La forma più semplice e più immediata
di meditazione è quella di starsene immobili, calmi, concentrati e presenti. Ci
sediamo, stiamo sdraiati o anche in piedi e cerchiamo di rimanere presenti –
nient’altro. Stare presenti, essere consapevoli di essere lì, di essere svegli,
di essere attenti, senza farci distrarre da tutto ciò che avviene esternamente
(suoni, rumori, telefoni, gente che passa, ecc.) e da tutto ciò che avviene
internamente (pensieri, sensazioni, emozioni, sentimenti, ecc.).
Il punto più difficile è quest’ultimo,
perché i grandi nemici della presenza mentale sono i nostri stessi pensieri.
Con loro, alla consapevolezza di essere e di respirare, si sostituisce un mondo
di prodotti mentali: ricordi, fantasticherie, proponimenti, ragionamenti, piani,
recriminazioni, valutazioni, ecc. Siamo lì seduti, ma la mente vaga lontana –
abbiamo dunque perso la presenza mentale.
In tal senso il pensiero nasce da una
mancanze di presenza mentale. Infatti, quando penso, non sono più né presente
né consapevole: vengo portato via dalle attività mentali. Il mio corpo è lì, ma
la mia mente è mille miglia lontana.
Sedere immobili, senza fare nulla,
senza farsi trascinare dai pensieri: questo è l’esercizio fondamentale della
meditazione. Semplicissimo. Ma anche difficile.
Tutto intorno e dentro di noi muta,
cambia, si agita e fa rumore. Ma noi siamo lì calmi e indisturbati che
osserviamo la transitorietà, l’andare e il venire dei fenomeni esterni ed
interni. Siamo il centro di tutto.
Se ci fate caso, questa è già una
forma di trascendenza. E vi dà un nuovo rapporto con le vita.
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