Lo so, in questo mondo dalle molteplici
distrazioni, meditare sembra inattuale. Ma anche in passato era così: c’erano
mille cose da guardare, mille spettacoli da ammirare e mille attività da
svolgere, se non altro per sopravvivere. Nulla è cambiato: per i più vivere
significa muoversi, fare esperienze, lavorare, fare figli, immaginare, amare e
parlare.
Dunque, la meditazione è sempre stata
inattuale.
Ma, prima o poi, arriva il momento in cui si
alza lo sguardo al cielo o più semplicemente al proprio essere e ci si pongono
domande importanti: “Che ci faccio qui? Chi sono io? Che spettacolo è mai
questo? Che senso ha questo nascere e morire?...”
Poiché il senso e lo scopo ci sfuggono sempre,
i più concludono che è inutile cercare di conoscere.
Attenzione, però, non si tratta solo di
conoscere ciò che siamo. Questo tipo di indagine non si limita a scoprire chi
siamo e che cosa facciamo – ciò che è già dato.
No, ponendoci queste domande, meditando,
creiamo noi stessi. Ci scegliamo e ci configuriamo. Sono le domande stesse che
ci fanno essere in un modo o nell’altro.
Non porsi domande ci fa essere attuali, cioè
copie, automi, conformisti, inautentici. Non ci assumiamo la responsabilità di
essere. Restiamo figli di qualcuno che ci ha creati.
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