico, il bisogno del padrone.
Se pensiamo che milioni di persone delle varie religioni ragionano ancora in questi termini e quindi si accaniscono sull'inutile dilemma dell'esistenza di un Capo supremo, ci rendiamo conto di quanto questa umanità sia arretrata. Siamo ancora a livello degli animali da branco.
Credere in Dio significa in realtà credere che esista un Padrone supremo, il Creatore e Giudice ultimo. E' l'istinto del cane fedele, che cerca il capobranco cui sottomettersi.
Il cane è un animale che ha bisogno che il mondo sia inquadrato in precise gerarchie e che ci sia chi comandi. Così è anche per i credenti in Dio. In loro prevale l'istinto gerarchico, il bisogno del padrone.
Se pensiamo che milioni di persone delle varie religioni ragionano ancora in questi termini e quindi si accaniscono sull'inutile dilemma dell'esistenza di un Capo supremo, ci rendiamo conto di quanto questa umanità sia arretrata. Siamo ancora a livello degli animali da branco.
venerdì 9 settembre 2011
La coscienza nel cristianesimo
Ho paura che Vito Mancuso abbia sbagliato religione. Lui continua a professarsi cattolico, ma quando mai il cattolicesmo si è basato sul primato della coscienza? E in effetti gli "ortodossi" da tempo lo hanno stigmatizzato. Ci sono stati papi che hanno addirittura condannato l'uso della coscienza. Questa è la tradizione del cattolicesimo reale, storico. Ciò che conta non è quello che pensa o sente il singolo, ma ciò che decide la Chiesa, ciò che stabilisce il dogma.
Vito Mancuso vorrebbe costruire un cristianesimo gioioso e libero, in cui l'individuo possa trovare un rapporto non tanto con un Dio esterno, un Dio Persona che comanda e pontifica dall'alto, ma un Dio che si riflette innanzitutto interiormente - nella coscienza appunto. "Il mio assoluto, il mio dio" scrive "... non è nulla di esterno a me" (Io e Dio, Garzanti). Già, lo vada a dire ai teologi ufficiali, per i quali Dio è esattamente una "Persona" che comanda, giudica e condanna.
A Mancuso fa orrore il Dio biblico che ordina ad Abramo di sgozzare il figlio Isacco. E anche a me. Ma la Chiesa ci ha presentato da sempre questa esecrabile prova come un fulgido esempio di fede. E fede e fanatismo, fede e violenza, sono sempre andate a braccetto ed esaltate dai credenti, oggi come ieri.
Una seria introspezione non ha niente a che fare con la tradizione cattolica. Ha a che fare con altre tradizioni, con la cultura della meditazione, ma non con il cristianesimo... e neppure con nessuna delle tre maggiori religioni che dominano il mondo.
Tutto il male che viene oggi dalle religioni nasce proprio da queste tre fedi (cristianesimo, islam e giudaismo), pervicacemente legate al passato, sostenitrici di un Dio Padre e Padrone, fautrici di regimi politici autoritari.
La coscienza è qualcosa di sconosciuto al fedele; è piuttosto un fastidio, è qualcosa che non riesce a risolvere... perché è difficile da trattare, sfugge alle categorie dogmatiche e non riconosce gerarchie. Ed è poi qualcosa che richiede sforzo, studio, approfondimento, isolamento, incertezza e lotta. Richiede di affrontare vie sconosciute, terre inesplorate, ostacoli ignoti. Tutte cose estranee alle folle plaudenti e superficiali dei raduni papali, tutte cose che non danno confortevoli e rassicuranti risposte.
La coscienza sa che deve oltrepassare un dio che è un fantoccio costruito dagli uomini e buttare a mare dogmi e teologie. E sa che le religioni del Dio Persona non sono che l'ultimo atto del vecchio paganesimo.
Consiglio dunque a Vito Mancuso di cambiare religione, di rivolgersi per esempio all'Oriente, dove la consapevolezza ha un ruolo centrale, e di rendersi conto che questa sua concezione del cattolicesimo è pura illusione. Già altri pensatori del passato hanno tentato la stessa strada e hanno sognato un cristianesimo dello spirito, ma sono tutti miseramente falliti.
C'è solo la cultura delle meditazione che fa della coscienza il perno di un'esperienza autenticamente religiosa. Perché di questo si tratta. Che cos'è la religione? Seguire i dettami di qualche profeta del passato o di qualche istituzione, o scavare nel proprio spirito? E che cos'è lo spirito? Il dogma o la propria coscienza?
Vito Mancuso vorrebbe costruire un cristianesimo gioioso e libero, in cui l'individuo possa trovare un rapporto non tanto con un Dio esterno, un Dio Persona che comanda e pontifica dall'alto, ma un Dio che si riflette innanzitutto interiormente - nella coscienza appunto. "Il mio assoluto, il mio dio" scrive "... non è nulla di esterno a me" (Io e Dio, Garzanti). Già, lo vada a dire ai teologi ufficiali, per i quali Dio è esattamente una "Persona" che comanda, giudica e condanna.
A Mancuso fa orrore il Dio biblico che ordina ad Abramo di sgozzare il figlio Isacco. E anche a me. Ma la Chiesa ci ha presentato da sempre questa esecrabile prova come un fulgido esempio di fede. E fede e fanatismo, fede e violenza, sono sempre andate a braccetto ed esaltate dai credenti, oggi come ieri.
Una seria introspezione non ha niente a che fare con la tradizione cattolica. Ha a che fare con altre tradizioni, con la cultura della meditazione, ma non con il cristianesimo... e neppure con nessuna delle tre maggiori religioni che dominano il mondo.
Tutto il male che viene oggi dalle religioni nasce proprio da queste tre fedi (cristianesimo, islam e giudaismo), pervicacemente legate al passato, sostenitrici di un Dio Padre e Padrone, fautrici di regimi politici autoritari.
La coscienza è qualcosa di sconosciuto al fedele; è piuttosto un fastidio, è qualcosa che non riesce a risolvere... perché è difficile da trattare, sfugge alle categorie dogmatiche e non riconosce gerarchie. Ed è poi qualcosa che richiede sforzo, studio, approfondimento, isolamento, incertezza e lotta. Richiede di affrontare vie sconosciute, terre inesplorate, ostacoli ignoti. Tutte cose estranee alle folle plaudenti e superficiali dei raduni papali, tutte cose che non danno confortevoli e rassicuranti risposte.
La coscienza sa che deve oltrepassare un dio che è un fantoccio costruito dagli uomini e buttare a mare dogmi e teologie. E sa che le religioni del Dio Persona non sono che l'ultimo atto del vecchio paganesimo.
Consiglio dunque a Vito Mancuso di cambiare religione, di rivolgersi per esempio all'Oriente, dove la consapevolezza ha un ruolo centrale, e di rendersi conto che questa sua concezione del cattolicesimo è pura illusione. Già altri pensatori del passato hanno tentato la stessa strada e hanno sognato un cristianesimo dello spirito, ma sono tutti miseramente falliti.
C'è solo la cultura delle meditazione che fa della coscienza il perno di un'esperienza autenticamente religiosa. Perché di questo si tratta. Che cos'è la religione? Seguire i dettami di qualche profeta del passato o di qualche istituzione, o scavare nel proprio spirito? E che cos'è lo spirito? Il dogma o la propria coscienza?
mercoledì 31 agosto 2011
Infantilismo religioso
Don Mazzi sostiene che, per combattere la pedofilia tra i preti, vanno eliminati i seminari inferiori. L'ho sempre sostenuto. Si tratta di ambienti malsani che bloccano la normale evoluzione psicologica dei futuri sacerdoti. Del resto quanti preti, con le loro vocette in falsetto, con le loro compagnie omosessuali, con i loro travestimenti con sottane e con i loro culti del Bambin Gesù, sono evidentemente individui infantili.
Ma io sostengo che l'intero cattolicesimo, con il suo padre, la sua madre e il suo figlio, è una religione per uno stadio infantile dell'umanità. Quando supereremo l'idea del Padre eterno?
Ma io sostengo che l'intero cattolicesimo, con il suo padre, la sua madre e il suo figlio, è una religione per uno stadio infantile dell'umanità. Quando supereremo l'idea del Padre eterno?
Religione e fascismo
C'è uno stretto rapporto fra fascismo e religione: entrambi vogliono istituire un regime totalitario in cui i cittadini non possano scegliere niente ma solo ubbidire. Un esempio di leggi di questo genere è la norma sul fine-vita che il nostro parlamento sta per approvare: si vuole che la coscienza individuale non abbia il primato: ciò che decide è l'istituzione, la Chiesa, lo Stato. Non si vuole lasciar libero l'inviduo neppure in punto di morte.
I regimi islamici sono un esempio di tale commistione fra fascismo e religione. Lì l'individuo non conta nulla: decide tutto lo Stato religioso, in base ai dettami dei libri sacri interpretati da religiosi di professione.
In Italia la tentazione dello Stato totalitario è sempre presente, perché siamo noi gli inventori del fascismo, che è il prodotto naturale del cattolicesimo. Dopo la presa di Roma, lo scontro fra Stato e Chiesa fu appianato dal fascismo, che da quel momento riconobbe alla Chiesa i privilegi di uno Stato con relativo territorio. In compenso la Chiesa fece di Mussolini "l'uomo della Provvidenza".
Dopo il crollo del nazi-fascismo, furono i conventi e i monasteri cristiani a offrire rifugio ai criminali nazisti e la Chiesa fornì loro denaro e documenti falsi per farli espatriare in Sudamerica. Perché lo fece? Perché costoro si dichiaravano cristiani e avevano sempre visto nella Chiesa il naturale baluardo del totalitarismo. Anzi, la Chiesa è sempre stato il modello Ideale di regime totalitario dove l'individuo non conta nulla e tutto viene deciso dall'alto. Per esempio il capo degli Ustascia croati, Ante Pavelic, un cattolico integralista filo-nazista, sosteneva che "la forza morale del popolo croato sta nella regolata vita religiosa e familiare..." Insomma vedeva nel cattolicesimo lo strumento fondamentale per fondare un regime totalitario. E naturalmente fu aiutato a fuggire dalla Chiesa cattolica.
Oggi non cambia nulla: la religione cattolica, dominata da un papa che fece parte della gioventù hitleriana, resta il punto di riferimento dei fascisti, molti dei quali sono nel governo. Se si legge il programma del Partito nazionalista italiano (PNI), fondato da Gaetano Saya, un leader del MSI ed ex massone, creatore di un servizio segreto parallelo, troviamo tutti gli stereotipi del fascismo: la cacciata degli stranieri, l'istituzione di ronde nere, il razzismo, l'istituzione della pena di morte (da applicare anche ai gay e ai politici), la statalizzazione delle banche e delle industrie, la censura sulla stampa, la lotta contro i "comunisti", l'arruolamento di "legioni per la sicurezza della Patria", l'immediata uscita dall'Unione Europea ecc...
Un tessera di questo movimento è stata inviata a Domenico Scilipoti, che si è dichiarato "onorato" dell'invito e ha proposto di fare entrare in Parlamento anche questo partito neo-nazista.
I regimi islamici sono un esempio di tale commistione fra fascismo e religione. Lì l'individuo non conta nulla: decide tutto lo Stato religioso, in base ai dettami dei libri sacri interpretati da religiosi di professione.
In Italia la tentazione dello Stato totalitario è sempre presente, perché siamo noi gli inventori del fascismo, che è il prodotto naturale del cattolicesimo. Dopo la presa di Roma, lo scontro fra Stato e Chiesa fu appianato dal fascismo, che da quel momento riconobbe alla Chiesa i privilegi di uno Stato con relativo territorio. In compenso la Chiesa fece di Mussolini "l'uomo della Provvidenza".
Dopo il crollo del nazi-fascismo, furono i conventi e i monasteri cristiani a offrire rifugio ai criminali nazisti e la Chiesa fornì loro denaro e documenti falsi per farli espatriare in Sudamerica. Perché lo fece? Perché costoro si dichiaravano cristiani e avevano sempre visto nella Chiesa il naturale baluardo del totalitarismo. Anzi, la Chiesa è sempre stato il modello Ideale di regime totalitario dove l'individuo non conta nulla e tutto viene deciso dall'alto. Per esempio il capo degli Ustascia croati, Ante Pavelic, un cattolico integralista filo-nazista, sosteneva che "la forza morale del popolo croato sta nella regolata vita religiosa e familiare..." Insomma vedeva nel cattolicesimo lo strumento fondamentale per fondare un regime totalitario. E naturalmente fu aiutato a fuggire dalla Chiesa cattolica.
Oggi non cambia nulla: la religione cattolica, dominata da un papa che fece parte della gioventù hitleriana, resta il punto di riferimento dei fascisti, molti dei quali sono nel governo. Se si legge il programma del Partito nazionalista italiano (PNI), fondato da Gaetano Saya, un leader del MSI ed ex massone, creatore di un servizio segreto parallelo, troviamo tutti gli stereotipi del fascismo: la cacciata degli stranieri, l'istituzione di ronde nere, il razzismo, l'istituzione della pena di morte (da applicare anche ai gay e ai politici), la statalizzazione delle banche e delle industrie, la censura sulla stampa, la lotta contro i "comunisti", l'arruolamento di "legioni per la sicurezza della Patria", l'immediata uscita dall'Unione Europea ecc...
Un tessera di questo movimento è stata inviata a Domenico Scilipoti, che si è dichiarato "onorato" dell'invito e ha proposto di fare entrare in Parlamento anche questo partito neo-nazista.
venerdì 19 agosto 2011
Il sacro della vacanza
Che cosa può esserci di religioso in una vacanza, per esempio nel raduno dei giovani cattolici a Madrid? In apparenza niente. Ma nella vacanza c'è veramente qualcosa di sacro. Non a caso, in inglese "vacanza" si dice holiday, che significa "giorno sacro". D'altronde anche in italiano il termine "vacanza" indica qualcosa di vacante, di vuoto. E perché il vuoto è considerato sacro? Perché è un cambiamento del proprio modo di essere, dell'io consueto, della mente abituale. Il sacro si rivela dunque non in ciò che siamo abitualmente, ma nello svuotamento, nell'annullamento, ossia nel salto che il nostro essere compie quando affronta all'improvviso qualcosa di nuovo e di ignoto, qualcosa che ci provoca un dislocamento, un disorientamento della coscienza. Purtroppo, nella nostra cultura il sacro viene ancora posto nel pieno, nell'essere, nel noto, nel tradizionale, nell'abituale. In Oriente invece è stato colto da tempo il sacro del vuoto, e la meditazione insegna per prima cosa la necessità di fare il vuoto mentale. Che è dunque come una vacanza. Non c'è perciò bisogno di andare a Madrid o in India per trovare il sacro. Basta svuotare la propria mente o trovare o vedere qualcosa di nuovo.
Il sacro tuttavia non si fa avvicinare impunemente: richiede sacrifici. Ed ecco infatti che alla vacanza si sacrifica tutto - oltre al denaro, gli animali che vengono abbandonati, le piante sul balcone o nel giardino che muoiono di siccità e gli anziani che vengono lasciati soli nelle città inospitali. Poi ci sono le vittime della strada, ogni anno centinaia. Ma per il sacro, per la vacanza, siamo disposti a sacrificare tutto, proprio come Abramo con il figlio Isacco.
Chissà comunque quanti saranno gli adoratori delle vacanze che torneranno dopo aver fatto una simile esperienza, con un sentimento nuovo. E chissà in quanti durerà più dello spazio di un mattino. Subito dopo saranno infatti ripresi dalle preoccupazioni e dalle ansie della vita quotidiana, e si dimenticheranno che cosa sia davvero il sacro. Ritorneranno a credere che sia qualche Salvatore divino o, peggio ancora, qualche Papa.
giovedì 18 agosto 2011
Pubblicità religiosa
L'uso della pubblicità per promuovere la religione è caratteristico del cattolicesimo. A partire da Gesù che istituì quello spettacolino che è la ripetizione dell'ultima cena, ogni rituale della Chiesa non è che sacra rappresentazione, ossia rappresentazione del sacro - di un sacro però stereotipato ed elementare, qualcosa che ben si adatta ad una religione infantile qual è il cristianesimo. In fondo siamo ancora alla religione degli dei che scendono sulla terra, si accoppiano con fanciulle vergini e mettono al mondo esseri straordinari. Una religione appartenente ancora ad uno stadio infantile dell'evoluzione dell'umanità. I papi si sono adattati benissimo a queste sacre rappresentazioni, un tempo illustrate da grandi pittori come Raffaello e Michelangelo, ed oggi veicolate dalla televisione. Che cosa devono fare? Solo gli attori di uno spettacolo. Vestiti come antichi monarchi orientali se ne vanno in giro a compiere rituali, a benedire e a ripetere luoghi comuni, ma a chiedere in cambio sostanziosi contributi in denaro... in nome della carità, s'intende.
giovedì 11 agosto 2011
Le radici della violenza
Sono d'accordo con il regista inglese Graham Vick che, in un'intervista sul Corriere della Sera dell'11/08/2011, sostiene che nell'Antico Testamento sono contenuti i germi del fanatismo e della violenza. "Quello invocato da Mosè è un Dio di rabbia e di distruzione. E' strano che arrivi il comandamento 'non uccidere' proprio da colui che ha ucciso tutti i primogeniti dell'Egitto e ha permesso di essere brandito come un'arma dal suo profeta. Bisogna sempre diffidare di chi si definisce 'il popolo di Dio', di chi dichiara guerra in suo nome. Credersi gli eletti del Signore è una forma bella e buona di razzismo. Un veleno per l'umanità".
Ma nel passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento le cose non cambiano sostanzialmente. Il Dio è sempre quello, semmai camuffato da Essere bonario. E si presenta sempre come un sanguinario Dio dei sacrifici e della violenza. Il povero Gesù si era illuso che il Padre fosse cambiato. Ed è finito come è finito.
No, abbandoniamo questi Iddii che covano odio, gelosia, passione e vendetta nel loro animo. Liberiamoci delle loro religioni.
Crisi spirituale e crisi economica
Sappiamo che la natura umana può essere molto malvagia, la peggiore di tutti gli esseri viventi. C'è gente che per arricchirsi sarebbe disposta ad ammazzare o a mandare in miseria milioni di individui. La vediamo in azione in questi giorni. Che cos'è in fondo la crisi attuale? Banchieri, affaristi e speculatori vogliono arricchirsi facilmente senza preoccuparsi delle conseguenze per il mondo - che gli altri vadano a farsi friggere! L'importante è accumulare denaro, costi quel che costi. Questa è anche l'essenza del capitalismo che, dopo la scomparsa del comunismo, ha rivelato il suo volto più disumano. E alla base di tutto c'è una crisi spirituale per cui non esiste più il bene comune: esiste solo l'interesse di qualche individuo paranoico, dominato da un delirio di onnipotenza. Visto che la crisi è partita dagli Usa, è giusto domandarsi dove sia finita la civiltà che una volta si definiva cristiana. Eccola qui in tutto il suo orrore.
mercoledì 10 agosto 2011
Liberazione e risveglio
Un lettore mi chiede se sia necessario meditare dato che alcuni maestri (per esempio Krishnamurti) affermano che la meditazione come tecnica serve a poco. In effetti, anche noi diciamo che la meditazione è più un non fare che un fare. Che significa? Significa che, al di là delle tecniche, si tratta più di liberarsi di qualcosa che di ottenere o di acquisire qualcosa. Per questo si parla di liberazione. Liberarsi dai pesanti condizionamenti (culturali, sociali, religiosi, sociali, ecc.) che ci opprimono e che ci costringono a ripeterci. In tal senso meditare è liberarsi delle abitudini e delle categorie mentali acquisite. Qui la tecnica serve poco; e la meditazione si trasforma in una presa di coscienza il più possibile ripetuta e prolungata. E' un vedersi e uno svuotarsi per isolare il proprio essere sostanziale, quello che si trova oltre l'ego abituale. E' un guardare con consapevolezza, è uno svuotarsi. Ed è un'operazione della coscienza. Ma un'operazione della coscienza è comunque un'azione, un lavoro che si fa su di sé, come una psicoterapia, anche se del tutto speciale. Di fronte a questo tipo di meditazione, le varie tecniche sono puramente introduttive, sono strumenti utili ma non certo sufficienti, perché hanno il compito di riportarci ogni volta al centro di noi stessi, là dove ha inizio la vera meditazione. Mantenere vivo lo spirito, mantenersi attenti e consapevoli, uscire dal sonno della coscienza, meditare in tal senso, è dunque la condizione indispensabile per risvegliarsi.
lunedì 8 agosto 2011
Il nuovo Dio
Un nuovo Dio è apparso tra gli dei. Si chiama Mercato. Non dimora però sull'Olimpo, ma nella Borsa. I suoi sacerdoti si chiamano finanzieri. Come tutti gli dei, crea per distruggere e distrugge per creare. Insomma è irrazionale, umorale e cattivo - richiede continui sacrifici.
Quando mai gli uomini impareranno a non adorare più dei esterni e ad assumersi sulle proprie spalle la responsabilità del mondo?
Quando mai gli uomini impareranno a non adorare più dei esterni e ad assumersi sulle proprie spalle la responsabilità del mondo?
martedì 2 agosto 2011
Diffondere la meditazione
Un lettore (che ringrazio) mi scrive per chiedermi se sia possibile ampliare la platea dei meditatori attraverso le moderne tecniche di divulgazione di massa: tv, web, pubblicità, radio, cinema, ecc. Ed ecco la mia opinione.
Allo stato attuale, queste tecniche possono funzionare solo per diffondere religioni e credenze religiose, basate su fedi e rituali. Si tratta infatti di strumenti che possono creare seguaci, sette e movimenti, ma non veri meditatori. La meditazione è il contrario della religione; non si tratta di credere in qualcosa e neppure di diventare dei seguaci di un credo o di un maestro.
Naturalmente contano molto i momenti storici, le mode e i maestri. Tuttavia nessun maestro può fare di noi degli illuminati. Come si dice, il maestro può indicare la via, ma poi ognuno deve percorrerla individualmente, di persona. E questo è un gran bene, perché spesso i sedicenti maestri sono mossi o da ambizioni personali o da interessi economici e di potere. Tutti noi siamo spesso mossi da desideri egoici e di affermazione di cui non ci rendiamo conto; tutti noi siamo una miscela di elementi sattvici, tamasici e rajasici. Troppe persone poi cercano nei maestri o nelle figure religiose un padre, una madre o un'autorità, cui assoggettarsi.
La meditazione è il contrario dell'infatuazione e del marketing. E' piuttosto un entrare in se stessi, un cercare dentro di sé, eliminando i pregiudizi e i condizionamenti. E ognuno ha propri tempi di evoluzione. Se siamo in questo mondo, è perché non siamo troppo evoluti, ma neppure del tutto inconsapevoli come gli altri animali.
Comunque, qualcosa è possibile fare. E' possibile parlare, informare, divulgare, far conoscere, in modo che l'idea, la percezione o il seme della meditazione penetrino nello spirito di più gente possibile. In tal senso sono utili tutti gli strumenti di divulgazione, antichi e moderni. Un bel film, un bel libro, un maestro che parli o che stia in silenzio possono contribuire a far nascere un desiderio di spiritualità. Possiamo spargere semi, che prima o poi (magari in qualche vita futura) germoglieranno.
Perché non introdurre un'ora di meditazione così come come si fa con l'ora di religione? mi domanda ancora il lettore. E' possibile farlo e già viene fatto. Per esempio, è semplice e giovevole insegnare a seguire il respiro o a svuotare la mente dai pensieri abituali. Ma non è sufficiente e non si può imporre la meditazione a chi non ne sente l'esigenza. Ci vuole qualcosa che si risvegli dentro di noi: la cosiddetta mente dell'illuminazione. E non è pensabile che in questo momento dell'evoluzione umana le masse sentano il bisogno di meditare. Oggi la maggioranza degli uomini pensa ancora in termini di Dio e di religioni, anche se si tratta di tradizioni ormai morte.
In conclusione la divulgazione è sempre utile. E si possono comunque diffondere i valori della meditazione, che sono l'interiorità, l'attenzione, il distacco e il silenzio mentale. Ma ogni azione di indottrinamento è contraria allo spirito della meditazione.
Allo stato attuale, queste tecniche possono funzionare solo per diffondere religioni e credenze religiose, basate su fedi e rituali. Si tratta infatti di strumenti che possono creare seguaci, sette e movimenti, ma non veri meditatori. La meditazione è il contrario della religione; non si tratta di credere in qualcosa e neppure di diventare dei seguaci di un credo o di un maestro.
Naturalmente contano molto i momenti storici, le mode e i maestri. Tuttavia nessun maestro può fare di noi degli illuminati. Come si dice, il maestro può indicare la via, ma poi ognuno deve percorrerla individualmente, di persona. E questo è un gran bene, perché spesso i sedicenti maestri sono mossi o da ambizioni personali o da interessi economici e di potere. Tutti noi siamo spesso mossi da desideri egoici e di affermazione di cui non ci rendiamo conto; tutti noi siamo una miscela di elementi sattvici, tamasici e rajasici. Troppe persone poi cercano nei maestri o nelle figure religiose un padre, una madre o un'autorità, cui assoggettarsi.
La meditazione è il contrario dell'infatuazione e del marketing. E' piuttosto un entrare in se stessi, un cercare dentro di sé, eliminando i pregiudizi e i condizionamenti. E ognuno ha propri tempi di evoluzione. Se siamo in questo mondo, è perché non siamo troppo evoluti, ma neppure del tutto inconsapevoli come gli altri animali.
Comunque, qualcosa è possibile fare. E' possibile parlare, informare, divulgare, far conoscere, in modo che l'idea, la percezione o il seme della meditazione penetrino nello spirito di più gente possibile. In tal senso sono utili tutti gli strumenti di divulgazione, antichi e moderni. Un bel film, un bel libro, un maestro che parli o che stia in silenzio possono contribuire a far nascere un desiderio di spiritualità. Possiamo spargere semi, che prima o poi (magari in qualche vita futura) germoglieranno.
Perché non introdurre un'ora di meditazione così come come si fa con l'ora di religione? mi domanda ancora il lettore. E' possibile farlo e già viene fatto. Per esempio, è semplice e giovevole insegnare a seguire il respiro o a svuotare la mente dai pensieri abituali. Ma non è sufficiente e non si può imporre la meditazione a chi non ne sente l'esigenza. Ci vuole qualcosa che si risvegli dentro di noi: la cosiddetta mente dell'illuminazione. E non è pensabile che in questo momento dell'evoluzione umana le masse sentano il bisogno di meditare. Oggi la maggioranza degli uomini pensa ancora in termini di Dio e di religioni, anche se si tratta di tradizioni ormai morte.
In conclusione la divulgazione è sempre utile. E si possono comunque diffondere i valori della meditazione, che sono l'interiorità, l'attenzione, il distacco e il silenzio mentale. Ma ogni azione di indottrinamento è contraria allo spirito della meditazione.
venerdì 29 luglio 2011
Quando sorge il sole
Un discepolo andò a trovare un maestro zen e gli domandò che cosa dovesse fare per raggiungere l'illuminazione.
"Devi fare come il sole quando sorge ogni mattina."
"Ma il sole non fa nulla."
"Appunto."
"Allora a che cosa serve meditare?"
"Ad avere gli occhi aperti quando sorge il sole."
"Devi fare come il sole quando sorge ogni mattina."
"Ma il sole non fa nulla."
"Appunto."
"Allora a che cosa serve meditare?"
"Ad avere gli occhi aperti quando sorge il sole."
sabato 23 luglio 2011
Le maschere di Dio
Si sentono ancora antiquati dibattiti sul credere o non credere in Dio. In realtà credere o non credere in Dio non fa differenza. Quel che conta è l'immagine di Dio cui si crede o non si crede, perché di immagini ce ne sono centomila. Anche i terroristi islamici credono in Dio. Oggi, in Norvegia, un uomo che ha ucciso in due attentati più di 90 persone dice di essere un fondamentalista cristiano. Dunque, bisogna precisare a quale immagine di Dio si crede o non si crede, perché un'immagine non è affatto uguale all'altra, perché il Dio cristiano, per esempio, non è affatto uguale al Dio dell'Islam, degli ebrei o degli indù. Esistono Iddii della vendetta, della guerra, dell'odio, della punizione, dell'amore, del masochismo, del sadismo, della giustizia, dell'arbitrio... di tutto. Esistono Iddii che sono proiezioni dei nostri genitori. Esiste il Dio Padre e il Dio Figlio. Esiste il Dio maschio e il Dio Femmina. Ciò significa che si può credere in Iddii completamente sbagliati, perché, indipendentemente dal fatto che Dio esista o non esista, è la mente umana che lo immagina, che la fa a sua immagine a somiglianza. Ecco perché, come uno è così è il suo Dio.
venerdì 22 luglio 2011
Risvegliarsi alla realtà
C'è una distanza incolmabile tra la dogmatica di questa o quella religione e la ricerca spirituale che cerca la verità. La prima è il frutto di una sclerosi mentale, la seconda di un'apertura mentale che cerca nell'esperienza ogni conferma di validità. I primi sono la negazione della vita, la seconda è l'esaltazione dell'esperienza. La prima è un preconcetto al di fuori del mondo, la seconda è uno stare totalmente nel mondo. La prima è la ricerca di una pace irreale, morta, la seconda è la ricerca dell'immediatezza, sia nel piacere sia nel dolore. La prima è una droga artificiale, la seconda è la bastonata che il maestro zen dà sulla spalla di chi si sta addormentando o uscendo dalla realtà. La prima è un addormentamento, la seconda è un risveglio.
sabato 16 luglio 2011
Incomunicabilità
A volte crediamo di parlare la stessa lingua e dello stesso argomento. Ma chissà se viviamo nello stesso mondo. Forse ognuno vive in un suo mondo parallelo, che non s'incontra mai veramente con quello degli altri. C'è una famosa storia zen che ce lo ricorda. C'era un maestro zen che, dovendo andare in città e aspettando un teologo, disse al fratello scemo e orbo: "Quando arriva il teologo, tu non dire niente. Accoglilo e basta!" Quando tornò, domandò al teologo: "Ti ha accolto bene mio fratello?" "Benissimo, è un grande saggio.Quando gli ho mostrato un dito indicando l'unità di Buddha, lui me ne ha mostrati due indicando che il Buddha è inseparabile dalla sua dottrina. Allora io gli ho risposto con tre dita indicando che oltre al Budda e alla dottrina c'è il mondo. E lui mi ha mostrato il pugno chiuso indicando che queste tre cose sono un tutt'uno." Il maestro si meravigliò e, quando il teologo ripartì, domandò al fratello: "Ma che cosa è successo fra voi due?" Il fratello rispose: "Lui mi ha mostrato un dito per indicarmi che avevo un occhio solo. Io gli ho mostrato due dita per indicare che lui ne aveva due. Quando però mi ha mostrato tre dita per indicare che insieme avevamo tre occhi, mi sono irritato e gli ho mostrato un pugno per dirgli che, se continuava a sfottermi, gli avrei spaccato la faccia!"
venerdì 8 luglio 2011
Veder chiaro
C'è sempre qualcosa di paradossale nella meditazione come pratica. Si cerca di raggiungere qualcosa che, più ci sforziamo, più sembra allontanarsi. Qualcosa di imprendibile, come la propria ombra. Al punto che qualcuno sostiene che la meditazione è inutile. La mente non può superare se stessa. L'io non può volere l'annullamento di se stesso. La consapevolezza, in quanto soggetto, non può essere trasformata in un oggetto di conoscenza. Tutto questo è vero, ma siamo sempre nell'ambito della consueta razionalità dualistica, mentre la meditazione si situa ad un livello ultra-razionale. Ciò che cerchiamo non è infatti una comprensione intellettuale delle cose ultime, non è un'interpretazione che spieghi tutto, ma un recedere delle pretese mentali. Ecco perché si parla più di un lasciar andare che di un conquistare, più di un distensione che che di una concentrazione. Inoltre, quando si tenta una scalata, non è sensato cercare di raggiungere in un colpo solo la cima. Si può invece procedere passo dopo passo, salendo sempre più in alto e godendosi le altezze intermedie. L'illuminazione è in sostanza un veder chiaro. E ci sono varie gradazioni tra il buio completo e la luce sfolgorante del sole. Anche nella vita pratica un veder più chiaro è sempre un risultato apprezzabile e utile.
sabato 2 luglio 2011
Il nulla benefico
Abbiamo paura del nulla, abbiamo paura della morte, come se fosse la fine di tutto. Ma in realtà abbiamo paura di perdere ciò che ci è familiare e soprattutto il nostro stesso io. Eppure, tutte le notti, quando ci addormentiamo, ci abbandoniamo a questo "nulla" come se fosse qualcosa di molto invitante e piacevole. Ed è così. Non parlo dei sogni, in cui è in funzione ancora la mente che deve sempre produrre immagini e pensieri, ma di quel sonno profondo in cui scompare ogni attività mentale e l'idea stessa del nostro io. Eppure, è proprio questo sonno profondo che ci rigenera e ci permette di affrontare la nuova giornata. Se non dormissimo, staremmo male e alla fine moriremmo.
Abbiamo dunque bisogno, ogni giorno, di almeno un'immersione in questo "nulla"... che ci dà la forza di continuare. Forse il nulla, come diceva Parmenide, non esiste; forse è semplicemente uno stato in cui la mente non funziona e l'ego non appare. A noi sembra nulla, perché, non funzionando la mente e il senso dell'io, non possiamo né ricordarlo né pensarlo. Ma, se è così benefico e rigenerante, è in realtà la fonte dell'essere, ciò che è sempre presente.
Il problema è che, quando lo cerchiamo, non possiamo trovarlo, proprio perché la mente e l'ego devono essere messi da parte. Non può essere un semplice oggetto di conoscenza, per il semplice fatto che è ciò che ci rende consapevoli, è il soggetto, il Sé.
Solo il sonno profondo e una meditazione di abbandono (delle attività mentali) ci avvicinano a questo sfondo dell'essere.
Abbiamo dunque bisogno, ogni giorno, di almeno un'immersione in questo "nulla"... che ci dà la forza di continuare. Forse il nulla, come diceva Parmenide, non esiste; forse è semplicemente uno stato in cui la mente non funziona e l'ego non appare. A noi sembra nulla, perché, non funzionando la mente e il senso dell'io, non possiamo né ricordarlo né pensarlo. Ma, se è così benefico e rigenerante, è in realtà la fonte dell'essere, ciò che è sempre presente.
Il problema è che, quando lo cerchiamo, non possiamo trovarlo, proprio perché la mente e l'ego devono essere messi da parte. Non può essere un semplice oggetto di conoscenza, per il semplice fatto che è ciò che ci rende consapevoli, è il soggetto, il Sé.
Solo il sonno profondo e una meditazione di abbandono (delle attività mentali) ci avvicinano a questo sfondo dell'essere.
lunedì 27 giugno 2011
L'ascolto meditativo
Fu chiesto a Madre Teresa di Calcutta quali parole usasse quando pregava Dio. Lei rispose: "Nessuna parola... Ascolto". "E che cosa le dice Dio". "Dio non parla... Ascolta".
Insomma, parlare è da tutti. Ascoltare è da pochi.
Ma come si fa a mettersi in ascolto? Bisogna smettere di parlare, bisogna smettere di pensare in termini di io e di mio, e bisogna interrompere ogni chiacchiericcio interiore. Insomma, fare il più possibile il vuoto.
Insomma, parlare è da tutti. Ascoltare è da pochi.
Ma come si fa a mettersi in ascolto? Bisogna smettere di parlare, bisogna smettere di pensare in termini di io e di mio, e bisogna interrompere ogni chiacchiericcio interiore. Insomma, fare il più possibile il vuoto.
giovedì 23 giugno 2011
Capire l'amore
Qualcuno mette in contrapposizione l'amore per sé all'amore per gli altri. Niente di più sbagliato. Per esempio, la Bhradaranyaka Upanishad dice: "Non è per amore delle creature che esse ci sono care, ma per amore di sé (o del Sé)". Come mai? Sembra che l'amore "egoistico" sia in contrasto con l'amore "altruista". Ma non è così. L'amore per sé è il fondamento della possibilità di amare anche gli altri... quando per sé non ci riferiamo al piccolo ego, ma al Sé che è parte della Totalità, che è il Tutto. In realtà, il vero egoista ama un'immagine falsa di sé, un'immagine distorta. Non ama il Sé come Totalità, ma un ego ristretto e separato da tutto il resto. Quando Gesù dice: "Ama il prossimo tuo come te stesso" mette sullo stesso piano l'amare se stessi e l'amare gli altri, e identifica il Sé con Dio, ossia con il Tutto.
Il problema è che noi consideriamo il sé come un ego diviso e contrapposto. E innalziamo confini per delimitarlo. Ma l'essenza dell'amore non è un sentimento romantico, bensì la scoperta di un legame di unione, la scoperta che ognuno di noi non è un'isola separata. E' una questione di visuale. Provate a togliere l'acqua dal mare e scoprirete che anche le isole non sono affatto separate dai continenti. Tutto è unito.
Se manca questa scoperta, manca la possibilità d'amore. E allora si entra o si resta nel vero ego-centrismo. Tuttavia questa scoperta non è istintiva, e ha bisogno di un minimo di meditazione. L'isola non potrà mai capire che non è veramente isolata finché non alzerà lo sguardo al di là di sé, verso il verso Sé.
Il problema è che noi consideriamo il sé come un ego diviso e contrapposto. E innalziamo confini per delimitarlo. Ma l'essenza dell'amore non è un sentimento romantico, bensì la scoperta di un legame di unione, la scoperta che ognuno di noi non è un'isola separata. E' una questione di visuale. Provate a togliere l'acqua dal mare e scoprirete che anche le isole non sono affatto separate dai continenti. Tutto è unito.
Se manca questa scoperta, manca la possibilità d'amore. E allora si entra o si resta nel vero ego-centrismo. Tuttavia questa scoperta non è istintiva, e ha bisogno di un minimo di meditazione. L'isola non potrà mai capire che non è veramente isolata finché non alzerà lo sguardo al di là di sé, verso il verso Sé.
mercoledì 15 giugno 2011
Tensione e meditazione
Noi non ce ne accorgiamo ma perfino contrarre un muscolo è una fatica. Chiudere o aprire una mano, fare un passo, camminare, stare in piedi con addosso la forza di gravità, battere le palpebre, pensare o respirare... tutto ciò comporta uno sforzo. Anche le cose più piacevoli, come mangiare o fare l'amore, sono sforzi. In breve, venire al mondo è uno sforzo, vivere è uno sforzo. E sforzo è sempre sinonimo di sofferenza.
La meditazione non deve invece essere uno sforzo, un fare; ma un mettere fine ad ogni sforzo, uno smettere di fare. Tuttavia, abituati come siamo a fare qualcosa, a conquistare una meta o a raggiungere un obiettivo, crediamo che anche meditare comporti una qualche fatica, un tendersi o un protendersi verso qualcosa. Niente di più sbagliato.
L' "azione" coinvolta nella meditazione è più un lasciar andare, un mollare la presa, un allentare la tensione... di vivere. Ciò che cerchiamo non è una cosa da conquistare, una meta da raggiungere, ma ciò che abbiamo fin dall'origine e che soltanto i nostri sforzi ci hanno allontanato. Se la vita è un tendersi, la meditazione è un dis-tendersi.
La meditazione non deve invece essere uno sforzo, un fare; ma un mettere fine ad ogni sforzo, uno smettere di fare. Tuttavia, abituati come siamo a fare qualcosa, a conquistare una meta o a raggiungere un obiettivo, crediamo che anche meditare comporti una qualche fatica, un tendersi o un protendersi verso qualcosa. Niente di più sbagliato.
L' "azione" coinvolta nella meditazione è più un lasciar andare, un mollare la presa, un allentare la tensione... di vivere. Ciò che cerchiamo non è una cosa da conquistare, una meta da raggiungere, ma ciò che abbiamo fin dall'origine e che soltanto i nostri sforzi ci hanno allontanato. Se la vita è un tendersi, la meditazione è un dis-tendersi.
giovedì 9 giugno 2011
Il silenzio meditativo
Il silenzio meditativo non è soltanto un non parlare, come fanno certi monaci. Ma un far tacere l'intero complesso della mente, un lasciar cadere il tentativo di comprendere (cum-prendere) con il linguaggio limitato ciò che è incondizionato o semplicemente ciò che non è razionale. Infatti, poiché la parte non può comprendere il tutto, la parola,il pensiero e la ragione non possono comprendere ciò di cui sono solo una minima parte.
All'origine del tutto ci si avvicina meglio nel silenzio meditativo, che è più un'apertura, un lasciar andare tutti gli strumenti condizionati della conoscenza.
D'altra parte, le cose fondamentali dell'esistenza non sono comprensibili intellettualmente. Nessuna sa "dire" che cosa sia la vita, l'amore, l'angoscia o la morte. Sono esperienze che tutti facciamo ma che non possono essere comprese intellettualmente. Ecco perché è meglio lasciarla cadere, piuttosto che dare definizioni da catechismo infantile.
Nel silenzio della mente, possiamo ottenere, per quanto possibile, squarci di una verità superiore.
All'origine del tutto ci si avvicina meglio nel silenzio meditativo, che è più un'apertura, un lasciar andare tutti gli strumenti condizionati della conoscenza.
D'altra parte, le cose fondamentali dell'esistenza non sono comprensibili intellettualmente. Nessuna sa "dire" che cosa sia la vita, l'amore, l'angoscia o la morte. Sono esperienze che tutti facciamo ma che non possono essere comprese intellettualmente. Ecco perché è meglio lasciarla cadere, piuttosto che dare definizioni da catechismo infantile.
Nel silenzio della mente, possiamo ottenere, per quanto possibile, squarci di una verità superiore.
martedì 7 giugno 2011
I paradossi della meditazione
La meditazione è sempre paradossale. Si usa la mente per liberarsi della mente. Si usa l'ego per liberarsi dell'ego. In apparenza è impossibile. L'ego non rinuncerà mai al proprio controllo e alla propria opera di falsificazione del reale. La mente non potrà mai uscire da se stessa. Anzi, ad ogni sforzo si fortificherà sempre di più.
Ma allora le tecniche non servono a nulla? Sono soltanto una specie di tranquillante naturale? Come seguire il proprio respiro?
Il problema è che più ci si sforza, più ci si concentra, più ci si impegna, più si tenta di raggiungere una meta... più si arroventa l'attività mentale e più si arrocca l'ego. E, quindi, ottenere uno stato di calma e di tranquillità è un esercizio propedeutico.
Lasciare andare la propria avidità egoica è uno strumento utile proprio ai fini di una visione non mentale, non egocentrica, non diretta dall'ego. In un certo senso non si può "fare" meditazione. La meditazione avviene da sola, si fa da sé... quando si lascia andare il controllo della mente.
Ma allora le tecniche non servono a nulla? Sono soltanto una specie di tranquillante naturale? Come seguire il proprio respiro?
Il problema è che più ci si sforza, più ci si concentra, più ci si impegna, più si tenta di raggiungere una meta... più si arroventa l'attività mentale e più si arrocca l'ego. E, quindi, ottenere uno stato di calma e di tranquillità è un esercizio propedeutico.
Lasciare andare la propria avidità egoica è uno strumento utile proprio ai fini di una visione non mentale, non egocentrica, non diretta dall'ego. In un certo senso non si può "fare" meditazione. La meditazione avviene da sola, si fa da sé... quando si lascia andare il controllo della mente.
venerdì 3 giugno 2011
Testimoni
E' difficile per chi ama, odia, è arrabbiato, è in ansia, ha paura, ecc., è difficile proprio in quel momento riconoscere che lui non è quei sentimenti. Io sono i miei sentimenti, io sono le mie emozioni, io sono i miei pensieri - dirà con convinzione. Eppure, se si calma un po', se mette la mente in riposo, e si guarda agire e reagire, incomincerà a vedersi con distacco, a mettere una certa distanza fra sé e quell'ego che strepita - e capire che il suo sé è altrove.
Quando si è in uno stato di pace (per quanto temporanea), si può vedere lo spazio che s'interpone tra il sé e l'ego frenetico, sempre attivo, sempre pensante, sempre emotivo, tra il centro calmo del proprio essere e la periferia agitata.
Lì la meditazione. E un po' di gioia. Lì il testimone.
Per questo in fondo siamo al mondo: per essere testimoni dell'essere.
Quando si è in uno stato di pace (per quanto temporanea), si può vedere lo spazio che s'interpone tra il sé e l'ego frenetico, sempre attivo, sempre pensante, sempre emotivo, tra il centro calmo del proprio essere e la periferia agitata.
Lì la meditazione. E un po' di gioia. Lì il testimone.
Per questo in fondo siamo al mondo: per essere testimoni dell'essere.
lunedì 30 maggio 2011
Risvegli
Non esiste solo il risveglio spirituale, in cui si aprono gli occhi sulla realtà scoprendo che siamo soli, che dovremo soffrire e gioire, che dovremo morire e che comunque abbiamo la stessa origine e lo stesso destino del Tutto; esistono anche risvegli in altri campi, come in quello sentimentale, lavorativo o politico: in quest'ultimo caso scopriamo per esempio che da troppi anni siano governati male, che la corruzione dilaga, che la povertà aumenta, che lo Stato sociale viene smantellato e che i politici cui avevamo dato fiducia ci hanno traditi. Anche questa è una forma di risveglio, un'apertura degli occhi.
E' ciò che sta avvenendo oggi in Italia.
Questo è chiaro: tutti diventeremo prima o poi illuminati, tutti diventeremo prima o poi dei Buddha, ma capire da subito le cose - anziché aspettare anni - è il dono che hanno pochi.
In tutti i campi è possibile svegliarsi e comprendere all'improvviso. Però non ci si sveglia per un caso fortunato. Ci si sveglia dopo un lavoro più o meno lungo, più o meno inconscio, della consapevolezza.
E' ciò che sta avvenendo oggi in Italia.
Questo è chiaro: tutti diventeremo prima o poi illuminati, tutti diventeremo prima o poi dei Buddha, ma capire da subito le cose - anziché aspettare anni - è il dono che hanno pochi.
In tutti i campi è possibile svegliarsi e comprendere all'improvviso. Però non ci si sveglia per un caso fortunato. Ci si sveglia dopo un lavoro più o meno lungo, più o meno inconscio, della consapevolezza.
Risvegli
Non esiste solo il risveglio spirituale, in cui si aprono gli occhi sulla realtà scoprendo che siamo soli, che dovremo soffrire e gioire, che dovremo morire e che comunque abbiamo la stessa origine e lo stesso destino del Tutto; esistono anche risvegli in altri campi, come in quello sentimentale, lavorativo o politico: in quest'ultimo caso scopriamo per esempio che da troppi anni siano governati male, che la corruzione dilaga, che la povertà aumenta, che lo Stato sociale viene smantellato e che i politici cui avevamo dato fiducia ci hanno traditi. Anche questa è una forma di risveglio, un'apertura degli occhi.
E' ciò che sta avvenendo oggi in Italia.
Questo è chiaro: tutti diventeremo prima o poi illuminati, tutti diventeremo prima o poi dei Buddha, ma capire da subito le cose - anziché aspettare anni - è il dono che hanno pochi.
In tutti i campi è possibile svegliarsi e comprendere all'improvviso. Però non ci si sveglia per un caso fortunato. Ci si sveglia dopo un lavoro più o meno lungo, più o meno inconscio, della consapevolezza.
E' ciò che sta avvenendo oggi in Italia.
Questo è chiaro: tutti diventeremo prima o poi illuminati, tutti diventeremo prima o poi dei Buddha, ma capire da subito le cose - anziché aspettare anni - è il dono che hanno pochi.
In tutti i campi è possibile svegliarsi e comprendere all'improvviso. Però non ci si sveglia per un caso fortunato. Ci si sveglia dopo un lavoro più o meno lungo, più o meno inconscio, della consapevolezza.
venerdì 27 maggio 2011
Pulizie interiori
A primavera facciamo le pulizie all'interno della casa per togliere lo sporco e il superfluo. Ma sarebbe il caso di lavarci anche la mente, ripulirla della polvere accumulatasi nel tempo, svuotare gli angoli più bui ed eliminare certe vecchie abitudini, certi modi di pensare o certi schemi reattivi. Questo è l'autolavaggio che si può fare con la meditazione, che è in tal senso l'ecologia della mente.
Ciò che invece va respinto fermamente è il lavaggio del cervello che ci viene fatto continuamente dalla pubblicità, commerciale e politica. Quanti neuroni del nostro cervello vengono impegnati e sprecati per immagazzinare dati che un esercito di condizionatori invia alla nostra mente.
Decondizioniamoci dunque smettendo di assorbire gli inviti a comprare questo o quel prodotto, questo o quel politico. Ripuliamoci la mente stando fermi a non pensare, a fare un po' di vuoto. E, poi, ripulita la mente, pensiamo con la nostra testa, in silenzio. Vedremo tutto molto più chiaro.
Ciò che invece va respinto fermamente è il lavaggio del cervello che ci viene fatto continuamente dalla pubblicità, commerciale e politica. Quanti neuroni del nostro cervello vengono impegnati e sprecati per immagazzinare dati che un esercito di condizionatori invia alla nostra mente.
Decondizioniamoci dunque smettendo di assorbire gli inviti a comprare questo o quel prodotto, questo o quel politico. Ripuliamoci la mente stando fermi a non pensare, a fare un po' di vuoto. E, poi, ripulita la mente, pensiamo con la nostra testa, in silenzio. Vedremo tutto molto più chiaro.
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