Quando parliamo di liberazione come meta
definitiva della meditazione, pensiamo subito alla liberazione dai
condizionamenti esterni.
Ma ancora più difficile è la liberazione da se
stessi. L’io è sì una possibilità che ci viene offerta per essere, ma è anche
una condanna, una chiusura, una delimitazione, qualcosa che ci segrega in un hortus conclusus.
Liberarsi da sé, dopo esserlo stato, è la più
grande forma di liberazione, la meta finale. Ecco perché c’è la morte.
Ma se liberarsi dal corpo è inevitabile,
liberarsi dalla mente è un altro discorso. C’è il rischio che qualcosa di essa
continui anche dopo. Non è questa la prigione degli uomini?
Gentile Lamparelli,
RispondiEliminail personaggio di una vignetta di Altan, recita così: "Peggio non poteva andare: sono morto e mi sono reincarnato in me stesso"...
Vien da ridere. Ma sarebbe tragico. Vorrebbe dire che non ha imparato niente, che in tutta la vita non è cresciuto.
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