venerdì 8 luglio 2011

Veder chiaro

C'è sempre qualcosa di paradossale nella meditazione come pratica. Si cerca di raggiungere qualcosa che, più ci sforziamo, più sembra allontanarsi. Qualcosa di imprendibile, come la propria ombra. Al punto che qualcuno sostiene che la meditazione è inutile. La mente non può superare se stessa. L'io non può volere l'annullamento di se stesso. La consapevolezza, in quanto soggetto, non può essere trasformata in un oggetto di conoscenza. Tutto questo è vero, ma siamo sempre nell'ambito della consueta razionalità dualistica, mentre la meditazione si situa ad un livello ultra-razionale. Ciò che cerchiamo non è infatti una comprensione intellettuale delle cose ultime, non è un'interpretazione che spieghi tutto, ma un recedere delle pretese mentali. Ecco perché si parla più di un lasciar andare che di un conquistare, più di un distensione che che di una concentrazione. Inoltre, quando si tenta una scalata, non è sensato cercare di raggiungere in un colpo solo la cima. Si può invece procedere passo dopo passo, salendo sempre più in alto e godendosi le altezze intermedie. L'illuminazione è in sostanza un veder chiaro. E ci sono varie gradazioni tra il buio completo e la luce sfolgorante del sole. Anche nella vita pratica un veder più chiaro è sempre un risultato apprezzabile e utile.

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