sabato 2 agosto 2014

Il controllo degli stati d'animo

Il controllo degli stati d’animo è il primo passo della meditazione – uno snodo fondamentale sia per vivere meglio sia per il cammino spirituale. (E aggiungo che il controllo degli stati d’animo non può che essere la via di un qualsiasi miglioramento della condizione umana. È sconcertante vedere quanto gli uomini siano ignoranti in questo campo, come si affidino alla casualità degli eventi esterni, come non abbiano nessuna educazione di tipo psicologico. Viviamo come i nostri antenati di migliaia di anni fa.)
Uso questa bella espressione italiana “stato d’animo” per indicare sia un tipo di pensiero sia la corrispondente emozione, perché non esiste pensiero senza emozione.
Tutti sappiamo che esistono stati d’animo negativi: l’ansia, la preoccupazione, la paura, la rabbia, l’odio e così via. Si tratta di impasti inestricabili di pensieri e di emozioni negative. Quando siamo in preda a questi stati d’animo, in realtà stiamo male, viviamo male. Non solo: creiamo anche i presupposti per un proseguimento degli eventi negativi che li hanno provocati. Questo è un punto importante: non dobbiamo aspettare che egli eventi esterni cambino per cambiare i nostri stati d’animo. Dobbiamo agire immediatamente per neutralizzarli. Neutralizzando gli stati d’animo negativi, in realtà influiamo sugli eventi che ci capiteranno. Perché gli eventi e i nostri stati d’animo sono collegati. Siamo noi che ci attiriamo gli eventi negativi. Rendiamoci conto che ogni pensiero ha una carica elettrica e ogni emozione ha una carica magnetica.
In che modo si attenuano o si neutralizzano gli stati d’animo negativi?
Riconoscendoli. La verità è che noi ci identifichiamo con questi stati d’animo, li viviamo intensamente, non riusciamo a distaccarcene. Siamo le loro vittime. E, non riconoscendoli chiaramente, li perpetuiamo, non mettiamo in atto nessuna strategia difensiva.
Bisogna riconoscerli chiaramente. In questo momento, per esempio, sono in preda all’ansia per questo o quel motivo. Questa è ansia, che mi fa star male e mi fa veder tutto nero; questa è un’ansia che a sua volta crea situazioni che produrranno altra ansia, altri eventi negativi. Questo è un sentimento negativo che crea pensieri negativi, questo è un pensiero nero che crea emozioni nere. Questo è uno stato d’animo negativo che favorirà altri stati d’animo e altri avvenimenti negativi.
Il riconoscimento, la consapevolezza, è importantissima, perché è la conditio sine qua non per poter neutralizzare gli stati d’animo negativi. Dobbiamo chiarire senza ombra di dubbio lo stato d’animo e la sua perniciosità. E poi distaccarcene attraverso la produzione di stati d’animo positivi, per esempio attraverso mantra o attraverso il riconoscimento che la natura essenziale della nostra mente è calma, silenziosa, imperturbabile e luminosa.
Riconoscere la luminosità della nostra essenza mentale, ossia della nostra coscienza, è il secondo passo cui ci porta la via della consapevolezza. Una via che ci permette di favorire eventi positivi.
Pensieri, emozioni ed eventi sono inestricabilmente connessi. E spetta a noi, attraverso il lavoro che facciamo su noi stessi, indirizzare ciò che ci accadrà in un senso piuttosto che in altro.

Il riconoscimento di questa nostra essenza “positiva” avviene domandandosi chi vive l’evento, chi è che prova questo stato d’animo. Chi è consapevole di tutto questo? Il riconoscimento prima avviene per pochi secondi. E spetta a noi ripetere e far durare sempre di più l’esperienza.

1 commento:

  1. Mi pare una riflessione molto importante. Del resto, gli stessi modi di dire delle varie lingue ci avvertono che parlare, pensare in un certo modo ci porteranno, a seconda dei casi, fortuna o sfortuna. Troppo spesso ce ne dimentichiamo. Un'abitudine inveterata ad avere un certo atteggiamento finisce per avere la meglio. E invece bisognerebbe fare una vera profilassi, come qui suggerito, alle nostre singole giornate. Forse in questo modo potremmo comprendere che il destino "cinico e baro" è un po' un nostro alibi, una nostra illusione, e che alla fin fine a guidare la danza siamo noi. Non dico che a volte questa danza sia facile o piacevole (perchè può non esserlo affatto), ma perlomeno ci toglie quel senso ineluttabile di impotenza, di inermità che spinge alla rassegnazione. Il peggiore degli sbocchi.

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