Il problema del credersi individui
separati, ben definiti entro confini precisi, è che non solo ci separiamo dagli
altri, ma anche da noi stessi. Vedendoci come tante monadi isolate,
effettivamente lo diventiamo. Si tratta di un problema di dimenticanza e di
alienazione.
Ma nella vita niente è così separato,
isolato e definito. Apparteniamo, che ci piaccia o meno, ad un unico flusso, ad
un unico campo.
Ecco perché è necessaria un’attività
di riunificazione che sappia almeno vedere l’unità del tutto.
Dunque, per prima cosa, in
meditazione, dobbiamo recuperare il senso dell’unione. La “nostra”consapevolezza,
per esempio, non è soltanto nostra; ma è un campo comune. Noi non ce ne
rendiamo conto. Comunichiamo non solo con i sensi, ma anche con un “sesto
senso” che ci è dato dall’origine comune. Come quello di due fratelli o meglio
di due gemelli.
Quando meditiamo, non lo facciamo
solo per noi stessi e in noi stessi, ma entriamo in questo campo comune.
Poiché siamo abituati a vederci in
termini di separatezza e di individualità, abbiamo perso il senso della natura
origine e ci siamo dunque alienati, isolati, dagli altri – perdendo la nostra
stessa interezza.
Nel fondo di noi stessi, rimane
comunque questo campo comune, che ci permette di comunicare ad un livello
superiore. Ma, per approdarci, è necessario scendere sotto la superficie,
andare a fondo e ritrovare l’interezza.
Riuniamoci in noi stessi e andiamo a
fondo. Là troveremo un altro mondo, un mondo di unità e di poteri nuovi.
Nessun commento:
Posta un commento