lunedì 6 novembre 2017

Cogliere la trascendenza in meditazione

I sentimenti sono una bella cosa. E tutti vorremmo essere sempre felici e contenti. Ma le cose non vanno così. Poiché il nostro piano di realtà si basa sul dualismo dialettico, se vogliamo essere felici in un dato momento, dobbiamo essere infelici in un altro. E così per tutti i sentimenti e le emozioni: o si accetta la coppia intera o si cerca di uscire dal dualismo. Non c’è una via di mezzo.
Noi ci illudiamo che si possa scegliere la parte migliore lasciando perdere la parte peggiore. E sogniamo di paradisi in cui ci sia solo il bene, la gioia e l’amore.
Il potere di Maya (l’illusione) è questo: siamo come quei cani che inseguono inutilmente una lepre finta o quei somari cui si mette davanti una carota che non raggiungeranno mai. Pare incredibile che il mondo non se ne accorga.
Come uscire da questo stato di cose? Prima bisogna rendersene conto, non solo intellettualmente, ma concretamente: verificare nella realtà dell’esperienza. E poi bisogna attivare lo stato d’animo meditativo che permette di uscire dal dualismo.
Non si tratta di sognare paradisi cui si contrapporranno sempre altrettanti inferni, ma di andare al di là sia del paradiso sia dell’inferno. Questa è la vera trascendenza.
Le religioni ci impongono di credere a qualcosa che sarà verificato dopo la morte; dunque potremmo perdere il nostro tempo a inseguire sogni inconsistenti. Non così la meditazione che inviterà a “provare per credere”, ossia a sperimentare qui e subito che cosa sia la trascendenza.
Dobbiamo infilarci nelle interruzioni naturali dell’attività mentale (intellettuale e sentimentale) tra un pensiero e l’altro, tra un’emozione e l’altra, tra un respiro e l’altro, tra uno stato d’animo e l’altro… e dilatarli il più possibile.
Possiamo ripetere l’operazione in ogni istante. Non c’è bisogno di posizioni particolari. Dobbiamo solo essere consapevoli degli istanti di discontinuità e di vuoto della mente, quando non è né felice né infelice. Qui siamo – anche se per brevi istanti – nella trascendenza (del dualismo), nel puro essere al di là della sofferenza e del piacere, della vita e della morte.
Possiamo restare delusi dall’esperienza, se crediamo che la trascendenza sia una specie di stato paradisiaco o addirittura un dio. Invece la trascendenza è un’esperienza di vuoto consapevole, poiché la mente è ferma. Qui non ci sono né visioni né apparizioni. Non c’è esultanza ma neppure paura e ansia.
La mente si difende da simili tentativi perché sa bene che lo svuotamento segnerebbe la sua fine. E quindi si oppone con le sue capacità proiettive, con le sue fantasie, con le sue distrazioni.

Ma noi restiamo attenti, molto attenti e concentrati sul punto.

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