Noi siamo tutti connessi, siamo
interconnessi, siamo cioè gli uni in rapporto con gli altri. E questo mi sembra
incontrovertibile. Siamo il prodotto di un’interconnessione fra individui.
Ma non basta. Ognuno di noi, dato che
è una coscienza, è in rapporto con se stesso. Quindi, anche se ci consideriamo
esseri o enti individuali, dovremmo considerarci dei rapporti. Siamo dei
rapporti che sono in rapporto con altri rapporti.
Siamo interdipendenti, perché
nasciamo dal rapporto tra altri individui e in primis dei nostri genitori. Ma
poi ci rapportiamo con noi stessi.
Potremmo dire che tutto è rapporto in
questa vita. Non monadi che entrano in rapporto tra di loro. Ma rapporti costituzionali
che, in sé, non esistono. Esistono solo in quanto rapporti che si rapportano.
In tutto questo l’”in sé” si perde o
non è mai esistito. Dalla prima coppia in poi nessuna persona è mai stata sola
ed autonoma. Anche se vi portassero, subito dopo nati, in un isola disabitata,
sareste comunque già un rapporto. E nessuno del resto potrebbe nascere e
crescere da solo: ci vuole sempre qualcun altro che lo sostenga.
Non possiamo dunque comprendere noi
stessi se non comprendiamo tutti i rapporti esterni e i loro riflessi nel
rapporto interiore che ognuno è e ha in se stesso.
Quando mi isolo e tento di sapere chi
sono, in realtà non posso saperlo – se non spiegando una serie di rapporti,
secondo un’interconnessione così complessa che non è comprensibile. Ecco perché
alla domanda o alla richiesta di conoscere se stessi, non si può veramente
rispondere. Noi non possiamo essere (interamente) noi stessi. È impossibile. Possiamo al massimo ritagliarci
un piccolo sé o ego illudendoci che sia tutto, mentre non può che essere una
parte.
Ora questa parte vorrebbe conoscere
se stessa. Ma non può farlo senza conoscere il tutto della gigantesca rete di
interconnessione di cui fa parte.
Questa matassa non ha il bandolo. Ciò
che si crede un bandolo, è un piccolo ritaglio.
Solo se ci mettiamo dalla parte del
tutto, e non del singolo individuo, possiamo intuire qualcosa.
Per capire, ci vogliono menti
universali, non particolari.
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